Roma. Zona Rossa. Siamo entrati in una delle aree logistiche della Protezione Civile, dove centinaia di uomini stoccano e caricano presidi sanitari: mascherine, tamponi, camici chirurgici destinati agli ospedali della Capitale. È un enorme hangar, a due passi dal Grande Raccordo Anulare, presidiato giorno e notte da camionette dell’Esercito: «Non possiamo permetterci di subire furti – ci dice Carmelo Tulumello, Direttore dell’Agenzia Regionale di Protezione Civile del Lazio -. È materiale indispensabile al funzionamento delle strutture sanitarie della città».
All’interno dei capannoni, tanti volontari – sono 13mila in tutto il Lazio. Lavorano h24, senza compenso alcuno, per rifornire le strutture ospedaliere della Regione. Fanno parte delle grossa macchina, attiva in tutto il Paese, che sta lottando con l’obiettivo di arrestare la diffusione del Covid19. «È difficile avere certezza sui tempi di arrivo dei dispositivi sanitari – confessa Tulumello –. In moltissimi Paesi al mondo stanno bloccando le spedizioni e il traffico merci aereo è sotto stress». Ma non c’è tempo da perdere e i volontari lo sanno, formati come sono a intervenire in contesti di emergenza.
Chi non si occupa della consegna di materiale sanitario, assiste persone in isolamento in casa: «Utenza fragile – racconta Tulumello – come anziani e gente che vive da sola. Ci occupiamo di fare loro la spesa, che in una nuova vita – che questa emergenza ha imposto – si rende necessaria». Come necessarie sono le decine di kit di tende che troviamo in questo grande capannone, utili nel caso dovessero aggiungersi ai triage campali già allestiti e contenenti tende e impianti elettrici.
Tra i volontari ci sono anche i tanti che hanno affrontato il terremoto de L’Aquila e quello di Amatrice ma c’è anche chi, come Claudio – 52 anni – ha iniziato molto prima. Fa il volontario dall’89 dividendosi tra lavoro e impegno sociale. Visto che per mestiere installa antenne per i telefonini, ha messo la sua competenza al servizio della Protezione Civile. Essendo un radio operatore, è in grado di collegarsi in tutto il mondo in diverse frequenze, ma – in questa circostanza -, ciò che lui e i suoi compagni mettono a disposizione sono braccia e tempo visto che saranno chiamati a consegnare i dpi (dispositivi di protezione individuale) negli ospedali. «È incredibile – si lascia andare a un commento -, è peggio di un terremoto perché in quei contesti vedi il tuo nemico e riesci a dare aiuto alla popolazione. Qui non puoi toccare con mano e il peggio è che molti la ritengono una bufala. Non si rendono conto che stiamo combattendo un nemico invisibile». Gli fa eco Pierfrancesco, altro volontario – lui 30enne: «Ci raccomandiamo – dice -. State a casa. È l’unico modo per bloccare la diffusione del virus». Una raccomandazione che taluni, ancora, tendono a ignorare. E ce ne rendiamo conto girando per le strade, infinitamente meno affollate del solito, dove però non mancano piccoli assembramenti o gente che inanella scuse pur di uscire di casa.
Noi seguiamo l’unità diretta al Policlinico Umberto I. Ha un carico di mascherine e tamponi. Chi resta nei capannoni invece lavora all’arrivo di un grosso cargo, atteso per la notte a Civitavecchia dalla Spagna. «Non abbiamo paura – ci dice Roberto, altro volontario (ha 60 anni) – perché eseguiamo alla lettera le procedure che ci vengono segnalate dai vari enti istituzionali. Non siamo supereroi ma se si rispetta il decreto, sapremo rispondere all’emergenza». Eppure lo sanno loro, come ciascuno di noi, che un margine di rischio c’è proprio a causa del fatto che il virus è un nemico impalpabile. All’arrivo in ospedale, il mezzo della colonna mobile scarica i presidi sanitari osservando un protocollo rigidissimo che prevede ingressi contingentati e concordati nell’area del nosocomio romano.
Intanto, in ogni parte della città, si susseguono le operazioni di sanificazione degli edifici di edilizia pubblica. Assistiamo a quella che avviene al Corviale, il celebre serpentone lungo un chilometro e in cui risiedono migliaia di persone. «Stiamo procedendo alla igienizzazione di tutte le parti comuni – ci dice Marco Zanni (Sogea Srl) -: le scale, i corrimano, corridoi, ascensori, maniglie, porte. Una disinfezione fatta con prodotti specifici, disinfettanti». E mentre la pulizia va concludendosi scatta, puntuale alle 18, il flashmob delle finestre del palazzone in cemento armato. Ovunque, il suono dell’inno nazionale.
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