Anna Ciorcalo.
Si dedica da sempre con passione alla scrittura e alla poesia. Partecipa al Concorso 50&Più dal 1992; nel 2000 ha ricevuto la Menzione speciale della giuria per la poesia. Vive a Napoli.
Giudizio della Giuria
Il piccolo episodio d’una vacanza raccontato come fosse una fiaba dove lo stupore, l’emozione, l’esperienza si trasformano in conoscenza. Lo stupore per la bellezza della natura, l’ emozione per la cerva ferita, l’esperienza del suo salvataggio. E, infine, la conoscenza come dono inatteso: la stella alpina nella baita, su una punta di costone della roccia.
L’opera è interpretata e adattata da Fiorella Magrin
Michele si svegliò con uno stato d’animo pieno di uno strano presentimento, e questo lo rese un po’ nervoso, tuttavia, man mano che riusciva a mettere in fila i pensieri, si incoraggiava dicendosi: “Su svegliati, inizia la giornata al meglio, come sai fare tu!”. Con questo pensiero, saltò giù dal letto, aprì le imposte della piccola finestra della baita, e guardò fuori per vedere cosa fosse accaduto durante la notte, e come aveva previsto, la neve era caduta abbondante.
Si lavò, mise altra legna nella stufa, e dopo essersi vestito, si preparò una tazza di latte caldo. Ecco, ora era pronto ad uscire e… aperta la porta, rimase abbagliato e incantato da ciò che vedeva: il biancore della neve aveva riflessi argentei, nella semioscurità gli alberi, avevano un aspetto da giganti, ancora non si sentiva nessuna voce, nessun pigolio di uccelli, ancora regnava un silenzio assoluto. Ad un tratto, ecco che laggiù, oltre quella cima più alta della montagna, si stava schiarendo il cielo, e un timido raggio di sole percorreva le vie azzurre… poi, pian piano, ecco spuntare tutto il globo di fuoco, tutto si vestì d’oro, ogni creatura si destò e tutto si riempì di vita, di stridii, di cinguettii, di suoni strani che ogni creatura, a suo modo, esprimeva con i suoi simili.
Michele, guardava estasiato tutta quella bellezza, anche se la conosceva da sempre, per lui era un miracolo che ogni giorno sembrava nuovo, ed in cuor suo si rammaricava per quelli che non usufruivano di tanta bellezza e di tanta pace.
Mentre stava sulla porta a pensare a cosa fare, ecco che ad un tratto sente un bramito di cucciolo di cerva: un cerbiatto che faceva sentire la sua voce come un lamento, come chiedere aiuto. Michele conosceva bene la voce di quelli che abitavano il bosco, ma non aveva mai sentito una voce così lamentosa in un cerbiatto e decise di andare a vedere dov’era e perché bramiva così disperato.
Dopo aver fatto pochi passi sulla piccola radura che circondava la sua baita, s’affacciò cautamente su un crepaccio, e vide, con sua somma meraviglia un piccolo di cerva, solo, senza la sua mamma; guardò meglio, giù verso la scarpata, ed ecco che la povera cerva era scivolata più giù e non poteva risalire dal suo piccolo.
Michele non pensò nemmeno un minuto al pericolo cui andava incontro, entrò nella baita, prese la piccozza e la corda lunga e forte, si avvicinò dov’era il cerbiatto che non si mosse. Non aveva paura di quell’uomo, tutte le creature del bosco lo conoscevano e sapevano che di lui non c’era d’aver paura.
Lì vicino, per fortuna, trovò un albero cui legare la corda ben ferma, prese la piccozza, e con essa riuscì piano piano a scendere fino ad arrivare dov’era caduta la cerva. Essa non fece alcun movimento, capì che Michele era lì per lei, e lui con dolcezza la prese, se la mise sulle spalle, dopo averla ben legata, e risalì pian piano fino a dove era il suo piccolo.
Ancora non la sciolse perché il pianoro era piccolo, doveva risalire più in alto e lì sarebbe stata liberata. Appena la mise in salvo, tornò nuovamente giù a prendere quel piccolo che ancora bramiva e tremava. Pian piano lo prese, caricò anche lui sulle sue spalle larghe e forti e risalì la parete facendo attenzione a non farlo cadere. Finalmente erano tutti e tre in salvo. La cerva non finiva mai di leccare il suo piccolo sul musetto ed esso si strofinava al corpo della mamma come a cercare le sue carezze. Essa gli porse il suo petto turgido di latte ed esso si abbeverò contento, dopo aver saltellato attorno a lei.
Michele guardava quel quadretto e gli sovveniva un altro ricordo: era come quella volta che stava così male e la sua mamma non si era mossa dal suo letto fino a quando non incominciò a stare meglio, a non aver paura perché lei era lì, e il suo amore e le sue carezze lo facevano reagire e guarire.
Era felice Michele, e si domandò se quello era il presentimento che lo aveva fatto svegliare così nervoso. Ora però era sereno, guardava allontanarsi quelle bestiole felice e si sentiva in pace con sé stesso.
Il sole ora inondava di luce le cime delle montagne e tutta la valle; il freddo era meno intenso e laggiù il lago era ancora azzurro e senza ghiaccio.
Michele sorrise e si volse per entrare nella baita, ma ad un tratto, come per magia, vide che su una punta del costone di roccia dietro la sua baita era spuntata una stella alpina. Una bella candida stella! Si avvicinò, la prese con delicatezza, se la mise nel taschino e per lui fu come se il Signore gli avesse dato una medaglia per aver salvato due sue creature.