Nel 1967 la Svezia si imbarcò in un’impresa senza precedenti, dai risvolti potenzialmente catastrofici: quella di spostare la guida da sinistra a destra. Bisognava far cambiare a centinaia di migliaia di automobilisti le abitudini di una vita. Era necessario agire capillarmente, trasferire i semafori e le fermate degli autobus, riprogettare gli incroci, sostituire migliaia di segnali stradali. La preparazione nei mesi precedenti fu frenetica. Si attivarono le amministrazioni comunali e il governo, file di funzionari e militari lavorarono fino a tarda notte per garantire che tutto fosse pronto per la data prevista. I programmi televisivi si riempirono di celebrità per attirare il pubblico e informarlo del cambiamento. Venne addirittura indetto un concorso musicale per scegliere una canzone a tema.
Ma perché cambiare? Solo un decennio prima l’83% degli svedesi si era detto contrario. La strada era in salita, ma il governo, sempre più preoccupato per la sicurezza e desideroso di allineare il paese al resto dell’Europa continentale, non aveva dubbi. I paesi vicini, Danimarca, Norvegia e Finlandia, guidavano già a destra, causando spesso collisioni al confine. Inoltre una buona parte dei cittadini aveva iniziato ad acquistare macchine importate con il volante a sinistra, che circolavano a migliaia sulle strade aumentando il rischio di incidenti.
Domenica 3 settembre, alle 4:50 del mattino, dopo un countdown radiofonico, tutti i veicoli in circolazione si fermarono. Auto, camion, bus, biciclette si spostarono sul lato destro della strada, poi si arrestarono nuovamente per dare agli altri il tempo di cambiare lato. Tutto era stato pianificato meticolosamente: non solo la logistica, ma in particolare la campagna informativa, progettata per raggiungere fino all’ultimo svedese, con pubblicità in tv, alla radio, sugli autobus e addirittura sui cartoni del latte. Ma rimaneva un’impresa rischiosa. Gli automobilisti si sarebbero adeguati facilmente? Sarebbero aumentati gli incidenti stradali, almeno nel breve periodo? Ci sarebbero stati più errori di distrazione alla guida?
Avvenne l’opposto. Il primo giorno si verificarono solo incidenti minori, in quantità inferiore alla media. Ma ancora più impressionante fu l’effetto a medio termine: il numero di incidenti mortali calò per i due anni successivi, prima di tornare ai numeri di sempre.
Noi esseri umani abbiamo la capacità, piuttosto notevole, di abituarci praticamente a tutto. In questo caso non si trattò però di un esempio di adattamento straordinario. Quello che accadde è meno intuitivo: fu proprio lo strappo all’abitudine a rendere più caute le persone e ridurre la mortalità. Il cambiamento del lato di guida modificò la percezione degli svedesi, che temevano più del solito di rimanere coinvolti in un incidente automobilistico.
Le situazioni in cui ci sentiamo più al sicuro sono spesso le più pericolose, perché sottovalutiamo la possibilità che ci accada qualcosa. Se guidiamo per anni senza avere mai un incidente, la nostra percezione del rischio in auto diminuirà, matureremo un’ingiustificata convinzione di immunità. Il nostro cervello reagisce quando nota un cambiamento, mentre ha la fondamentale capacità di assuefarsi alle situazioni conosciute. Ciò è naturale: l’ambiente intorno a noi è fonte di un flusso continuo di informazioni e se le percepissimo tutte saremmo sopraffatti, incapaci di elaborare ipotesi, fare valutazioni, prendere decisioni, insomma agire. La nostra attenzione si attiva solo quando succede qualcosa di imprevisto e tende a ignorare gli eventi ripetitivi: ecco perché finiamo per non fare più caso al ronzio persistente di un condizionatore o al brusio dei commensali seduti al tavolo accanto.
Finché gli stimoli sono innocui, non c’è problema. Anzi, l’abitudine ci aiuta a gestire situazioni fastidiose o moleste. Ma la nostra assuefazione coinvolge anche circostanze pericolose e altera la percezione del rischio. Per due anni, il cambiamento aveva allertato gli svedesi sui rischi che si corrono al volante. Quando si furono abituati alle nuove regole, il numero degli incidenti tornò quello di prima.
Possiamo trarre vantaggio dalla tendenza che abbiamo a reagire ai cambiamenti. È quello che sostengono Tali Sharot e Cass R. Sunstein nel loro libro Look Again: The Power of Noticing What Was Always There, se i governi, le organizzazioni e i datori di lavoro vogliono fare in modo che le persone siano consapevoli dei rischi insiti nelle loro attività quotidiane, devono scuotere le loro abitudini.
Ma disabituarsi può anche avere effetti disastrosi. Dopo l’Undici settembre, gli americani – che avevano assai vivide le immagini dello schianto – sopravvalutarono così tanto il rischio di un viaggio aereo da preferire gli spostamenti in auto, ben più pericolosi. L’aumento del traffico stradale causò un eccesso di circa milleseicento morti rispetto all’anno precedente. La paura, se non governata, può essere insidiosa quanto l’assuefazione.
Gianrico Carofiglio (Bari, 1961) ha scritto racconti, romanzi e saggi. I suoi libri, sempre in vetta alle classifiche dei best seller, sono tradotti in tutto il mondo. Il suo romanzo più recente è L’orizzonte della notte.
Giorgia Carofiglio (Monopoli, 1995) si è laureata in Teoria Politica presso la University College London. Ha lavorato in un’agenzia letteraria e collabora con case editrici.
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