Nel Rapporto sul Benessere equo e sostenibile l’Istat analizza com’è cambiata la nostra quotidianità negli ultimi due anni. Sono soprattutto due aspetti – l’emergenza sanitaria da un lato e la crisi occupazionale dall’altro – ad aver profondamente condizionato il nostro benessere individuale, economico, sociale. Generando un aumento delle disuguaglianze.
“Come va la vita, in Italia?” È a questa domanda che risponde l’Istat con il Rapporto Benessere equo e sostenibile (BES) 2021. Una domanda “semplice a al tempo stesso difficilissima” osserva il Presidente dell’Istat, Gian Carlo Blangiardo, presentando i risultati dell’indagine. Un’analisi di ampio respiro nella quale i ricercatori dell’Istituto hanno preso in considerazione dodici grandi ambiti della nostra vita quotidiana, per fascia d’età, genere e territorio: salute; istruzione e formazione; lavoro; benessere economico; relazioni sociali. E ancora: politica e istituzioni; sicurezza; benessere soggettivo; paesaggio e patrimonio culturale; ambiente. Il Rapporto BES indaga infine il benessere anche sotto il profilo di innovazione, ricerca e creatività, qualità dei servizi.
Un paese sempre più diseguale
Se è assodato che la pandemia da Covid-19 ha profondamente cambiato la vita di tutti, dal Rapporto BES 2021 emerge che sono soprattutto due aspetti – l’emergenza sanitaria da un lato e la crisi occupazionale dall’altro – ad aver profondamente condizionato negli ultimi due anni il benessere delle persone. Ma non di tutte allo stesso modo.
“Molti divari si sono mantenuti – segnala il Presidente dell’Istat -, o addirittura allargati: dalla speranza di vita alla nascita, che recupera in buona parte al Nord nel 2021 ma diminuisce ancora nel Mezzogiorno, alla mortalità evitabile, che resta più elevata in molte regioni del Sud; dalla spesa dei comuni per la cultura, per la quale il divario territoriale è nettamente a vantaggio del Centro-nord, all’impatto degli incendi boschivi e dell’abusivismo edilizio, più forte nelle regioni meridionali. La pandemia – sottolinea ancora Blangiardo – si è tradotta per lo più in arretramenti nel benessere della popolazione femminile: ad esempio, nei livelli di benessere mentale e di occupazione, soprattutto per le madri con figli piccoli. Ma sono stati anche i bambini, gli adolescenti e i giovanissimi a pagare un altissimo tributo alla pandemia e alle restrizioni imposte dalle misure di contrasto ai contagi”.
Diminuisce la speranza di vita ma non quella di vivere in salute. Ad eccezione dei più giovani
Il fatto che l’Italia sia il paese più vecchio d’Europa ha purtroppo avuto conseguenze durante le fasi più acute della pandemia, che nel nostro Paese sono coincise con le prime ondate di contagi. Nel 2020 l’Italia è stato tra i paesi con il maggior numero di morti per abitanti. In tutti i paesi europei l’eccesso di mortalità è stato più elevato fra gli over 65. In Italia, nell’ultima settimana di marzo 2020, il tasso di mortalità è aumentato dell’80% fra gli anziani, ma il paese ha registrato anche un +42% rispetto al 2015-2019 fra gli under 65. Il tasso di mortalità si è ridotto nel 2021, restando comunque del +72% fra gli over 80, e il picco di mortalità si è spostato da Nord a Sud.
La speranza di vita è passata da 83,2 anni nel 2019 a 82,1 anni nel 2020 a 82,4 anni nel 2021. Ma c’è un “inaspettato miglioramento” per la speranza di vita in buona salute alla nascita: da 58,6 anni nel 2019 arriva a 61 anni nel 2021. Questo per un effetto imprevedibile della pandemia: l’incremento della quota di persone che “ha relativizzato la propria condizione di salute, valutandola con maggior favore di quanto non avrebbero fatto in passato”.
Nonostante quasi la metà degli anziani con 75 anni o più continui a soffrire di gravi limitazioni fisiche o malattie croniche, questa percentuale si è ridotta negli ultimi due anni. Mentre invece è peggiorato il benessere psicologico dei ragazzi fra i 14 e i 19 anni. La percentuale di adolescenti in cattive condizioni di salute mentale passa infatti dal 13,8% nel 2019 al 20,9% nel 2021. I giovani diventano anche più sedentari. Fra le cattive abitudini per la salute, in aumento costante l’obesità, stabile il fumo, in diminuzione il consumo di alcol, ma dopo un notevole incremento nel 2020.
La qualità dei servizi sanitari messa a dura prova
Negli ultimi due anni sono praticamente raddoppiate le persone che hanno dovuto rinunciare a visite specialistiche o esami diagnostici di cui avevano bisogno per problemi economici o legati alle difficoltà di accesso al servizi. Nel 2019 erano il 6,3%, nel 2021 l’11%. A causa delle restrizioni e del sovraccarico dei servizi ospedalieri, i ricoveri fuori regione sono diminuiti di 1 milione e 700mila.
Per fronteggiare la pandemia sono aumentati medici e personale paramedico: nel 2021 ci sono 4,1 medici ogni 1.000 residenti (erano 4,0 nel 2020); infermieri e ostetriche passano al 6,6 per 1.000 residenti nel 2020 (erano il 6,5 nel 2019). In crescita anche la fiducia negli operatori sanitari: circa la metà degli intervistati di 14 anni e più ha dato loro un punteggio uguale o superiore a 8 (su una scala da 0 a 10).
Il crollo dell’istruzione, fra disparità di genere e di opportunità
Sempre più rari i laureati italiani. Fra i 30 e i 34 anni, a possedere un titolo di studio terziario è solo il 26,8% della popolazione contro più del 41% in Europa. Ma anche per i titoli di istruzione inferiori la situazione non è delle migliori: il 62,7% delle persone di 25-64 anni ha almeno il diploma superiore; oltre 16 punti percentuali in meno rispetto alla media europea.
Il primato delle donne nell’istruzione universitaria “si perde – osserva l’Istat – quando si entra nel dettaglio delle discipline scientifico-tecnologiche, le cosiddette discipline STEM (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica)”. In Italia la percentuale di titoli terziari STEM nella popolazione di 20-29 anni si attesta all’1,9% per i maschi e all’1,3% per le femmine; entrambi sono al di sotto della media europea (rispettivamente 2,8% e 1,4%).
Nel periodo tra marzo e giugno 2020, la quasi totalità dei bambini e dei ragazzi fra 6 e 19 anni (91,4%) ha svolto lezioni online. Ma c’è una “quota non irrilevante” di studenti, pari all’8,6%, che non è riuscito a seguire le lezioni sul web. Percentuale che sale al 17,1% fra i bambini della scuola primaria. Inoltre, anche fra chi ha seguito le lezioni online, il 65,8% riferisce di aver avuto difficoltà, dalla qualità della connessione a problemi di concentrazione e motivazione nello studio.
Al 23,1% la quota di giovani fra 15-29 anni che non studia né lavora (NEET), che crescono in tutta Europa.Crolla infine l’accesso ai luoghi della cultura e alle biblioteche; resta stabile la lettura dei libri ma non quella dei quotidiani, in continuo calo.
L’Italia sempre in ritardo sull’occupazione e sulla conciliazione dei tempi di vita
Nel 2021 l’occupazione torna a crescere al 62,7% (+0,8 punti percentuali) tra i 20 e i 64 anni, ma resta ancora al di sotto del livello pre-pandemia. Impietoso il confronto con l’Europa. Il nostro paese, che già aveva recuperato i livelli occupazionali del 2008 solo nel 2018, ovvero due anni più tardi del resto dell’UE, si è trovato a fronteggiare un “brusco calo” dell’occupazione nel primo lockdown. Se, infatti, nell’Unione Europea il tasso di occupazione è variato in media di 1,9 punti percentuali, in Italia si raddoppia con un calo di 3 punti percentuali. Più lento anche il ritorno ai livelli pre-pandemia.
La ripresa del 2021 è stata più marcata per le categorie più colpite dalla crisi: donne, giovani e stranieri. Così come fra i laureati: nel 2021 il 79,2% è occupato. Inoltre, si riducono i divari fra Nord e Sud. Ma fra le donne è più elevata la quota di part-time involontario, ovvero imposto e non richiesto (17,9% rispetto al 6,5% tra gli uomini). Così come è inarrestabile la fuga di cervelli nonostante l’incertezza e le limitazioni agli spostamenti. Non solo all’estero ma anche dal Sud al Nord Italia: oltre 3 laureati italiani su quattro hanno trasferito la propria residenza dal Mezzogiorno nel Centro-Nord nel 2020.
Nel 2021 il 14,8% degli occupati lavora da casa. Sono soprattutto donne, nel Centro e nel Nord Italia, con titoli di studio elevati. Circa la metà degli occupati risulta molto soddisfatto del proprio lavoro e migliora anche la percezione della sicurezza del proprio impiego.
Migliorano benessere economico e personale, ma le fragilità restano
Nel 2021 migliorano i redditi disponibili delle famiglie ma ben il 30,6% dei nuclei dichiara di aver visto peggiorare la propria condizione economica con la pandemia. Più di 5 milioni e mezzo di persone, ovvero il 9,4% della popolazione, vivono sotto la soglia di povertà assoluta. Dopo il forte incremento nel primo anno della pandemia, il Nord recupera terreno, mentre al Sud si conferma un’incidenza più elevata della povertà.
Se guardiamo invece al benessere personale, il 46% degli italiani si ritiene soddisfatto della propria vita. Ma quasi 220mila ragazzi tra i 14 e i 19 anni si dichiarano invece insoddisfatti e vivono un disagio psicologico, numeri in netto aumento rispetto al periodo precedente la pandemia. Prevale in tutte le classi di età l’insoddisfazione per il proprio tempo libero, che raggiunge il minimo storico del 56,6% di persone soddisfatte. Sono soprattutto donne e giovanissimi. Ma rincuora il fatto che si registra un diffuso ottimismo verso il futuro.
Peggiorano le relazioni sociali
Colpite dalle restrizioni e dalle distanze imposte dal Covid, le relazioni sociali continuano a peggiorare. Sempre di meno le persone che sono soddisfatte da amici, parenti o vicini, soprattutto fra i giovani. L’unica nota positiva è che cresce, al contrario, la fiducia verso gli altri.
L’attività di volontariato, rimasta stabile nel primo anno di pandemia, nel 2021 registra invece un calo (dal 9,8% del 2019 al 7,3% del 2021), così come la quota di persone che dichiarano di versare contributi economici ad associazioni (è pari al 12,0%, il valore più basso dal 1993). Il 14,6% della popolazione di 14 anni e più dichiara di aver svolto attività di partecipazione sociale, ovvero di tipo ricreativo, culturale, civico e sportivo. Era il 22,7% nel 2019.
Poca fiducia nelle istituzioni, ma cresce il senso di sicurezza. Reati in diminuzione, non i femminicidi
Cresce invece la partecipazione civica e politica: coinvolge il 64,9% della popolazione over 14. Anche se la fiducia verso la politica e le istituzioni continua ad essere scarsa. Fra l’altro, le donne faticano ad affermarsi in campo istituzionale, soprattutto a livello locale e nelle posizioni di vertice. Invece, la presenza femminile nella grandi aziende quotate in Borsa cresce in modo esponenziale grazie agli obblighi di legge: è al 41,2% a fronte di una media europea del 30,6%.
Si allunga a 426 giorni medi la durata dei processi, ma per effetto del lockdown calano i reati, in particolare furti, borseggi e rapine, e gli arresti. A ciò fa da contraltare una più diffusa percezione di sicurezza delle zone in cui si vive. Ma, anche sul fronte della sicurezza, aumentano le disuguaglianze. Gli omicidi delle donne restano stabili mentre diminuiscono quelli degli uomini. Inoltre, ben il 92,2% dei femminicidi è compiuto da una persona conosciuta dalla vittima; circa 6 donne su 10 sono state uccise dal partner attuale o dal precedente; una su quattro da un familiare.
La spesa per cultura fra le più basse d’Europa. Si perde interesse per l’ambiente
Nel 2019, la spesa pubblica per cultura e paesaggio resta tra le più basse d’Europa in rapporto al PIL (0,4% contro una media Ue-27 dello 0,6%). Per la drastica riduzione delle attività economiche e domestiche, diminuiscono nettamente nel 2020 sia le emissioni di CO2 e di altri gas climalteranti (o gas effetto serra) che di rifiuti urbani. La CO2 prodotta per abitante pesa “solo” 6,6 tonnellate. Mentre ognuno di noi ha prodotto “appena” 487 chili di immondizia. Intanto, gli effetti dei cambiamenti climatici sono sempre più evidenti nell’aumento delle temperature medie e nella riduzione delle precipitazioni. Eppure i livelli di preoccupazione per l’ambiente sono in calo. Nel 2021 il livello di interesse per queste tematiche torna a quello registrato nel 2018 (66,6%).
Innovazione: crescono gli internauti senior, ma 1 famiglia su 3 non ha pc e connessione
Cresce il numero di imprese che durante la pandemia hanno fatto ricorso all’e-commerce, soprattutto se grandi aziende; così come la disponibilità di nuove tecnologie per l’offerta di servizi online da parte dei comuni.
E le persone? Nel 2021 la quota di internauti di 11 anni e più che hanno utilizzato la Rete almeno una volta a settimana nei tre mesi precedenti l’intervista sale al 72,9%, con una crescita di oltre 6 punti percentuali rispetto al 2019. Le percentuali più alte, superiori al 90%, si registrano fra gli alunni e gli studenti, ma è fra i senior che l’uso di Internet è cresciuto di più, con +10 punti percentuali rispetto al 2019. Tra le persone di 55-59 anni gli internauti sono l’80,0%; scendono a poco meno del 50% tra quelle di 65-74 anni e al 14,7% fra chi ha 75 anni e più.
Nonostante l’accelerazione digitale, nel 2021 tre famiglie italiane su dieci non hanno ancora la disponibilità di un pc e di una connessione a Internet da casa. In circa l’8% di queste famiglie è presente almeno un minore.
Cos’è il progetto BES
“Il progetto Bes – spiega l’Istat – nasce nel 2010 per misurare il Benessere equo e sostenibile, con l’obiettivo di valutare il progresso della società non soltanto dal punto di vista economico, ma anche sociale e ambientale”. Gli indicatori economici tradizionali, primo fra tutti il PIL, sono infatti integrati con misure della qualità della vita delle persone e dell’ambiente.
A partire dal 2016, inoltre, sono stati introdotti anche gli indicatori per il monitoraggio degli obiettivi dell’Agenda 2030 sullo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite (Sustainable Development Goals – SDGs).
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