Anna Ciorcalo. Si dedica da sempre con passione alla scrittura e alla poesia. Le piace, inoltre, ricamare e suonare al pianoforte. Partecipa al Concorso 50&Più dal 1992; nel 2000 ha ricevuto la Menzione speciale della giuria per la poesia e nel 2020 ha vinto la Farfalla d’oro per la prosa. Vive a Napoli.
Com’è bella questa parola! Quanto amore racchiude in sé, eppure quante volte noi non siamo consapevoli di essa e non la regaliamo agi altri.
Questa è una premessa per il racconto che ora scriverò, e che, per fortuna, non ho dimenticato la gratitudine verso chi è stato presente nel momento del bisogno.
Ero a Levico con mio marito per la riunione annuale che si tiene in questa bellissima cittadina, in cui si viene premiati per i lavori dei soci 50&Più.
Abbiamo trascorso giorni pieni di armonia, incontrato persone a cui faceva piacere stare insieme, scambiare pensieri, emozioni e partecipare ai lavori di pittura, scrittura, poesia e fotografia.
Abbiamo fatte delle belle passeggiate lungo le stradine della città e abbiamo osservato come ogni finestra, balcone, erano incoronati da bellissimi fiori dai colori sgargianti o tenui.
I giorni trascorrevano sereni, lieti. Ma una mattina, due giorni prima di ripartire, mi svegliai con la febbre. Mio marito pensò che fosse meglio tornare a a casa prima che potessi stare peggio. Dovevamo fare un nuovo itinerario per tornare a casa. L’albergatore fu molto premuroso e s’interessò di tutto per la nostra partenza. Chiamò un taxi, guardò l’ora in cui doveva partire il treno per riportarci indietro e ci accompagnò alla stazione. Lo salutammo ringraziandolo per tutta la cortesia usataci.
Nel treno mi appisolai cercando di capire cosa avessi veramente, ma non trovando risposta lasciai perdere e guardare dal finestrino tutto ciò che gli occhi incontravano sul percorso del treno.
Giunti a Napoli mio marito chiamò un taxi per riportarci a casa; arrivammo alle 22,30. Venne ad aprire la porta mia figlia e subito si accorse che non stavo bene. Lei che è un tipo apprensivo subito incominciò a domandare cosa avessi e cosa mi facesse male. Il padre la tranquillizzò dicendole: “la mamma è stanca, ora vedrai che con il riposo e un’aspirina tutto andrà bene”. Ma ella non lo ascoltò nemmeno e subito telefonò al dottore spiegandogli ciò che provavo e che la febbre era salita. La risposta fu sollecita: “Pronto Soccorso!”. Senza perdere tempo, mi fece rivestire e con la macchina andammo all’ospedale. Ora erano le 23,30 e vi erano altre persone al Pronto Soccorso, ma mia figlia incontrò un suo amico medico che era di turno e gli parlò di me e di cosa accusavo. Lui si interessò e con molto tatto e gentilezza, dopo la visita, disse: “la mamma si deve operare subito, ha un’ernia conficcata nell’appendice!”. Figurarsi mia figlia! Io non sapevo cosa dire, ma capii che non potevo tornare a casa, e così mi portarono nella sala operatoria.
Tutto andò bene si capisce, anche perché io sono ancora qui ed ho la gioia di scrivere ancora qualche racconto o poesia!
Tutto questo mi ha fatto pensare quanto devo alla prontezza di mia figlia: io le ho dato la vita e lei a sua volta me l’ha ridata facendomi vivere ancora tanti anni e occupandosi della famiglia e di farmi vivere ancora tanti bei momenti che la vita mi ha elargito a piene mani.
Ecco perché la parola gratitudine non deve essere solo una parola, ma farla sentire sempre verso la persona, che in un momento che poteva diventare funesto, ha riportato la gioia di vivere e ringraziare con tanto amore la caparbietà di chi per fare del bene non si preoccupa di scomodare gli altri ma di portare la serenità a chi è nel bisogno.
Ora, dopo tanti anni, ho ripensato a quei momenti così sofferti ma non ho dimenticato nel mio cuore la parola gratitudine.
Ecco perché quanto qualcuno ha un sorriso, una parola gentile per me nei momenti difficili lo ricordo con gratitudine cioè con Amore.