Anna Ciorcalo. Si dedica da sempre con passione alla scrittura e alla poesia. Le piace, inoltre, ricamare e suonare al pianoforte. Partecipa al Concorso 50&Più dal 1992; nel 2000 ha ricevuto la Menzione speciale della giuria per la poesia e nel 2020 ha vinto la Farfalla d’oro per la prosa. Vive a Napoli.
Com’era bello riposarsi sotto l’ombra della grande quercia che troneggiava in mezzo alla piazza e guardarsi intorno per vedere come si era trasformato quel piccolo paese, da rurale in qualcosa di più nuovo e moderno. Sergio si sentiva felice, perché aveva saputo dare una nuova vita a quella comunità e ai suoi amici, rinfrancandoli dal duro lavoro della terra. Lo sguardo di Sergio andava al bar dell’amico Franco che aveva saputo creare un piccolo ambiente accogliente per dare un po’ di ristoro a chi veniva ad ammirare il bellissimo cancello settecentesco cui lui, Sergio, aveva saputo ridare una nuova vita.
Poi c’era la cara amica Lisa, che aveva messo su un salone di parrucchiere; Gino aveva una barberia, che nei piccoli paesi è molto importante perché gli uomini si riuniscono lì per chiacchierare, leggere qualche giornale e commentare le ultime notizie. Mario aveva aperto un forno e cuoceva pizze buonissime, per ogni gusto. Teresa vendeva fiori che lei stessa coltivava e così anche per gli ortaggi di prima mano. Tanti amici dovevano ringraziarlo se ora non dovevano per forza lavorare la terra. Si, è vero, pensò Sergio, questo paese si è trasformato ha guadagnato un po’ di benessere, di serenità, e tutto questo perché lui con il suo lavoro, con la volontà d’imparare il mestiere del fabbro avrebbe mantenuto la promessa fatta al suo Amico: che quel cancello vecchio e arrugginito sarebbe tornato al suo splendore, così tutti sarebbero venuti per vederlo. Sergio era felice e ripensava al tempo della fanciullezza quando con i suoi piccoli amici giocava sul sagrato della chiesa e ogni sera quando si doveva chiudere il cancello, sembrava una ferraglia ma il suo valore storico era troppo importante.
Una sera si era attardato un po’ più dai giochi ed era entrato nella piccola chiesa. Subito l’avvolse il silenzio e volgendo lo sguardo verso le tremule fiammelle, si soffermò a guardare il quadro del Sacro Cuore. Come mai non lo aveva fatto le altre volte? Gli si avvicinò e gli sembrò che sorridesse proprio a lui, i suoi occhi lo guardavano con una tenerezza infinita. Si sentì amato, e pensò a cosa potesse regalare al suo Amico; ecco ora sapeva anche chi era per lui: un Amico.
Con questo pensiero uscì dalla chiesa, e siccome era l’ora di chiudere il cancello, quel rumore ferruginoso lo colpì, e disse tra sé: ecco cosa farò per il mio Amico, restaurerò questo cancello, lo farò tornare bello e tutti lo vorranno vedere!
Quanta strada doveva fare per arrivare a tanto, ma lui non era il tipo da scoraggiarsi, quindi, appena finiti gli studi, si mise in cerca di un buon fabbro che gli insegnasse il mestiere. Quello che aveva sempre desiderato fare. Quanta passione e volontà ci metteva, per imparare a forgiare il ferro, quel materiale così duro e freddo che l’uomo e il fuoco riuscivano a trasformare in oggetti, cose, opere d’arte diventando docile per chi sapeva dargli la forma desiderata.
Gli piaceva vedere tutte quelle scintille che volavano alte verso il cielo, come piccole stelle. Sì, era quello il lavoro che lo appagava di tanta fatica, perché in esso poteva esprimere, nelle varie forme, tutta la gentilezza del suo animo creativo.
Ora il lavoro era compiuto con pazienza e amore, ed era là. Eccolo il suo cancello: bello, con le formelle visibili a rilievo, senza alterare il lavoro di chi, tanti anni prima, le aveva forgiate.
Ora che l’opera era compiuta, tanti volevano vederlo, e così la voce divenne un passaparola. Ecco perché anche i suoi amici ne avevano beneficiato ed ognuno aveva trovato una nuova risorsa nella vita.
Sergio perciò era felice, perché non solo aveva mantenuto la promessa al suo Amico, ma aveva anche portato nel paese tante persone che gli tenevano compagnia, e alle quali, Lui, con il cuore in mano regalava amore.