Una ricorrenza legata anche a sapori, colori e profumi che diventano emozioni, e nel tempo, ricordi. Ne sa qualcosa Agata, un’ex insegnante che tra un bignè e una torta glassata ci racconta perché questa è davvero la Festa della famiglia
Immaginate di immergervi nell’atmosfera unica del Natale, tra profumo di dolci appena sfornati e morbide decorazioni in ogni angolo di casa. È esattamente ciò che abbiamo incontrato, ospiti della signora Agata di Napoli. Lei ha 71 anni – classe 1950 – e un’energia incontenibile. Iniziando a parlare, e semplicemente guardandoci intorno, intuiamo che non ama starsene con le mani in mano.
Per trentasei anni ha lavorato nella scuola superiore come insegnante con la cattedra di Ragioneria e tecnica bancaria. È anche mamma: «Ho due figli – ci dice -, un ragazzo di quarantotto anni e una ragazza di quarantacinque», ma è anche nonna di «quattro bellissimi nipoti: un maschio, Emilio, di quattordici anni; la sua sorellina Elisa, che di anni ne ha quasi dodici, e di due altre due bambine – figlie della figlia – di quasi undici e quasi otto anni».
Ha preparato per noi dei dolci napoletani a forma di alberelli di Natale, fatti di pasta di mandorle. Sono i cosiddetti mostaccioli, mentre le decorazioni verdi che abbelliscono la tavola circolare tutta imbandita sono a forma di stella: fatti in pasta di zucchero. In cucina, pronta da tirare fuori dal frigorifero, una torta che ricorda un verdissimo abete fatta anch’essa con pasta di zucchero e con la panna montata a rivestire un cuore a base di pan di spagna, bagnato nel rum. Per le decorazioni floreali ha scelto il rosso ma, ci dice: «Se ne possono fare di tutti i colori, anche oro e argento».
In più, c’è una torta di bignè fatti in casa e ripieni di crema pasticcera, tutti avvolti in ganache di cioccolata fondente e decorati con panna montata, pasta di zucchero e lamponi. «Cose sane – ci tiene a sottolineare lei -, uso solo prodotti di qualità. La pasta di zucchero la faccio a mano, non la compro. È a base di miele e ci aggiungo aromi come la vaniglia».
Torte che – racconta – «si prestano molto anche per i compleanni dei miei nipoti che, infatti, mangiano solo dolci fatti dalla nonna». Ne va orgogliosa, Agata, e si percepisce anche quando ci mostra la collezione di alberi di Natale che ha confezionato con le proprie mani e che regala a parenti e amici.
Sono alberi fatti all’uncinetto, di lana o realizzati con della fodera tagliata in cerchi che poi formano foglie che vengono incollate su una sagoma di polistirolo.
«Li realizzo così, come mi viene in mente. In giro, trovo materiali che magari mi incuriosiscono: li compro perché so già che potrei realizzarci qualcosa». Creazioni per le quali impiega almeno un giorno e mezzo di lavoro, così come per altri alberi disposti su un altro tavolino, rivestiti di stoffa, imbottiti con ovatta da tappezzeria: tutti cuciti a macchina e decorati a mano.
Allora ci incuriosiamo di tanta operosità e vogliamo capirne le ragioni. È per questo che le chiediamo come sia nata la passione per queste creazioni. «Nasce sin da piccolissima, perché la mia mamma mi ha messo tra le mani i ferri per lavorare la lana. La mia mamma, che era una donna d’altri tempi, non ammetteva che si stesse senza far nulla in casa. Perciò, quando si finivano i compiti, c’erano i lavori di casa e, quando si terminavano, tutte noi sorelle – eravamo in tre – dovevamo avere un lavoro tra le mani perché non si doveva stare senza far nulla».
Ricorda di aver iniziato a creare piccoli capi che aveva appena otto anni. «Eravamo andati a trovare mia sorella più grande che si era già sposata: io mi annoiavo molto e allora mia mamma mi ha messo in mano i ferri e mi ha insegnato a fare la maglia. Come primo lavoro ho realizzato un giacchino per il mio bambolotto».
«In casa – ricorda – avevamo sempre un lavoro da fare, all’uncinetto, ai ferri, il ricamo. Chiaramente, questa consuetudine con cui io sono cresciuta – perché sono cresciuta con i ferri da calza, l’uncinetto, l’ago da ricamo in mano – è poi rimasta nella mia vita. La cucina è arrivata poco dopo ed è stato sempre un altro aspetto nel quale mia madre ci ha tenute impegnate. Tutti assieme, nel tempo, sono diventati le mie passioni».
Oggi è in pensione: «Lo sono già da quasi dieci anni. Sono rimasta sola – mio marito non c’è più -, i nipoti sono ormai grandicelli e posso dedicare più tempo alla creatività. Non che abbia mai smesso: ho tirato su i nipoti fin da quando sono nati e mi hanno sempre vista all’opera tra ferri, uncinetto, ricami e cucina. Tra l’altro, sono una persona che dorme poco; mi alzo tranquillamente alle quattro, alle cinque del mattino e non dormo più di quattro, cinque ore a notte. Perciò, una volta in piedi, quando non si possono fare le faccende di casa, ho sempre tre o quattro lavori in mano iniziati».
Per lei, il Natale è la festa più importante dell’anno perché è quella in cui si riunisce la famiglia. «Sono fortunata, anche durante il resto dell’anno ho sempre la mia famiglia intorno, ma che bello riunirla in presenza anche di cari amici. Per le Feste, infatti, noi che siamo nove diventiamo sempre dai quindici in su». Un bell’impegno, verrebbe da dire, «ma che soddisfazione!». La più grande? «Quando i miei nipotini mangiano tutto quello che propongo, ma anche l’apprezzamento da parte degli amici. Tempo fa, per una parmigiana di melanzane, mi è stato detto: meriterebbe di essere nominata come patrimonio dell’umanità!».
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