Dopo le perplessità sollevate da una norma di legge che introduce la sospensione dell’assegno pensionistico in caso di incarichi retribuiti, l’Inps finalmente fa chiarezza con una circolare. Ecco tutti i casi.
Prima per la gestione dei malati, ora per l’accelerazione da dare alla campagna vaccinale, sono davvero numerosi i medici in pensione richiamati al lavoro per sostenere lo sforzo straordinario richiesto al Sistema Sanitario Nazionale. Ma una norma della legge n. 29 del 12 marzo 2021 che ha convertito in legge il decreto n. 2 del 14 gennaio 2021, l’articolo 3-bis, ha sollevato numerose perplessità negli ultimi mesi fra i camici richiamati in corsia per vaccinare la popolazione. È quella che prevede la sospensione delle pensioni del personale sanitario che ha ricevuto incarichi retribuiti in seguito all’emergenza da Covid-19. Tanto che c’è stato anche chi, come Carlo Staudacher, ex primario del San Raffaele di Milano, ha dichiarato: «Piuttosto che pagare per lavorare, meglio farlo a titolo gratuito». Ma è davvero questa la scelta obbligata per chi si (ri)mette a servizio del Paese?
Finalmente l’Inps fa chiarezza
Finalmente, l’Inps è intervenuto per fare chiarezza, anche se con un mese di ritardo, con la circolare n. 70 pubblicata sul sito dell’Istituto lo scorso 26 aprile. Il documento fornisce in particolare chiarimenti ai medici in pensione sulla cosiddetta “cumulabilità” delle pensioni con i redditi da lavoro. Vediamo i casi possibili nel dettaglio.
Pensione di vecchiaia o anticipata
Non c’è sospensione della pensione se il medico, richiamato al lavoro per somministrare le dosi, è titolare di pensione di vecchiaia o anticipata e viene retribuito per un incarico di lavoro autonomo, anche di collaborazione coordinata e continuativa, sottoscritto con le aziende sanitarie e socio-sanitarie. L’incarico – precisa l’Inps – deve però essere assegnato ai sensi di quanto previsto dall’art. 2 bis del decreto “Cura Italia” (d.l. n. 18/2020) convertito dalla legge n. 27 del 2020. Quindi, non deve durare più di sei mesi, prorogabili in ragione dell’allungamento dello stato di emergenza, che ad oggi terminerà il 31 luglio 2021, e comunque non oltre il 31 dicembre 2021.
E chi ha aderito a quota 100?
Anche in questo caso l’assegno pensionistico è compatibile con l’incarico di lavoro autonomo. La cumulabilità vale anche se il medico titolare di pensione attivata in quota 100 non ha ancora raggiunto l’età prevista per la pensione di vecchiaia. Al raggiungimento di questa età, infatti, reddito pensionistico e altro reddito da lavoro diventano cumulabili.
Quando interviene la sospensione della pensione
Perché, allora, la legge n. 29/2021 parla di sospensione del trattamento di pensione? L’Inps spiega che l’articolo 3 bis del decreto legge n. 2/2021, convertito in legge n. 29/2021, prevede l’incumulabilità per tutte le situazioni di richiamo dei medici “ulteriori e diverse” rispetto a quanto indicato dall’articolo 2 bis del d.l. n. 18/2020, come gli incarichi a tempo determinato e quelli fino al 31 dicembre 2022. Per questi incarichi, che prevedono la corresponsione di redditi da lavoro dipendente e non autonomo, opera dunque la sospensione della pensione per vecchiaia, anticipata o in quota 100.
Il caso dei medici “somministrati”
L’Inps esamina infine anche il caso dei medici “somministrati”, ovvero quei medici richiamati al lavoro attraverso il contratto di somministrazione di lavoro. In questo contratto, si configura un particolare rapporto a tre fra: un’agenzia per il lavoro quale somministratore, l’azienda sanitaria o socio-sanitaria che è l’utilizzatore della prestazione lavorativa, il lavoratore. In questo caso valgono i principi della cumulabilità con la pensione di vecchiaia e con quella anticipata e dell’incumulabilità con la pensione quota 100, ovviamente fino al raggiungimento dell’età prevista per la pensione di vecchiaia.
L’APE Sociale
Un altro caso particolare è quello dell’APE sociale. Si tratta dell’indennità erogata dall’Inps per consentire di raggiungere l’età prevista per la pensione di vecchiaia o anticipata a categorie svantaggiate come disoccupati, caregiver, invalidi. Occorre però che vi siano determinate condizioni, ad esempio aver compiuto almeno 63 anni di età. In questo caso, spiega l’Inps, vale la consueta disciplina di cumulabilità, senza deroghe. Quindi la pensione non sarà sospesa solo se si percepiscono redditi da lavoro dipendente o autonomo che non superano determinate soglie stabilite dalla legge.
La pensione per i “precoci”
Il nostro sistema pensionistico agevola il pensionamento anche dei cosiddetti “lavoratori precoci”. Sono quelli che possono far valere 12 mesi di contribuzione effettiva antecedente ai 19 anni di età, si trovano in determinate condizioni indicate dalla legge come quelle di invalidi, disoccupati, caregiver, svolgono mansioni considerate gravose o usuranti e perfezionano, entro il 31 dicembre 2026, 41 anni di contribuzione. Per questa categoria l’Inps segnala che, analogamente a quanto accade per Ape Sociale e quota 100, non sono previste deroghe alla disciplina vigente. La legge prevede in generale l’incumulabilità con i redditi da lavoro dipendente e autonomo fino alla maturazione dei requisiti di pensionamento validi per la generalità dei lavoratori.
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