Nel 2022 in Italia le nascite hanno raggiunto i minimi storici, mentre la popolazione anziana sta aumentando. Gli ultracentenari sono triplicati negli ultimi vent’anni.
Come ogni anno, il 2 ottobre celebriamo la ‘Festa dei nonni’. Ricordarlo ci dà l’occasione di celebrare una delle funzioni sociali e famigliari che danno più soddisfazione, gioia e senso alla vita: essere nonni. Tuttavia, anche se nel 2023 gli over 65 sono il 24% dei residenti italiani e gli ultracentenari sono triplicati in vent’anni, i nonni in Italia sono sempre di meno. La spiegazione è semplice: il 2008 è stato l’ultimo anno in cui in Italia le nascite sono state superiori ai decessi e oggi per ogni bambino si contano cinque persone anziane. Sempre secondo l’Istat, nel primo quadrimestre del 2023 si è registrata una riduzione delle nascite dell’1,1% rispetto allo stesso periodo del 2022 e del 10,7% rispetto al 2019. In generale, il 2022 ha registrato “solo” 393.000 nascite, valore che non era mai sceso al di sotto di 400.000 dall’Unità d’Italia, nel 1861.
Insomma, quando ci sarebbe la possibilità di avere nonni più in salute e più a lungo, non nascono abbastanza nipoti. Eppure, la presenza dei nonni in famiglia – come abbiamo già raccontato dalle pagine della rivista esattamente un anno fa – influisce nel 70% dei casi sulla decisione di fare un figlio. I nonni, infatti, non rappresentano solo un’ancora affettiva (pensiamo al diritto di famiglia che parla del diritto dei nonni “a mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni”), ma anche un decisivo supporto economico.
Certo, rispetto ad un tempo è cambiata completamente la composizione delle famiglie e la mobilità delle nuove generazioni, che spesso rendono la presenza di potenziali nonni non disponibile nella quotidianità. Allora, quello che farebbe la differenza sarebbero politiche di welfare e azioni pubbliche nei confronti delle giovani famiglie che sostengano realmente e decisamente le giovani coppie. Perché i nonni sono indubbiamente un prezioso welfare informale, che però deve essere integrativo, non esaustivo dell’impegno pubblico.
Il fatto che si viva più a lungo e meglio è quindi certo una gran bella notizia. Ma se questa non si accompagna ad una natalità sostenuta dalle adeguate condizioni economiche e sociali la buona notizia individuale diventa poco rilevante a livello sociale. Anche perché solo nella cura degli altri la “longevity” (la lunghezza della vita) diventa “fullgevity” (la pienezza della vita) come spiega Alessia Canfarini in un bel libro che consiglio ad ogni nonna e nonno, o aspiranti tali.
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