Un sondaggio su 107.000 persone con patologie croniche, come ipertensione, artrite, diabete, malattie cardiache in 19 paesi fa luce sulle loro esperienze per migliorare il sistema. Il focus sull’Italia
La cronicità molto spesso accompagna l’invecchiamento. Grazie all’aumento della longevità, dunque, la maggior parte delle persone vive più a lungo, ma non necessariamente meglio. Il report dell’Ocse appena uscito (progetto PaRIS) sottolinea la necessità urgente di adattare i sistemi sanitari per soddisfare le esigenze del crescente numero di persone affette da cronicità. Il sondaggio ha raccolto dati da circa 107.000 pazienti over 45 anni e 1.800 studi di medicina generale in 19 paesi. Per la prima volta si dà voce alle persone direttamente interessate dai servizi sanitari, i pazienti, che raccontano la loro esperienza con il sistema sanitario.
Nel mondo prevalenza di cronicità, ma buone esperienze di cura, soprattutto sopra i 65 anni
L’82% degli utenti che hanno preso parte al progetto PaRIS soffre di almeno una patologia cronica, il 52% di almeno due patologie e il 27% di tre o più patologie. La maggior parte delle persone segnala esperienze di cura positive e risultati sanitari migliori, rispetto alla media OCSE, in Svizzera e negli Stati Uniti, concentrandosi sulla popolazione di età pari o superiore a 65 anni in Medicare. Anche in Australia, Repubblica Ceca, Francia e Norvegia, la maggior parte delle persone segnala esperienze e risultati di cura positivi. I paesi con punteggi inferiori alla media su più della metà degli indicatori sono Grecia, Islanda, Portogallo, Romania e Galles (Regno Unito).
Italia: assistenza ai cronici a due velocità, coordinamento top, ma salute fisica e follow-up insufficienti
L’Italia eccelle nel coordinamento delle cure, con un’alta percentuale di pazienti (72%) che riportano buone esperienze, superando la media OCSE. Un buon numero di pazienti (76%) con tre o più patologie croniche ha ricevuto una revisione dei farmaci negli ultimi 12 mesi, in linea con la media OCSE. La salute fisica percepita dai pazienti cronici italiani è inferiore alla media OCSE, con un 66% che riporta una condizione favorevole. Anche il benessere (umore, vitalità, realizzazione) è inferiore alla media OCSE, con un 62% di pazienti che si sentono positivi. Solo una minoranza di pazienti con due o più patologie croniche (23%) riceve follow-up e consultazioni adeguate (oltre 15 minuti), un dato molto inferiore alla media OCSE.
Cronicità in Italia: salute mentale, sostegno sociale e fiducia sotto la media OCSE
La salute mentale riportata dai pazienti cronici italiani è inferiore alla media OCSE, con un 76% che raggiunge la soglia di buona salute mentale. Anche il sostegno sociale percepito è inferiore alla media OCSE, con un 78% di pazienti che lo considera buono, molto buono o eccellente. La fiducia nella gestione della propria salute è un punto critico: solo il 24% dei pazienti italiani si sente molto fiducioso, un dato molto inferiore alla media OCSE. Tuttavia, considerando anche coloro che si sentono “un po’ fiduciosi”, il divario si riduce. L’alfabetizzazione sanitaria digitale è un altro problema per la cronocità in Italia. Solo il 5% dei pazienti si dichiara fiducioso nell’usare informazioni sanitarie online, contro una media OCSE più alta. Infine, solo una piccola percentuale di studi medici (13%) è in grado di scambiare elettronicamente le cartelle cliniche, un dato molto inferiore alla media OCSE.
Disparità di genere nella gestione della cronicità in Italia
Tra le persone affette da patologie croniche, in Italia si riscontrano differenze di genere per quanto riguarda il benessere e la fiducia nei sistemi sanitari; entrambi gli indicatori sono più bassi per le donne Gli uomini con cronicità in Italia hanno un punteggio di benessere medio di 60, 18 punti superiore a quello delle donne. Questo divario è più ampio rispetto alla media dei paesi OCSE. Anche sulla fiducia nel sistema sanitario si riscontra un divario di genere. Il 67% degli uomini con cronicità si fida del sistema sanitario, contro solo il 58% delle donne. Questa differenza di 10 punti percentuali è in linea con la media dei paesi OCSE. Questi dati suggeriscono che le donne con cronicità hanno un benessere inferiore e una minore fiducia nel sistema sanitario rispetto agli uomini.
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