Intervista a Peppino di Capri
Il successo non lo ha cambiato minimamente. È rimasto il ragazzo degli esordi, semplice e umile, che ancora canta per divertirsi, dopo 60 anni di carriera musicale. In giuria a Italia In…Canto 2018, ecco cosa ci ha raccontato
Peppino di Capri, all’anagrafe Giuseppe Faiella, è nato il 27 luglio del 1939, a Capri. Una carriera e un successo arrivati molto presto. Era l’agosto del 1958 quando un dirigente di una casa discografica milanese, in vacanza a Ischia, propose al gruppo Peppino di Capri e i suoi Rockers un contratto discografico dopo averli sentiti cantare in un locale. Da allora sono passati sei decenni, oltre 30 milioni di dischi venduti e 15 partecipazioni al Festival di Sanremo.
Se l’aspettava 60 anni fa, quando cantava con il suo gruppo nei piano bar, una carriera così?
Certamente no. Anche perché mio papà, che faceva il mio stesso mestiere, suonava il clarinetto, il violoncello e altri strumenti, all’età di 41 anni tornando a casa mi disse: «Da domani non andrò più a suonare. Mi hanno detto che sono troppo anziano», pensi come sono cambiati i tempi! In quel periodo studiavo pianoforte e musica classica. La sera però con il mio gruppo suonavamo nei locali. Quando sono arrivati i discografici milanesi, è stata una sorpresa.
Come definirebbe questi 60 anni di carriera?
Non saprei. Ma giudico una fortuna il periodo di crisi che ho avuto verso la fine degli Anni ’60, quando ebbi la forza di non seguire la scia. Mi è servito moltissimo. Perché quando sei in auge hai centomila amici, poi quando sei in difficoltà non ne trovi più. Comunque, nel 1970 fondai la mia casa discografica, la Splash, e da allora piano piano risalii la china. Il successo ritrovato mi ha dato molta più soddisfazione di quello avuto quando avevo 18 anni. Quello che posso dire è di essere rimasto umile, me stesso. È così che sono arrivato a 60 anni di carriera.
E i suoi prossimi progetti?
Per i 60 anni di carriera sto preparando un nuovo disco: con un bel po’ di brani nuovi e anche con uno sguardo alle canzoni sempreverdi.
Champagne e Roberta sono tra le canzoni più amate dal suo pubblico, ma qual è il suo brano preferito?
In genere ci si affeziona agli ultimi lavori per un fatto tecnico e artistico. Quindi è sempre l’ultima canzone ed è I miei capelli bianchi dove racconto un po’ me stesso. È una canzone in cui mi rispecchio; e questi miei capelli bianchi stanno avendo un certo apprezzamento. Consiglio ai miei colleghi di non tingerli. Bisogna dare la certezza dell’età che hai, le persone ti apprezzano di più. Bisogna proporsi per quello che si è veramente.
Se non fosse divenuto cantante, cosa avrebbe fatto?
Sempre il cantante. In famiglia volevano che facessi il dottore. Ma io svengo solo alla vista dell’ago. È un fatto di sensibilità. A 4 anni suonavo già il pianoforte, era l’unico giocattolo che avevo in casa. Ho studiato musica classica, ma avevo capito che il mio genere era un altro. Comunque, quegli anni di studio mi sono serviti molto.
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