Donna, giovane e straniera. È un identikit che corrisponde sempre meno alla realtà dei collaboratori domestici e assistenti familiari di oggi, colf e badanti. Si è alzata l’età anagrafica, tanto che oggi oltre la metà ha più di 50 anni. Non solo: è aumentata fino a raddoppiare anche la quota dei lavoratori domestici di nazionalità italiana.
Questi sono solo alcuni dei dati emersi dal 2° Rapporto annuale sul Lavoro Domestico – Analisi, statistiche, trend nazionali e locali 2020 realizzato dall’Osservatorio Nazionale DOMINA con la collaborazione scientifica della Fondazione Leone Moressa.
Meno giovani, più over 50 e raddoppia la quota degli italiani
Il lavoro domestico attrae sempre meno giovani coinvolgendo maggiormente i lavoratori con più di 50 anni di età. Se nel 2012, infatti, la maggioranza dei lavoratori domestici aveva un’età compresa tra 30 e 49 anni (54,0%), oggi la fascia più numerosa è quella degli ultra 50enni (52,4%). Contestualmente, è diminuita anche la componente giovane (fino a 29 anni), passata dal 14,5% al 5,3% del totale.
Cresce, inoltre, la quota degli italiani impegnati soprattutto nel lavoro di cura (Badanti). Tra gli assistenti familiari, infatti, gli stranieri hanno registrato un lieve ma costante calo dal 2012, passando da 319mila a 302mila (-5,2%). Gli italiani, al contrario, sono più che raddoppiati, passando da 47mila a 105mila (+125,8%). Persino tra i collaboratori domestici (Colf) gli stranieri hanno registrato un netto calo dal 2012 al 2019, passando da 504mila a 294mila (-41,7%), mentre il numero degli italiani è pressoché invariato: da 145mila a 147mila (+1,4%).
In generale, come già detto, crescono gli italiani. Sebbene gli stranieri siano ancora in netta maggioranza (70,3%), va ricordato che otto anni fa questa percentuale era nettamente maggiore (81,1%). La componente femminile rimane predominate e si rafforza rispetto al 2012, passando dall’81,1% all’88,7%.
Aumenta la richiesta di assistenza agli anziani
In base alla tipologia di lavoratori domestici (Colf e Badanti), il Rapporto rileva una profonda differenza. Negli ultimi otto anni sono progressivamente diminuiti i collaboratori domestici (-32,1% dal 2012) e sono aumentati gli assistenti familiari (+11,5% dal 2012).
È una tendenza opposta, dovuta molto probabilmente ai diversi fabbisogni delle famiglie: da un lato la cura agli anziani è sempre più essenziale, viste anche le dinamiche demografiche; dall’altro, la crisi economica ha determinato una rinuncia da parte di molte famiglie ad affidare alle colf pulizie e cura della casa. Dunque, se nel 2012 il rapporto Badanti/Colf era di 1:2, oggi si è assottigliato arrivando quasi a 1:1.
Contro il lavoro irregolare bisogna alleggerire il carico fiscale sulle famiglie
La regolarizzazione di 177mila lavoratori domestici, a seguito della “sanatoria” prevista dal Decreto Rilancio (D.L. 34/2020), ha permesso un’entrata aggiuntiva di 3 milioni di euro tra Irpef e contributi. Questa cifra si va ad aggiungere agli importi fiscali (1,5 miliardi) dei lavoratori domestici regolari che l’Inps certifica essere 849mila.
Tuttavia, restano oltre un milione i lavoratori domestici ancora in nero (non solo stranieri). Se questi lavoratori avessero un regolare contratto, lo Stato riceverebbe ulteriori 1,8 miliardi, portando le entrate fiscali a 3,6 miliardi di euro.
«La leva cruciale per dare nuova linfa al lavoro domestico nel dopo Covid-19 – dice il Rapporto – sarà la riforma fiscale del settore, come già avviata con il cosiddetto “Family Act”. Sono necessarie politiche che alleggeriscano il carico fiscale, riducendo il divario tra il costo di un lavoratore regolare e quello di uno irregolare, e una presa di coscienza dell’importanza del settore da parte di tutti gli attori del sistema Paese».
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