Si tratta di appartamenti o ville dove abitano per lo più dai quattro agli otto sconosciuti.
Il tempo di permanenza va da 1-3 mesi (per quanto riguarda soprattutto i lavoratori da remoto e i nomadi digitali) ai
6-12 mesi per chi sceglie questa soluzione dopo essersi trasferito in una grande città.
L’età dei co-liver è varia: il 15% ha tra i 35 e i 44 anni, mentre il 15% ha anche più di 45 anni.
In Italia, il co-living è presente dal 2007 grazie a DoveVivo, società fondata da Valerio Fonseca e William Maggio
che gestisce oltre ottomila posti letto in 11 città italiane (Milano, Bologna e Roma in primis).
Il costo delle stanze varia dai 500 ai 700 euro e rispetto al passato la qualità dei servizi è migliorata per rispondere alle esigenze della clientela, in particolare per quanto riguarda la dotazione tecnologica e digitale.
Un’altra novità del co-living (da non confondere con il co-housing) è il ruolo di aziende specializzate, che si prendono cura di ogni aspetto con professionalità: gli inquilini non devono fare altro che pagare l’affitto, con tutte le spese incluse. Inoltre, gli spazi abitativi vengono studiati e arredati nell’ottica della convivenza tra più individui adulti, e non sistemati alla buona per stipare il massimo numero di persone possibile nella stessa casa.
Il settore, in generale, sta andando benissimo, con una crescita del 210% anno dopo anno. Nel 2020 l’industria è stata valutata 15 miliardi di dollari e finora sono stati investiti 3 miliardi di dollari per nuovi progetti.
SINTESI DI: Abitare insieme (da adulti). Le generazioni in affitto, Andrea Federica De Cesco, Sette (supplemento Corriere della Sera), n° 34, 2020, p.36
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