In che modo sono cambiati i nostri stili di vita dopo l’aggressione del virus? Dalle difficoltà economiche e psicologiche alla sedentarietà, dal consumo di alcol alla speranza di debellare l’epidemia, gli ultimi dati del rapporto “PASSI e PASSI d’Argento e la pandemia COVID-19” coordinato dall’ISS.
Il Covid-19 rischia di lasciare una pesante eredità nelle nostre vite, e non solo per gli effetti a lungo termine riscontrati dalla scienza in chi è stato contagiato. Fragilità emotiva e fisica colpiscono infatti anche la popolazione che non è stata aggredita direttamente dal virus. Un quadro allarmante è quello delineato dai dati raccolti da PASSI e PASSI d’Argento, due sistemi di sorveglianza dedicati rispettivamente alla popolazione adulta (18-69enni) e anziana (over 65enni) residente in Italia realizzati dalle ASL in collaborazione con le Regioni e coordinati a livello nazionale dall’Istituto Superiore di Sanità, per rilevare periodicamente come stanno cambiando gli stili di vita e le esperienze della nostra società a causa della pandemia. Per l’ultimo aggiornamento dei dati, raccolti nel Rapporto “PASSI e PASSI d’Argento e la pandemia COVID-19” del 9 marzo scorso, fra agosto e dicembre 2020 sono state intervistate quasi 5.000 persone di tutte le età, dai 18 anni in su.
Dalle difficoltà economiche al disagio emotivo
Il Rapporto ha confermato che sono in aumento le difficoltà economiche, dichiarate dal 52% degli adulti intervistati, mentre fra gli ultra 65enni una persona su sei lamenta un peggioramento delle disponibilità, quota che praticamente triplica (29%) fra chi riferisce di avere difficoltà ad arrivare alla fine del mese. Il 31% della popolazione occupata, pur avendo mantenuto il posto, ha comunque lavorato meno a causa della crisi, con una retribuzione più bassa per cassa integrazione, contratti di solidarietà o mancato guadagno.
Se queste difficoltà possono sembrare “scontate” vista la crisi, imprevedibile la complessità degli effetti che riguardano la sfera psicologica e sociale degli italiani. Quasi un connazionale su quattro (il 23% degli adulti intervistati) dichiara di aver vissuto l’esperienza della pandemia “in modo emotivamente doloroso”. A nutrire questo disagio è soprattutto chi ha avuto un coinvolgimento nella pandemia a causa di lutti in famiglia o fra amici, casi positivi al Covid-19 fra amici e parenti, perdite economiche. Predominano le donne, le persone più mature, socialmente più svantaggiate per difficoltà economica o per bassa istruzione, i residenti del Centro-Sud, chi ha sintomi di depressione o una salute compromessa ed è affetto da almeno una patologia cronica. Tra gli ultra 65enni, in particolare, il 34% degli intervistati ha dichiarato di subire la pandemia a livello emotivo, un dato che aumenta all’avanzare dell’età (tra gli over 85enni è del 41% contro il 33% nella classe 65-74 e il 34% in quella 75-84), tra le persone socialmente più svantaggiate ed è tre volte più frequente tra i residenti nel Meridione (77% contro il 27% fra chi vive nel Nord o Centro Italia).
Non solo contagio: benessere a rischio per sedentarietà e alcol
Non c’è solo il contagio a colpire la salute fisica degli italiani, perché il Rapporto PASSI e PASSI d’Argento segnala anche effetti a lungo termine a causa dell’aumento della sedentarietà: nel periodo da marzo a dicembre 2020 solo il 49% degli adulti intervistati ha raggiunto i livelli di attività fisica raccomandati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, il 24% è “parzialmente attivo” perché svolge qualche forma di attività fisica senza raggiungere i livelli raccomandati, mentre il 27% è completamente sedentario. La sedentarietà cresce maggiormente fra le donne, le persone con bassa istruzione, residenti nel Sud d’Italia e con l’aumento dell’età (23% prima dei 50 anni; 33% fra 50-69enni; 39% fra 65-74enni; 44% fra i 75-84enni; 67% negli over85enni).
Un capitolo a parte merita purtroppo la diffusione del consumo di alcol: nel periodo pandemico, il 57% degli adulti di età 18-64 anni ha dichiarato di aver consumato alcolici nei 30 giorni precedenti l’intervista. Il dato più preoccupante riguarda la popolazione anziana: durante il periodo marzo-dicembre 2020, fra gli over 65 la quota complessiva di persone che riferisce di consumare alcol passa dal 39%, osservato negli stessi mesi del 2019, al 45% del 2020. Questo aumento è totalmente attribuibile a un maggiore consumo nelle donne che, seppur moderato, passa da 17% del 2019 al 25% del 2020. Il consumo di alcol a rischio resta invece una prerogativa degli uomini, delle classi socialmente più avvantaggiate per reddito o per istruzione, dei residenti nel Nord Italia, ed è dovuto ad un lento ma continuo aumento del cosiddetto binge drinking, ovvero l’assunzione di 5 o più bevande alcoliche al di fuori dei pasti in un breve arco di tempo, con gravi rischi per la salute e la sicurezza, riscontrato fin dal 2008.
La fiducia nel piano vaccinale
Dati non incoraggianti neppure per quanto riguarda le cure mediche degli anziani: fra gli oltre 2.600 intervistati ultra 65enni, il 44% dichiara di aver rinunciato nei 12 mesi precedenti ad almeno una visita medica o esame diagnostico di cui avrebbe avuto bisogno. Positiva invece la propensione a vaccinarsi: complessivamente, il 71% degli intervistati 18-69enni dichiara che è disposto a farlo, quota che sale all’84% fra gli over 65. Una fiducia che accende la miccia della speranza e che impone alle istituzioni di fare tutto il possibile per rimuovere le criticità e superare i ritardi del piano vaccinale nazionale.
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