Smartphone dotati di Gps integrati, orologi e braccialetti in grado di inviare e ricevere messaggi audiovisivi, comandi vocali per accedere ai servizi: con l'”Internet delle Cose” le città diventano intelligenti e gli anziani ne beneficiano.
Il 21 ottobre 2015 Marty McFly ed Emmett Brown, detto Doc, viaggiano su una macchina volante fino ad arrivare in un vicolo di una “città del futuro”, sotto un diluvio scrosciante.
A Marty, figlio degli Anni ’60, bastano pochi minuti per rimanere sconvolto: la realtà che si compone davanti a lui, infatti, è fatta di numerose innovazioni e frutti del progresso. Le automobili non solo non hanno bisogno di ruote, ma usano i rifiuti come carburante, le televisioni e tutti gli altri elettrodomestici di casa si accendono con un semplice comando vocale e le impronte digitali sono il passe-partout per tutte le porte. Chi sta leggendo queste poche righe, forse avrà già capito che si tratta dell’inizio di un film del 1989: Ritorno al Futuro. Parte II. Mentre Marty McFly e Doc vivevano le loro avventure sul grande schermo, infatti, chi si gustava la saga firmata da Robert Zemeckis stava sognando di salire sulla DeLorean (la macchina del tempo) e viaggiare avanti o indietro nel tempo. Tanto che i fan più accaniti hanno aspettato il 21 ottobre 2015 nell’attesa di scoprire quanto il mondo reale sarebbe stato simile a quello dei viaggiatori del tempo più famosi del mondo hollywoodiano.
Ma oggi, nel 2021, anche se le macchine non volano e non utilizzano i rifiuti come carburante, il significato di “città del futuro” o più comunemente smart city, ha assunto altre sfaccettature. Il vero significato del termine smart city, in effetti, sarebbe “città intelligente”. Un luogo che punta a diventare economicamente sostenibile ed energeticamente autosufficiente, in cui la qualità della vita e i bisogni dei cittadini siano al primo posto. Le città intelligenti mirano a creare una grande connettività in cui, ad esempio, gli incroci vengano regolati da semafori intelligenti che minimizzino il rischio di incidenti e gli oggetti si scambino informazioni tra loro grazie all’“Internet delle Cose”, quella connessione che permette, così come faceva Marty McFly, di azionare gli elettrodomestici con un comando vocale.
In Italia, da questo punto di vista, Milano è senz’altro la capostipite di questa graduale innovazione cittadina. Non a caso, da sei anni a questa parte, il capoluogo lombardo si conferma tra le città più smart d’Italia secondo l’ICity Rank, il rapporto annuale di Fpa (Forum sull’Innovazione nella Pubblica Amministrazione) che fotografa la situazione delle città italiane più intelligenti e sostenibili.
Ma quali sono i vantaggi di questo assetto futuristico per la popolazione senior? D’altronde, si sa, quando si parla di tecnologia, il senso comune ci invita a pensare alle difficoltà che molti anziani riscontrano nell’utilizzo di alcuni dispositivi. La questione non è passata inosservata a un gruppo di ricerca coordinato dal Politecnico di Milano che, dal 2016 al 2018, ha avviato il progetto-esperimento City4Age proprio per esaminare come i dati raccolti e gli interventi attivati dalle comunità smart possano supportare e assistere al meglio i senior.
Le città che hanno partecipato al progetto sono state sei e in ogni realtà sono state approfondite tematiche diverse.
A Montpellier gli interventi sono stati volti a monitorare gli anziani non autosufficienti dotandoli di smartphone con Gps integrato e ausili casalinghi smart che, ogni giorno, hanno raccolto dati sulle loro condizioni di salute, producendo un report dettagliato ad uso sia dei caregiver che del personale sociosanitario.
A Lecce, Atene e Singapore, invece, la tecnologia è stata utilizzata soprattutto per incentivare la vita sociale della popolazione anziana. Appoggiandosi a realtà già esistenti, infatti, come i Club dell’Amicizia ateniesi o i Community Center di Singapore, è stato possibile coinvolgere gli anziani nella vita sociale della comunità grazie ad avvisi sugli smartphone in dotazione. Ad Atene, in particolare, sono state monitorate anche le condizioni psicofisiche dei partecipanti dopo ogni attività per capire quali fossero quelle più benefiche. Nella città pugliese, nel frattempo, gli interventi si sono concentrati più sulla prevenzione, inviando avvisi a quegli anziani che per troppo tempo non sono usciti di casa anche solo per fare la spesa.
La città inglese di Birmingham e la spagnola Madrid, invece, hanno puntato sulla mobilità e sui trasporti pubblici. Il polo britannico ha dotato i senior di cellulari con Gps e orologi smart e ha collocato delle “torrette” in città in grado di fornire loro informazioni audiovisive sulle fermate dell’autobus più vicine, sui luoghi dove potersi sedere, i negozi di alimentari e i servizi igienici. Anche la Capitale spagnola si è dotata di smartphone e braccialetti per rilevare l’attività degli utenti e intervenire in caso di bisogno.
I dati delle sei città sono stati poi raccolti e analizzati, fornendo spunti di riflessione interessanti. Gli anziani di queste smart city, infatti, non solo hanno tratto vantaggi psicofisici dall’esperimento, ma hanno abbattuto il divario digitale. Un modo per rendere le città del futuro, le città del presente.
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