Fausto Conti.
Da più di 40 anni presiede un’associazione che si occupa di scuola materna paritaria di ispirazione cattolica. Ha scoperto la passione per la scrittura grazie al suo lavoro e attraverso la scrittura ama far rivivere ricordi, avvenimenti del passato e la realtà del suo piccolo paese. Partecipa al Concorso 50&Più per la prima volta. Vive a Mornago (Va).
Luglio 1985
Dovevo solo controllare che non fossero rimaste valigie o pacchetti al piano di sopra. Nonostante fosse la prima settimana di luglio e che splendesse un caldissimo sole, le scale erano buie. La porta ad una sola anta per accedere al piano era chiusa. Aprendola, un’intensa luce inondò le scale e nella sua luminosità il pavimento del salottino, traslucido per la cera, sembrava riflettere come uno specchio: Il tavolo, le quattro sedie, un piccolo divano, un dipinto dozzinale raffigurante una natura morta con frutta, e dei quadretti che cronologicamente raffiguravano gli ultimi Papi, davano un senso di accoglienza.
Non un filo di polvere. Un buon profumo di caffè mi raggiunse aprendo la porta del cucinino delle suore, sul lavandino in bell’ordine tre tazzine e tre piattini, anche qui tutto lindo e pulito. Di corsa passai alla sala lavoro: macchina da cucire, asse da stiro, un bel tavolo, una libreria, un divano e delle sedie. Quello che mi colpì fu il vedere in piena luce sul pavimento tra le due finestre d’angolo, delle meravigliose piante, almeno due enormi. Ricordai che mi era stato raccomandato di darne una alla… un’altra … ed una, la più bella, naturalmente, per il presidente.
Ebbi un po’ di timore nell’aprire la porta della chiesetta. Una piacevole penombra contrastava con l’eccessiva luminosità delle sale precedenti, banchi ed inginocchiatoi ben allineati, l’altare, il tabernacolo, la statua del Sacro Cuore nel mezzo, con la Madonna ed un santo ai lati. I candelabri sembrava chiedessero di essere accesi, quadretti in legno della via crucis sulle due pareti laterali. Profumo di fiori, anche se non c’erano vasi. La porta verniciata di chiaro che dava nel corridoio della notte, metteva in risalto una grata di fori scuri a forma di croce coi quattro lati uguali, probabilmente fungeva da confessionale.
A sinistra una lunga tenda copriva una scaffalatura incassata nel muro, ed un bel vecchio comò sulla destra, era l’unico mobile. Vicine tra loro due porte che portavano a camerette gemelle, letto ben fatto, comodino ed armadio uguali. Sapevo che le alte finestre davano sullo “streccione”. Per un attimo ricordai di aver visto, solo qualche mese prima, Suor Angelina tutta ciondolante per il suo problema alle anche, pericolosamente in piedi sul cornicione che puliva i vetri!
La porta, che dava nell’ultimo corridoio della notte, era tenuta aperta da un antico fermaporte di legno e ferro. Sul lettino a destra erano appoggiate delle tende; mi era stato detto che erano nuove e lavate di fresco, e quindi da riporre negli armadi. Mancava solo la camera della madre superiora. Più grande delle altre con tre finestre, anche con le persiane chiuse il sole riusciva ad entrare. Il letto mi sembrava piccolo, soprattutto pensando che suor Brigida era… un po’ robusta. Due comò antichi ed un armadio con specchio completavano l’arredamento. Notai poi due lastre di marmo agli angoli del locale, di fianco al letto ad altezza d’uomo, che testimoniavano come qualche decennio prima era questa la chiesetta delle suore, e lì probabilmente erano posizionate le statue sacre. L’ antico pavimento, aveva un altro motivo rispetto alle altre camere, più chiaro e con dei begli intrecci di colore.
Uscendo, quasi di corsa, alzai lo sguardo e notai quanto fossero alti i soffitti di tutto il reparto notte. Avevo quasi dimenticato il motivo di questo girovagare, per cui uscendo controllai che nulla fosse stato dimenticato; di sotto mi aspettavano perché era il giorno della definitiva partenza delle suore.
Io, il Peppino e l’Angelo riuscimmo con fatica, a caricare tutti i bagagli, e con le nostre macchine, il pulmino dell’oratorio quel giorno non era disponibile purtroppo e partimmo per Sesto San Giovanni sede regionale delle nostre suore. Suor Brigida salì con me, mentre Suor Angelina e Suor Eufemia col Peppino e con Angelo. Fui un po’ deluso che una sola vicina uscì a salutare, del resto le suore avevano da giorni provveduto al commiato con tutti del paese. Durante il viaggio non parlammo molto, fui spronato da Suor Brigida a non mollare, ad avere fiducia nella provvidenza, a mantenere in vita il nostro asilo. Rimasi quasi spaventato quanto mi consegnò le chiavi dell’asilo, che fino a quel giorno era stato la loro casa; che effetto mi avrebbe fatto entrare in quei locali?
Ricordo poco del tragitto, anche se durò un paio d’ore. In un attimo ci trovammo a suonare un campanello di un’isola verde, circondata da strade e palazzoni, un grande quadrato perimetrato da un solido muro di cinta, un giardino con alti alberi e tanto verde, con prati ben curati. Ci fu aperto l’elegante cancello in ferro battuto. Il bel viale serpeggiante di ghiaietto ci condusse fino all’imponente edificio, che doveva essere riservato alle suore. In mezzo la chiesa maestosa, più grande della nostra chiesa parrocchiale, dall’altro lato il complesso dove erano collocate, ci fu detto poi, le aule della scuola materna ed elementare gestite dalle suore. Scaricammo, non senza fatica, tutti i bagagli.
Fui ricevuto dalla Madre Generale nel suo elegante studio, attraversando corridoi ed ambienti spaziosi, con una via vai di suore e laiche. Faceva molto caldo e mi fu offerto della limonata fredda. Fui ringraziato per aver aiutato le suore, specialmente l’anno prima quando suor Brigida aveva subito un importante intervento chirurgico. Mi premeva chiedere dove fossero state collocate le nostre suore. Mi fu detto, non che dipendesse dalle assicurazioni fatte a me, che suor Brigida sarebbe stata mandata in un altro asilo mentre purtroppo la casa di riposo anche se riservata alle suore, avrebbe accolto Suor Angelina e Suor Eufemia, vista la veneranda età di entrambe. Nel frattempo, il Peppino e l’Angelo avevano aiutato a portare tutti i bagagli nelle camere dove avrebbero soggiornato per qualche giorno soltanto.
Fummo invitati a visitare la chiesa, così passando davanti alle camere potei salutare per l’ultima volta, in modo fugace e veloce le due anziane suore. Suor Brigida invece ci accompagnò con la Madre Generale, abbracciando di volta in volta e con sincero affetto, tutte le “sorelle” che incontravamo; la cosa mi piacque. Prima ancora di entrare sentimmo un cadenzato brontolio, capimmo che era in corso la recita del rosario. Vetrate a mosaico dietro l’altare, inondavano di luce l’unica ampia navata della chiesa. La cupola centrale alta con dei mosaici color oro era uno splendore. Non ricordo altri particolari, restammo comunque a bocca aperta ad osservare, in silenzio. Ci fu spazio e tempo per ricevere le lamentele di una suora, forse la “sacrestana”, che si lamentava perché dei teppisti avevamo lanciato sassi contro le vetrate della chiesa causando non pochi danni.
Un nodo in gola mi salì nell’abbracciare, con discrezione, la nostra Madre Superiora.
Luglio 2016
Non ho più rivisto né Suor Angelina né Suor Eufemia. In due occasioni ho invece visto Suor Brigida, la prima quando era passata dal nostro paese, dopo qualche mese dalla loro partenza e la seconda l’anno dopo, durante gli esercizi spirituali che stava facendo a Villa Cagnola. Per qualche anno ci siamo scambiati brevi lettere. Ho potuto così apprezzare e conoscere non solo la maestra d’asilo, ma la “Suora”, con la sua grande fede, spiritualità ed immutata vocazione.
Suor Brigida ha raggiunto la Casa del Padre il 25 giugno 2012.
Ci sono voluti anni affinché entrare nell’appartamento delle suore, ma soprattutto nella loro chiesetta, non mi sembrasse più di violare qualcosa di troppo privato, di sacro! Sono passati 31 anni da quando le suore ci hanno lasciato. La loro casa è stata proprio in questi giorni completamente stravolta! Non più chiesetta, né camere, né accoglienti sale! Tuttavia, a lavori finiti, sotto un tetto completamente rifatto, due bei saloni dagli alti soffitti, ben perlinati e termicamente isolati, fanno bella mostra di sé. Dall’esterno l’asilo sembra, ora, uno chalet di montagna!
Oggi, 2022
La più che centenaria piccola scuola materna paritaria, tra le lussureggianti verdi colline del Varesotto, è tuttora funzionante, e le grida gioiose dei bimbi risuonano tra le silenziose vie del paese.