La stagione influenzale è ormai alle porte e, a causa della pandemia in atto, restano molte le domande degli italiani dopo questa lunga estate. Di sicuro quelle più stringenti sono: quale influenza ci aspetta? Come possiamo distinguerla dal Covid? Quali sono le migliori strategie da mettere in atto?
La situazione influenzale nel Sud del pianeta
Nell’emisfero australe quest’anno sono state rilevate tre varianti della malattia. In base alle esperienze pregresse si potrebbe supporre che il numero degli italiani a letto, questo inverno, potrebbe aggirarsi tra i 6 e gli 8 milioni. Tuttavia, come sottolinea il virologo Fabrizio Pregliasco: «Nel Sud del Pianeta le azioni preventive per il contenimento della pandemia da Covid-19, pare stiano limitando anche la diffusione della classica influenza stagionale, rendendola più blanda». Affermazione suffragata dai dati recentemente diffusi dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Un segnale confortante. Resta però un altro quesito: come distinguerla dal Covid-19?
Il timore più diffuso degli italiani
Una ricerca condotta da Assosalute, l’Associazione Nazionale dei Produttori di Farmaci di automedicazione, ci rivela che non saper distinguere tra le due patologie sia il timore più diffuso tra gli italiani (33%). Segue quindi l’incertezza di non poter ricevere cure adeguate (14,7%), soprattutto tra gli over 65. Infine – tra i più giovani – corre la paura di un nuovo isolamento (14%). In un incontro con l’Associazione lo stesso Pregliasco ha ammesso: «Nonostante i due virus siano diversi, i sintomi sono molto simili. L’unico modo certo per una diagnosi differenziale è eseguire il tampone. È bene ricordare che l’influenza con cui abbiamo a che fare tutti gli anni ha sempre le medesime caratteristiche».
I sintomi influenzali: sempre gli stessi
I sintomi influenzali sono sempre gli stessi: brusco innalzamento della temperatura a 38 gradi e presenza di almeno un sintomo sistemico e di un sintomo respiratorio. Come dire, una sintomatologia che presenti una concomitanza di dolori muscolari o articolari, tosse, mal di gola e congestione nasale. Mentre la seppur momentanea perdita di olfatto e di gusto sono da considerarsi sintomi atipici. La ricerca rivela che mentre lo scorso anno il 55% degli intervistati dichiarava che, in caso di febbre, sarebbe rimasto a casa assumendo farmaci da banco, oggi lo conferma soltanto il 37,1%. Aumentano, infatti, coloro che si rivolgeranno subito al parere del medico di base. Il 34,5% rispetto al 12,3% del 2019.
Il medico di base: un importante figura di riferimento
L’indagine conferma dunque la fiducia degli italiani nel proprio medico di base. Il 53% degli intervistati, infatti, continuerà a rivolgersi a lui, e solo il 28,4% si affiderà alla propria esperienza, ricorrendo all’automedicazione. Del resto, i medici di medicina generale sono ormai dotati di sistemi informativi all’avanguardia che permettono di ottenere rapidamente il quadro clinico del paziente, in vista di una diagnosi precisa. Questo permette una gestione di tutte le patologie, compresa l’influenza stagionale e il Covid-19.
Come agire in caso di febbre
In pratica, cosa è meglio fare se il termometro sale? Secondo Pregliasco: «Rimanere in casa se si manifestano i sintomi e isolarsi dagli altri. Non andare al pronto soccorso né presso gli studi medici, ma chiamare al telefono il medico di famiglia, la guardia medica o i numeri verdi regionali o di pubblica utilità 1500». Il virologo rimanda poi ai classici consigli di buon senso: evitare sbalzi di temperatura e mantenere un’alimentazione equilibrata, con un occhio di riguardo per la flora intestinale; non abusare degli antibiotici, che «devono essere presi solo dietro prescrizione medica».
Claudio Cricelli, presidente della Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure primarie, avverte: «L’indicazione quest’anno è di non aspettare di vedere se i sintomi influenzali passano in 3 giorni prima di sentire il proprio medico, ma di contattarlo telefonicamente quando insorgono per monitorare la situazione».
Un aiuto in più dal piano vaccinazioni
Quest’anno saranno previste 6-7 milioni di dosi in più rispetto al 2019. Inoltre, la campagna vaccinale andrà avanti anche a novembre e dicembre, con la cosiddetta vaccinazione tardiva, che – assicurano i medici – ha la stessa efficacia del vaccino di inizio stagione. Sarà compito dei medici di medicina generale proporre la vaccinazione alle fasce di popolazione da sempre considerate a rischio, come gli anziani.
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