Il grande oppositore di Vladimir Putin ucciso da un malore il 16 febbraio. Sindrome da morte improvvisa, secondo le autorità, ma restano molti dubbi. Biden: “Responsabile il Cremlino”.
“Non siete autorizzati a mollare. Se decidono di ammazzarmi vuol dire che siamo incredibilmente forti. Dobbiamo utilizzare questo potere”. Così Alexei Navalny si rivolgeva ai suoi sostenitori in una clip del docufilm “Navalny”, realizzato da Daniel Rohr del 2022 e vincitore del premio Oscar per il miglior documentario nel marzo del 2023. Una specie di testamento, da quando il principale oppositore del presidente russo Vladimir Putin è morto, lo scorso 16 febbraio, all’interno della colonia penale IK-3, nel distretto di Yamalo-Nenets. Per una “sindrome da morte improvvisa”, sostengono le autorità penitenziarie russe, stroncato da un malore dopo una passeggiata.
Nonostante il pronto intervento del personale sanitario della prigione e l’arrivo immediato di un’ambulanza da un vicino ospedale, ogni tentativo di soccorso è risultato vano. Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha rimandato ogni commento all’esito delle indagini sul corpo dell’attivista, ma anche dopo il loro svolgimento (con modalità piuttosto misteriose, in un ospedale nei dintorni del penitenziario) restano dubbi: sul corpo di Navalny sarebbero stati riscontrati lividi che vengono attribuiti a convulsioni e successive manovre di rianimazione. Nel mondo si è subito levato un coro di cordoglio e di accuse aperte al regime russo. Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden si è detto “sorpreso e sconvolto” dalla notizia della scomparsa di Navalny e convinto che, sebbene non se ne conoscano esattamente le cause, “Vladimir Putin sia da considerarsi responsabile di questa morte”.
Il presidente ucraino Volodiymyr Zelensky ha dichiarato che “Putin dovrà rendere conto dei suoi crimini”, il primo ministro canadese Justin Trudeau non ha esitato a definire l’inquilino del Cremlino “un mostro”, mentre il segretario di Stato vaticano Pietro Parolin, il presidente del consiglio Giorgia Meloni e vari leader europei si univano al cordoglio generale. Fonti di stampa tedesche hanno parlato di un imminente scambio di prigionieri con la Russia, che avrebbe dovuto portare alla liberazione di Navalny, mentre il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres auspica “un’indagine trasparente” sull’accaduto.
Chi era Alexei Navalny
Leader del movimento “Russia del futuro”, coraggioso oppositore di Putin ma anche politico chiacchierato per le sue posizioni nazionaliste, giornalista d’inchiesta, autore di numerosi reportage sulla corruzione della pubblica amministrazione russa e di Russia Unita, il partito del presidente, Alexei Navalny era nato nel 1976 nei dintorni di Mosca. Figlio di un militare, si era laureato in giurisprudenza, aveva studiato finanza e si era affacciato alla ribalta politica nel 2006, come leader di alcune marce di protesta nella capitale russa.
Nel 2013 si era candidato alla carica di sindaco di Mosca, nel 2016 la sua candidatura alle elezioni presidenziali era stata bloccata da una condanna contestata da Amnesty International, nel 2020 aveva chiesto ai russi di votare “no” al referendum costituzionale che ha permesso a Putin di ricandidarsi alla carica di presidente della Federazione Russa nelle elezioni del mese prossimo. Per la sua attività di opposizione al governo è stato oggetto di gravi attentati: nel 2017 subì un attacco con l’acido che gli è costato la perdita dell’80% della vista dell’occhio destro, nell’agosto del 2020 è stato avvelenato con l’agente nervino Novichok: ricoverato prima a Omsk e poi a Berlino è rimasto in coma diversi giorni prima di riprendersi.
L’arresto, la condanna e il trasferimento in un carcere oltre il Circolo Polare Artico
Al ritorno in Russia, nel gennaio del 2021, è stato arrestato per aver violato la condizionale che gli imponeva l’obbligo di firma due volte al mese a seguito di una condanna per frode ai danni dell’azienda Yves Rocher. Insignito del premio Sacharov dal Parlamento Europeo nell’ottobre del 2021, Navalny fu condannato nel marzo del 2022, poco dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, a 9 anni di reclusione in un carcere di massima sicurezza per frode. Nell’agosto del 2023 si era aggiunta, da parte dello stesso tribunale federale, una condanna a 19 anni per estremismo politico.
Nello scorso dicembre per tre settimane Navalny era risultato irreperibile nel carcere a 250 km da Mosca dove era detenuto; a fine mese si era saputo del suo trasferimento nella colonia penale IK-3, a 1900 km da Mosca oltre il circolo polare artico. L’attivista, sempre presente sui suoi canali social, aveva lamentato il frequente (e a suo dire pretestuoso) confinamento in cella di punizione ma, solo pochi giorni fa, era apparso in condizioni sorprendentemente buone alla madre e al collaboratore Leonid Volkov. Poi la morte improvvisa, e ancora oscura, che ha innescato in tutta la Russia commemorazioni e manifestazioni di protesta subito contrastate dalla polizia.
(Foto apertura: Jonas Petrovas/Shutterstock.com)
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