In Italia, ogni anno, si producono 6 milioni di tonnellate di cibo in eccedenza. Per questo serve promuovere una nuova cultura del riciclo e ridurre lo spreco. Come? Mangiando bene e con moderazione
Il 5 febbraio di ogni anno celebriamo un anniversario importante: la Giornata nazionale contro lo spreco alimentare. Istituita nel 2014, ricorda l’importanza delle buone pratiche anti-spreco che dovrebbero entrare a far parte della quotidianità degli italiani, perché una riflessione sugli stili di vita e sull’uso delle risorse del pianeta non è più rinviabile.
Il filo conduttore di questa riflessione è il concetto di sostenibilità ambientale, sociale ed economica, soprattutto della produzione e dei consumi alimentari.
Per questo si parla sempre di più di spreco alimentare, per criticare il modello di consumo occidentale, che ha svalutato il cibo fino a produrre una enorme quantità di rifiuti organici, di cibi prodotti ma non consumati, che si buttano via.
Ogni anno, l’Italia produce 6 milioni di tonnellate di cibo in eccedenza lungo tutta la filiera agroalimentare, dalla produzione al consumo finale, per un valore di circa 13 miliardi di euro. Di queste eccedenze, 500mila tonnellate sono recuperate, tutto il resto finisce nella spazzatura.
Uno spreco sempre più insopportabile, in una società in cui il cibo è inegualmente distribuito e la scarsità di alimenti è diffusa non soltanto nei cosiddetti Paesi poveri, ma anche nel nostro. A testimoniare questa situazione è l’attività della Fondazione Banco Alimentare Onlus, una realtà che salva dallo spreco alimenti non scaduti che sarebbero destinati alla spazzatura, grazie al lavoro quotidiano di quasi 2.000 volontari.
Salvati dallo spreco, i cibi riacquistano valore e diventano risorsa per chi ha troppo poco: nel 2020, la Fondazione ha raccolto 100.000 tonnellate di alimenti, che ogni giorno ridistribuisce gratuitamente a 8.000 strutture caritative per aiutare persone bisognose in tutta Italia.
Oltre a rappresentare una questione morale di civiltà, questa contraddizione produce anche un grande problema di efficienza complessiva della nostra società, perché le immense quantità di rifiuti prodotti dallo spreco di generi alimentari, impegna enormi risorse per la raccolta e per lo smaltimento. Non sempre ci pensiamo, ma quello yogurt in scadenza gettato via anzitempo diventerà un rifiuto e quindi un costo per la collettività. È dunque evidente che politiche volte alla riduzione degli scarti alimentari perseguono un obiettivo fondamentale non solo dal punto di vista etico e ambientale, ma anche economico.
Ma c’è di più. La FAO ha stimato che lo spreco alimentare mondiale produce emissioni di gas a effetto serra pari a circa 3,3 miliardi di tonnellate di CO2 equivalente: in pratica, se lo spreco alimentare fosse uno Stato, sarebbe al terzo posto tra quelli che producono più emissioni, dopo USA e Cina.
L’impegno per lo sviluppo sostenibile e la prevenzione degli sprechi passa però anche attraverso la responsabilità individuale. La svolta culturale, passaggio obbligato per la riduzione dello spreco alimentare domestico (che incide per i 2/3 dello spreco complessivo), richiede innanzitutto consapevolezza. E così, basterebbe seguire poche regole in casa: fare una lista dei cibi da comprare prima di andare a fare la spesa; pianificare i pasti e capire quali ingredienti abbiamo e quali dovremmo acquistare; disporre gli alimenti in ordine di scadenza in modo da utilizzare per primi quelli più “vecchi” e consumare gli avanzi.
Sprecare di meno significa anche mangiare e bere bene e con moderazione. Per questo, ridurre lo spreco alimentare significa anche promuovere il consumo di cibo di qualità, che per l’Italia è un vero e proprio segno distintivo nazionale. Non è che da noi si mangi poco, questo si sa. Ma si mangia bene, e la nostra tradizione popolare ha escogitato mille squisite ricette per riutilizzare il cibo avanzato e ridurre al minimo lo spreco. Proprio da noi, dalla nostra cultura e dalla nostra competenza in fatto di cibo, deve venire un impegno particolare per mangiare bene cibi di qualità in quantità corrette, tenendo la pattumiera quasi vuota.
Francesca Santolini, giornalista scientifica, saggista, divulgatrice ambientale. Collabora con il quotidiano La Stampa, dove scrive di ambiente, clima e sostenibilità e con la trasmissione Unomattina in onda su Rai Uno, dove si occupa di ambiente. Ha partecipato a numerose trasmissioni televisive e radiofoniche intervenendo sui temi d’attualità legati all’inquinamento e al clima. Per Marsilio ha scritto “Passio Verde. La sfida ecologista alla politica” (2010), mentre per la casa editrice Rubbettino “Un nuovo clima. Come l’Italia affronta la sfida climatica” (2015) e “Profughi del clima. Chi sono, da dove vengono, dove andranno” (2019).
© Riproduzione riservata