Sono una nuova potenza economica. Un recente Rapporto che il Censis ha prodotto in collaborazione con Tendercapital, una società di gestione fondi indipendente, ha rivelato che i senior hanno una ricchezza media più alta rispetto al resto degli italiani, con un aumento in termini reali del +77% negli ultimi 25 anni.
La Silver Economy e le sue conseguenze: è questo il titolo del Rapporto che ha analizzato il fenomeno dell’invecchiamento demografico e il suo impatto sull’evoluzione degli stili di vita, valori e aspettative dell’economia e della società italiana, puntando ad individuare le destinazioni possibili dei risparmi e le prospettive di investimento legate appunto alla Silver economy. La longevità è vista qui come un’opportunità e non come un problema.
Partiamo, innanzitutto dall’invecchiamento demografico: i senior hanno un nuovo ruolo nella società italiana di oggi. In appena 10 anni, nel nostro Paese, gli over 65 hanno registrato una crescita di 1,8 milioni: un dato che ha finito col collocarci sul podio Ue per presenza di longevi con il 22,8% di anziani, seguiti da Grecia (21,9%), Portogallo (21,7%), Finlandia (21,6%) e Germania (21,5%). Una tendenza all’invecchiamento ormai progressiva, che la ricerca Censis ha quantificato in un passaggio dai 13,7 milioni di anziani di oggi ai 19,6 milioni del 2051. In circa 30 anni si passerà quindi da una incidenza del 22,8% ad una del 33,2% sul totale della popolazione, con un incremento percentuale stimato del +42,4%.
Ma il peso della longevità non è solo numerico. Emerge uno spaccato interessante dallo studio dei redditi e dei patrimoni dei nostri senior: detengono una quota di ricchezza media più alta del 13,5% rispetto al resto degli italiani, mentre quella dei millennials (nati negli Anni ’80 e ’90) risulta inferiore del 54,6%. Ciò spiega la riduzione della spesa per i consumi familiari (-14%), avvenuta negli ultimi 25 anni, e l’aumento nel contempo di ben il 23% di quella degli anziani che oggi spendono molto di più, rispetto al passato, in cultura, svago e viaggi.
È per questo che il Rapporto definisce i senior “generatori di benessere”. Se i consumi degli altri italiani soffrono, i loro no: nell’ultimo biennio la spesa media della popolazione per consumi segna un +3,6%, mentre quella degli anziani è cresciuta del 4,5% (quella dei giovanissimi è calata del 3%). In un anno gli over 65 spendono 2,3 miliardi di euro per musei e mostre (+47% in dieci anni), 2,2 miliardi per il cinema (+58,2) e 2 miliardi per visitare monumenti e siti archeologici. Queste tre voci di spesa sono i primi indicatori di un buon livello nella qualità della vita.
Ma non si tratta solo di potenza economica, gli anziani uniscono una produzione di servizi di utilità sociale che è fondamentale per il benessere collettivo. Come emerge dallo stesso Rapporto, 9,6 milioni di anziani si occupano dei propri nipoti e di questi ben 3,6 milioni lo fa regolarmente. Senza considerare poi il mutuo aiuto generazionale, in cui gli anziani supportano loro coetanei (5,1 milioni). L’impegno nel sociale è una priorità, con 1,2 milioni di senior che svolgono attività gratuite in associazioni di volontariato.
Quella dei longevi è un’ascesa, come la definisce il Censis, che definisce “una soggettività forte”, declinata a sua volta in una personalizzazione di percorsi di vita in cui ciascuno disegna la propria esistenza, riempiendola di molteplici attività, ruoli e progetti.
Si tratta di un’eterogeneità di modelli di vita che ha un unico discrimine: quello della indipendenza. Infatti, lo studio divide gli anziani in due macrocategorie: gli autosufficienti e i non autosufficienti. Per gli italiani si diventa anziani non quando si va in pensione o si raggiunge una determinata età anagrafica, ma se e quando si diventa dipendenti da altre persone nelle ordinarie attività quotidiane. La consistenza dei senior non autosufficienti è stimata nel 20,7% (oltre 2,8 milioni di persone) ma, dopo gli 80 anni, più di 4 persone su 10 (40%) rientrano in tale categoria. Le famiglie hanno garantito finora una risposta diretta ai fabbisogni assistenziali di questo gruppo sociale in almeno 7 casi su 10. Oltre a ciò, con una spesa annuale di circa 9 miliardi, le famiglie hanno potuto contare sul sostegno di circa 1 milione di badanti regolari.
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