Lo sapevate che negli ultimi quarant’anni la popolazione italiana è aumentata del 20%, mentre quella “anziana” è aumentata del 155%? E che ogni tre abitanti uno è over sessantacinque? E che nel 2030 saremo 2 miliardi nel mondo? Ma quanti siamo, noi “grandi adulti”! Fa quasi spavento. Tocca fare i conti con noi. E con quelli che verranno dopo di noi, perché non torneremo certo indietro, ad una società di giovani, non nascono abbastanza bambini e, nonostante il Covid, le vite durano di più.
Negli ultimi 40 anni, gli over sessantacinque sono passati dall’essere il 9,5% della popolazione a superare il 20%. Si tratta di un esercito di oltre 12 milioni di persone, nel nostro Paese. Di questi 12 milioni, più di 7 sono “famiglie unipersonali”, leggi: donne sole e, eventualmente, anche se un po’ meno, uomini soli. Di queste donne e uomini soli, due milioni e trecentomila hanno più di 75 anni. E notiziona! Il 32,7% di queste persone vive in una casa di proprietà. Nel 61,2% dei casi posseggono un numero di vani superiore a 4…
Ho potuto tirarvi addosso tutte queste cifre grazie ad una attenta lettrice, Lucia Viegi, che mi ha scritto una bella lettera e mi ha “linkato” (possibile che non ci sia una parola nella lingua italiana per significare questa operazione?) www.eticaeconomia.it, dove ho potuto leggere il servizio Anziani: dall’isolamento urbano al silver cohousing.
Lucia è una donna di 74 anni, sposata e senza figli, in pensione da quando ne aveva 68. Aveva un incarico di insegnamento all’Università, ha curato con dedizione sua madre affetta da demenza senile e, proprio mentre la accompagnava nell’ultimo tratto di strada, si è posta l’inevitabile domanda: chi accompagnerà me, per quel sentiero tutto in salita che è l’estrema vecchiaia, quando sarà il mio turno? Lucia non ce l’ha, una figlia.
E come lei molte donne della generazione dei baby boomer, i nati fra il 1946 e il 1964. Siamo la prima generazione che si è conquistata il diritto di scegliere se diventare madre o no. In molte hanno scelto di no. Ma, come Lucia sa benissimo, anche quelle che i figli ce l’hanno non ci contano più come cent’anni fa.
Cito dalla sua lettera: «Una volta le famiglie erano patriarcali, c’era posto per gli anziani, che venivano accuditi per lo più da figlie rimaste zitelle, le case erano più spaziose, da quando anche le donne lavorano sono cambiate le problematiche e le soluzioni». Le problematiche sì, sono cambiate. Alle soluzioni nessuno ha ancora messo mano. Restiamo sospesi fra le tristemente note Residenze per Anziani e baratri di solitudine non considerata.
Non dimentichiamo che una buona parte di over 65 vive con una pensione inferiore ai mille euro mensili, spesso sfiora appena i 500. E allora la fatica che costa sopravvivere stronca qualsiasi altra buona intenzione, a cominciare da quella – ormai ben diffusa – di mantenersi in forma e il meno possibile infelici.
Essere vecchi e poveri, nel sistema capitalistico, che è poi quello in cui viviamo da quando siamo nati e di cui non si vede la fine, è una vera condanna. Non produci più e non hai neanche potere d’acquisto. Quindi non sei niente. Ecco perché i problemi dell’estrema vecchiaia non vengono affrontati con l’energia necessaria per risolverli. Ecco perché non si organizzano coabitazioni nelle case troppo grandi di “grandi adulti” troppo soli. Ecco perché non nasce un’edilizia dedicata. Ecco perché nei beni espropriati alla mafia o alla camorra non si organizzano piccoli appartamenti con i servizi centralizzati per consentire agli anziani senza figli, o agli anziani che non vogliono pesare sui figli, di curarsi l’uno con l’altro, di aiutarsi a vivere. Reciprocamente.
Sarebbe un gran risparmio per quelli che vivono con 500 euro al mese (luce, gas, acqua, rifiuti… tutti costi condivisi). Sarebbe un gran sollievo per chi soffre di solitudine. Sarebbe una piccola grande rivoluzione anti-capitalista: mettere al centro donne e uomini che non producono più e consumano sempre meno. Con amore.
© Riproduzione riservata