C’è una donna, una giornalista filippina di origine, ma americana di nazionalità, che è stata definita “la guardiana della verità”. È riuscita, infatti, a difendere la democrazia di un Paese che, in quel momento, di democrazia non ne aveva affatto. Conducendo una serie di inchieste sulle esecuzioni extra giudiziarie ordinate dal presidente filippino Duterte ha raccontato la verità, finendo processata undici volte e detenuta.
A qualche chilometro di distanza, invece, nel Paese storicamente antagonista agli USA, c’è un uomo. Un altro giornalista che ha fondato e diretto un giornale con il solo intento di creare una fonte onesta per i cittadini russi. Dopo vent’anni si è trovato costretto a gettare la spugna per le pressioni troppe alte. Due anni dopo, però, richiamato dai suoi colleghi ha preso le redini di un altro periodico che combatte tuttora contro le restrizioni che in Russia ostacolano chiunque voglia ancora realizzare un mezzo d’informazione indipendente.
Maria Ressa e Dmitry Muratov, vincitori del premio Nobel per la Pace 2021
Due storie diverse, due paesi diversi, ma una stessa professione, uno stesso ideale: lottare per la libertà di stampa e di parola. È l’ideale che ha mosso da sempre Maria Ressa e Dmitry Muratov, oggi vincitori del premio Nobel per la Pace 2021. I due, infatti, l’8 ottobre hanno ricevuto questo riconoscimento per il loro impegno nel «salvaguardare la libertà di parola, una condizione fondamentale per la democrazia e la pace». Il diritto a informare, a raccontare i fatti e le scomode verità celate ai cittadini è, infatti, un forte simbolo di democrazia.
A controllare l’andamento di questo dato nei vari Paesi ci pensa Reporter senza frontiere che, ogni anno, stila una classifica basata sulla valutazione dell’Organizzazione delle testimonianze relative alla libertà di stampa delle nazioni. In questo senso, al primo posto dal 2017 troneggia la Norvegia, seguita da Finlandia, Svezia e Danimarca. Le Filippine, che hanno dato i natali a Maria Ressa, si aggiudicano il 138° posto su 180. Mentre il Paese di Dmitry Muratov, la Russia, si attesta al 150° posto.
La situazione in Italia
E l’Italia? Si trova proprio tra Repubblica Ceca e Corea del Sud, al 41° posto. Non proprio una posizione a cui aspirerebbe un Paese come il nostro che ha guadagnato la propria democrazia solo 85 anni fa. E che ancora dovrebbe godere di una memoria ancora fresca. D’altronde, se l’8 ottobre a Stoccolma venivano nominati due giornalisti come simboli di pace e democrazia, solo il giorno seguente, a Roma, alcuni manifestanti violavano le barriere formate dalla polizia per assaltare la sede di un sindacato. Alcuni giornalisti, poi, sono stati minacciati da un manifestante con una pala in mano. Gli stessi giornalisti che rappresentano una categoria di lavoratori spesso tacitata tramite querele. O quella che sopravvive con contratti precari che costringono implicitamente alcuni professionisti a seguire regole di non trasparenza per sbarcare il lunario.
Davanti a questi fatti e all’esempio di Ressa e Muratov, è impossibile non accorgersi che importanti simboli di libertà e democrazia, di luoghi e professioni in cui i diritti vengono salvaguardati, vengono colpiti da chi di diritti non ne vuole sapere. Per questo abbiamo il dovere di ricordare la strada tracciata dopo la Seconda guerra mondiale, confermando i principi fondanti della nostra Costituzione e schierandoci sempre a difesa della libertà e della democrazia.
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