La letalità del Coronavirus nelle case di riposo sembra essere molto più incisiva e drammatica di quanto si possa immaginare. Tuttavia, la frammentarietà dei dati non lascia intravvedere in modo obiettivo la realtà della situazione.
Il 23 aprile scorso però Hans Kluge, direttore regionale dell’Oms per l’Europa, ha dichiarato che, nel Vecchio Continente, la metà delle persone decedute per Covid-19 erano residenti in strutture di cura. L’ha definita “una tragedia umana inimmaginabile” da cui emerge “un quadro profondamente preoccupante” e ha aggiunto che “c’è un urgente ed immediato bisogno di ripensare il modo in cui operano le case di cura oggi e nei mesi a venire”.
Le considerazioni esternate da Kluge riflettono i dati raccolti in uno studio condotto dall’International Long-Term Care Policy Network, gruppo di ricerca della London School of Economics. Secondo i ricercatori, in Paesi come Italia, Francia, Spagna, Belgio e Irlanda, il 42% dei decessi legati al coronavirus è avvenuto in una casa di riposo.
I picchi si sono manifestati in Italia con il 53% e in Spagna con il 57%. Un dato che potrebbe essere ampiamente sottostimato: non tutte le morti sono state registrate nelle statistiche ufficiali. All’inizio dell’epidemia infatti non venivano raccolti i dati delle case di riposo, dove si sono poi diffusi ovunque focolai con altissime percentuali di decessi.
Per gli autori dello studio vale la pena tentare una stima della mortalità, anche se il settore case di riposo (Rsa o strutture residenziali socio-sanitarie) ha caratteristiche molto diverse da Paese a Paese; spesso non monitorate o monitorate con criteri diversi. Ma il fenomeno è talmente eclatante che occorre offrire, anche se in modo imperfetto, dati di valutazione per ripensare queste strutture in futuro.
Dall’11 aprile sono stati effettuati ben 3 studi epidemiologici americani sul Covid-19 nelle case di cura. Sono stati condotti dalla Public Health-Seattle, dal King County (PHSKC) e dai Centers for Disease Control and Prevention (CDC). I principali fattori di rischio diffusione del contagio individuati sono i seguenti:
- personale che ha lavorato in modo sintomatico;
- personale che ha lavorato in più di una struttura;
- insufficiente familiarità e aderenza alla guida sui dispositivi di protezione individuale (DPI);
- scarsa diffusione di adeguate pratiche di controllo delle infezioni, comprese forniture inadeguate di DPI e disinfettante per le mani a base alcolica;
- ritardato riconoscimento dell’accesso a causa di un basso indice di sospetto;
- disponibilità limitata di test;
- difficoltà nell’identificare le persone con Covid-19 sulla base di soli segni e sintomi.
Lo studio analizza per ora le informazioni raccolte in soli 11 Paesi al mondo in grado di fornire dati sulla mortalità da Coronavirus nelle case di riposo. Per l’Europa contiene i dati disponibili fino alla metà di aprile provenienti da Belgio, Francia, Irlanda, Italia, Norvegia, Portogallo, Spagna, Regno Unito.
Belgio
Ha comunicato per la prima volta l’11 aprile le iniziali stime ufficiali sui decessi nelle case di cura. Sono fornite da Sciensano, un istituto di ricerca pubblico, che divulga rapporti epidemiologici molto dettagliati su Covid-19. Il 16 aprile ci sono stati 4.857 decessi legati al Covid-19, di cui 2.387 avvenuti in case di cura (49,1%). La percentuale segnalata di decessi nelle case di cura è passata dal 42% al 49% in 5 giorni (dall’11 al 16 aprile).
Francia
Ha pubblicato per la prima volta stime ufficiali sulla morte delle persone nelle case di cura il 31 marzo, il 7 e il 12 aprile e, da allora, le cifre sono disponibili tutti i giorni. I numeri più recenti pubblicati dal Ministero della Salute il 15 aprile hanno dichiarato un totale di 17.167 decessi a seguito di Covid-19, di cui 8.479 (49,4%) erano residenti in case di cura. Di questi, 6.524 sono morti in case di cura e 1.955 in ospedale. Vi erano stati 106.206 casi di infezioni confermate da Covid-19, di cui 41.657 residenti in case di cura.
Irlanda
Ha un sistema centralizzato per raccogliere informazioni epidemiologiche in relazione ai casi di infezione da Covid-19. Dal National Public Health Emergency Team (NPHET) si ricava che, al 13 aprile, l’Irlanda aveva registrato 12.547 casi di COVID-19 e 444 decessi, di cui 245 (55,2%) erano collegati a residenti in case di cura. Alla stessa data, l’Irlanda aveva identificato un totale di 413 focolai di Covid-19, di cui 236 (57%) erano in case di riposo.
Italia
La fonte ufficiale più recente è dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss) e risale al 14 aprile; si basa su un sondaggio che si riferisce ad un campione di 1.082 strutture residenziali e sociosanitarie (il 33% di quelle contattate, 3.042): dal 1° febbraio al 14 aprile 2020 in queste strutture ci sono stati in tutto 6.773 decessi tra i residenti. In 4 casi su 10 (40,2%, cioè 2.724 su 6.773), le morti sono avvenute con infezioni da Covid 19. Bisogna dire però che in Italia attualmente le fonti dati sono due e non omogenee. L’Iss utilizza il dato del suo Osservatorio Demenze integrandolo con quello delle Regioni che individua 3.420 Rsa. Ma il Gnpl National Register, ovvero la banca dati realizzata dal Garante Nazionale per la Geolocalizzazione delle strutture sociosanitarie assistenziali, stima una presenza ben superiore di Rsa nel nostro Paese, pari a 4.629. In quest’ultimo caso, quindi, i dati forniti dall’Iss si riferirebbero a meno di una casa di riposo su 4 realmente presenti in Italia. Sarebbero quindi molto sottostimati.
Norvegia
L’Istituto Norvegese di Sanità ha pubblicato per la prima volta il 15 aprile i dati sul numero di decessi per Coronavirus in istituti/case di riposo. Da allora questo è stato incluso nel loro rapporto giornaliero pubblicato ogni giorno. Il rapporto più recente del 16 aprile afferma che sono stati comunicati 136 decessi Covid-19. Di questi, 44 decessi (32,3%) sono avvenuti negli ospedali, 87 (63,9%) nelle istituzioni sanitarie – case di cura e altre istituzioni – e 5 (3,7%) nelle case private.
Portogallo
Il governo portoghese non ha condiviso il numero di decessi nelle case di cura. Tuttavia, la stampa riferisce che il Ministro della Salute ha annunciato il 15 aprile che il numero di decessi nelle case di riposo era pari a circa un terzo dei decessi totali causati da Coronavirus nel Paese. A quella data, il numero totale di decessi era di 567, e quindi il numero di persone che vivevano in case di cura i cui decessi erano collegati a Covid-19 sarebbe pari a 187.
Spagna
Non ci sono stime ufficiali per la mortalità correlata a Covid-19 nelle case di cura in Spagna, ma i media hanno condiviso le informazioni inviate dai governi regionali al Ministero della Salute sul numero di decessi. Gli ultimi dati comunicati dalle principali televisioni pubbliche nazionali stimano che, il 16 aprile, su 19.516 casi collegati a Coronavirus in Spagna, 10.924 (52,7%) erano residenti in case di riposo.
Regno Unito
I decessi ufficiali per Covid-19 comprendono solo le persone che muoiono in ospedale e sono risultate positive. Il numero di decessi pubblicato il 16 aprile, stimati al 15 aprile dello stesso mese, era di 13.729 nel Regno Unito (di cui 12.395 in Inghilterra, 140 in Irlanda del Nord, 699 in Scozia e 495 in Galles). Esistono anche fonti di dati provenienti da statistiche sulle registrazioni di decessi nelle case di cura in Inghilterra e Scozia, ma si ritiene che sottostimino il numero di decessi nelle case di cura.
La conferma di ciò arriva da un articolo del Financial Times che stima il numero complessivo delle morti da Covid-19 nel Paese in 41.000: più del doppio rispetto alle 17.000 dichiarate dalle fonti ufficiali. Attribuisce tale gap ai metodi di calcolo che non hanno tenuto conto, nella prima fase, proprio dei decessi nelle case di riposo e aggiunge che tale omissione ha riguardato anche il resto d’Europa. Non a caso, da quando nei vari Paesi europei (il caso più eclatante è stato quello spagnolo) le rilevazioni hanno cominciato ad essere eseguite anche nelle strutture residenziali, le statistiche sulla mortalità hanno spiccato il volo.
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