Cosa dovrebbe contenere o meno un programma televisivo rivolto ai minori? Lo abbiamo chiesto a Elisabetta Scala, vice presidente del Moige, Movimento Italiano Genitori
«Oggi si dice che ti serve uno speciale apparecchietto da applicare alla Tv in modo che i bambini non possano guardare questo o quello. Ai miei tempi, non avevamo bisogno di un simile marchingegno. Mia madre era l’apparecchietto. Fine della storia». L’idea di Ray Charles, pianista statunitense di fama internazionale, era destinata a diventare universale. Le trasformazioni sociali, dal boom economico all’avvento del digitale, passando dalla pandemia e dall’affermazione di nuovi modelli culturali, hanno reso necessario un cambiamento, anche strutturale, nei sistemi di approccio all’intrattenimento. Televisione, computer e telefonini non sono più solo strumenti. A spiegare come riconoscere e tutelare il benessere delle famiglie, dei bambini e dei ragazzi nella contemporaneità è Elisabetta Scala, vice presidente del Moige – Movimento Italiano Genitori – e responsabile dell’Osservatorio media.
Quando è nato il Moige e per quale motivo?
È stato fondato nel 1997 da un gruppo di giovani genitori che ha pensato di creare un’associazione rappresentativa di tutte le famiglie, a partire da quelle che vivono difficoltà sociali, economiche. È, pertanto, laica, apolitica e aconfessionale.
Lei è tra questi?
Non sono una socia fondatrice ma sono stata chiamata a far parte dell’associazione subito dopo la sua fondazione. Ho iniziato il mio percorso da volontaria, mamma di figli piccoli, poi nel tempo l’impegno è stato sempre più considerevole. Sono una pedagogista e oggi il Moige è il mio lavoro.
L’obiettivo, dunque, era fronteggiare le criticità che i genitori incontrano nel quotidiano?
Esattamente. Dalle difficoltà economiche alla volontà di rappresentare le famiglie davanti alle istituzioni per rivolgersi direttamente a chi ci governa, sia a livello nazionale che locale. Tra gli obiettivi anche quello di fronteggiare la necessità che un genitore incontra quando i figli crescono, proteggerli dalle insidie della società, tutelarli nel rapporto con la scuola.
Com’è strutturato il Moige?
Abbiamo una sede centrale e Roma – con un gruppo di professionisti impegnati nel settore – e una trentina di volontari sparsi in varie regioni che si fanno parte attiva sul territorio. Molti di loro sono rappresentanti presso il Ministero dell’Istruzione e presso gli uffici scolastici regionali, trasferiscono a livello nazionale le azioni locali.
Tra le attività di advocacy (insieme di azioni con cui un soggetto si fa promotore e sostiene attivamente una causa, n.d.r.) fatte fino ad ora, di quali siete particolarmente orgogliosi?
Siamo impegnati in tante aree di interesse. Tra queste, il cyberbullismo e la sicurezza in rete, pertanto educare le nuove generazioni ad essere buoni cittadini digitali, consci dei rischi e capaci di sfruttare la tecnologia nel modo migliore. Per questo andiamo in migliaia di scuole a formare ragazzi, insegnanti e genitori. È un lavoro che facciamo sia in presenza che attraverso incontri online. Abbiamo una postazione mobile che fa il giro d’Italia tutto l’anno, in compagnia dei nostri psicologi e dei nostri esperti. Ancora, lavoriamo per tutelare le mamme in difficoltà economica e sociale, soprattutto con l’arrivo di “un figlio in più”. Si tratta principalmente di mamme straniere, mamme sole. E, inoltre, ci dedichiamo all’Osservatorio media, quindi l’attenzione a tutti quei messaggi che vengono veicolati ai minori – anche riguardanti l’immagine della famiglia – tra Tv e web.
Da quanto tempo esiste l’Osservatorio?
È nato subito dopo la nascita del Moige, come un’azione di denuncia per protestare contro quei programmi che passavano in fasce accessibili ai minori con contenuti per loro pericolosi anche per la loro crescita affettiva.
Come funziona?
Sul nostro sito (www.moige.it) abbiamo un form di segnalazione che consente a chiunque di segnalare programmi Tv e web con contenuti inadatti ai minori. È chiaro che possono essere segnalati anche esempi positivi ma il più delle volte questo non succede. Il materiale viene recepito da un gruppo di professionisti composto da persone di varia età (giovani adulti, adulti), con una specializzazione, impegnati come volontari. Le segnalazioni le esaminiamo direttamente e, in casi urgenti, le sottoponiamo agli organi competenti, tra questi il Comitato Media e Minori, la Vigilanza Rai, l’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria o anche alle diverse reti televisive, perché negli anni abbiamo stabilito con loro un rapporto diretto. Periodicamente, invece, ci incontriamo per monitorare i programmi segnalati ogni anno, ne selezioniamo 300 in maniera trasversale – dall’intrattenimento alla fiction, dalle piattaforme ai canali web – e stiliamo una guida critica in ottica “family friendly” intitolata Un anno di zapping.
Può fare un esempio di cosa non dovrebbe contenere un programma rivolto ai minori?
La violenza in varie forme, dal sesso in maniera volgare alla violenza verbale. Un esempio che racchiude questo è senza dubbio il Grande Fratello. L’intrattenimento, per altro, non ha nessun tipo di bollino o di classificazione. È una battaglia che stiamo portando avanti perché dovrebbero esserci campagne informative, anche i bollini dicono poco, anzi non dicono nulla perché non specificano l’età.
Il Moige stila anche decaloghi da seguire. Di che si tratta?
Lanciamo un insieme di indicazione per cercare di sensibilizzare i genitori e le famiglie ad un utilizzo consapevole, considerando che questi strumenti sono in continua evoluzione. Ma ci sono, tuttavia, delle regole auree.
Ad esempio?
Evitare di posizionare la televisione o un computer in camera del bambino lontano dal controllo dei genitori, almeno fino a una certa età. Quando il bambino inizia a usare questi strumenti da solo dovrebbero esserci un parental control e degli orari. Spesso ci sono bambini che utilizzano televisioni, computer e telefonini fino a ora molto tarda. Sicuramente un bambino che frequenta le elementari non ha bisogno di telefoni collegati a Internet. Per i ragazzi che frequentano le medie, invece, è preferibile che abbiano dispositivi con filtri e che li utilizzino sempre con la presenza dei genitori. Alle scuole superiori, meno controlli ma una supervisione dei genitori sarebbe auspicabile considerato che i ragazzi si trovano in una età in cui è possibile ancora fare errori. Anche guardare insieme ai propri figli la televisione è una delle regole che riteniamo opportune, così da spiegare e commentare e dire anche dei “no” motivati. A volte i ragazzi commettono degli errori madornali perché non hanno la consapevolezza dei rischi e questo dobbiamo evitarlo.
Nel rapporto tra bambini e televisione che ruolo giocano i nonni?
Un ruolo importantissimo. Sappiamo che i bambini trascorrono ore con i nonni, soprattutto in caso di genitori entrambi lavoratori. La scelta dei programmi da guardare diventa fondamentale. Per coadiuvarli in questo percorso, abbiamo messo a disposizione le “guide critiche”, scaricabili dal nostro sito con una quantità di programmi selezionati e commentati. È utile perché i nonni conoscano i programmi che i bambini chiedono di vedere e si facciano su questo una cultura.
Il Moige ha evidenziato mutamenti dei programmi in questi anni?
Purtroppo la crescita dell’offerta televisiva e web ha aumentato i rischi ma anche la qualità. Il campionario è molto vasto, pertanto si possono trovare più programmi di qualità ma anche più programmi a rischio. Sicuramente negli ultimi anni si sono persi dei filtri, sia nell’intrattenimento che nelle fiction. È presente molta più volgarità espressa che un tempo non ci sarebbe stata, anche nei linguaggi dei talk, una sorta di libertà che prima non c’era. Questo senso di libertà senza confini, un po’ esagerato, non tiene conto di chi può stare dall’altra parte dello schermo. Vorrei fare un appello ai lettori. Partecipate ai nostri form. Se i genitori, i nonni, vogliono fare delle segnalazioni ne abbiamo piacere, perché l’interazione può arrivare a raggiungere obiettivi alti. Anche sostenerci è importante. La nostra è un’attività molto impegnativa, ci sostituiamo alle istituzioni e supportarci è fondamentale.
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