Cos’è il neuromarketing? Una disciplina che consente di analizzare i processi irrazionali che si succedono nella mente del consumatore al momento dell’acquisto e nella fase immediatamente prima.
Compriamo davvero ciò di cui abbiamo bisogno? In vista del Black Friday, dei saldi di fine stagione, o di fronte a particolari promozioni, riusciamo a restare razionali? A non farci influenzare oppure siamo persuasi da elementi di marketing che orientano le nostre scelte di acquisto e di consumo? Esiste una scienza che può dircelo ed è il neuromarketing, ossia lo studio delle nostre reazioni davanti a marchi e prodotti attraverso la misurazione degli impulsi che il cervello trasmette quando si guarda un prodotto sul mercato, o una pubblicità.
Cos’è il neuromarketing
Si tratta di una disciplina emergente che deriva dall’applicazione delle conoscenze neuroscientifiche al marketing, allo scopo di analizzare quei processi irrazionali che avvengono nella mente del consumatore e che influiscono sulle sue decisioni, e su un suo coinvolgimento emotivo rispetto a un marchio o un prodotto.
Secondo il ricercatore Gerald Zaltman, il 95% delle decisioni di consumo viene influenzato da processi che coinvolgono l’inconscio, e che sono quindi irrazionali: ogni giorno siamo esposti a impulsi sensoriali che derivano da spot pubblicitari, cartelloni stradali, design di prodotti ed esperienze di consumo che restano in memoria permettendo di collegare nuovi ricordi ad acquisti effettuati precedentemente.
Le tecniche di marketing che sfruttano la componente inconscia
Per non essere guidati integralmente da emozioni e sensazioni, dobbiamo quindi conoscere alcune delle tecniche che si utilizzano per presentare al meglio i prodotti, e renderli accattivanti ai non esperti: un’etichetta colorata attira più di una neutra, a parità di qualità del prodotto, il talloncino che indica un prodotto scontato, anche se il suo prezzo resta superiore a un altro, ci indurrà a prediligere quello per il quale sembra esserci un vantaggio.
Attenzione alle strategie di marketing
Ci sono elementi che durante i nostri acquisti diamo per scontati, come ad esempio il posizionamento della merce in esposizione: se osserviamo gli scaffali di un supermercato, ad esempio, potremo verificare che i beni primari, come zucchero e sale, non saranno mai vicini tra loro, ma posizionati in corsie distanti, che ci inducano a percorsi più lunghi e potenzialmente a maggiori acquisti.
Un’altra strategia è quella di simulare una scelta fra lo stesso prodotto in diverse dimensioni, definita “strategia Mc Donald’s”, per i menù (piccolo, medio e grande) offerti dalla nota catena di fast food: in questo caso la decisione più comune ricadrà quasi sempre sulla via di mezzo.
Gli stessi ingredienti di un prodotto possono essere presentati in maniera diversa: scrivere sull’etichetta di un prodotto che è magro per il 75% o che contiene il 25% di grassi avrà due effetti diversi, anche se le informazioni veicolate sono le stesse. In questo caso si parla di effetto framing, ossia della presentazione della realtà focalizzandola sugli aspetti positivi.
I bias cognitivi
Ognuno di noi si costruisce delle mappe mentali dove si annidano i cosiddetti bias cognitivi, ossia delle distorsioni che mettiamo in atto valutazioni di fatti e avvenimenti, e che ci spingono a creare una visione soggettiva della realtà. Non a caso il significato di bias in italiano è “pregiudizio”, e ognuno di essi deriva da esperienze e concetti preesistenti non necessariamente collegati fra loro in maniera logica. Se in alcuni casi ci facilitano il lavoro del cervello, in altri ci portano fuori strada.
Il processo di acquisto on line nell’ambito del neuromarketing
Due ricercatori di Google, Alistair Rennie e Jonny Protheroe, hanno analizzato i bias cognitivi più influenti nel processo di acquisto: quello della prova sociale, fa si che le recensioni siano considerate un metro di valutazione affidabile per un prodotto; come pure il potere della gratuità, ossia la possibilità di ricevere un omaggio, un coupon, un servizio aggiuntivo, incide fortemente sull’acquisto.
Anche il bias della scarsità è rilevante, perché mostrare una quantità limitata di prodotti disponibili ci induce a credere che siano particolarmente richiesti e dunque li renderà ancora più desiderabili.
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