Dieci incontri gratuiti, aperti a giovani e adulti volti a offrire un supporto a chi ha intrapreso un percorso per superare le difficoltà. Daniela Galdi, presidente dell’Associazione Italiana Chef: «Accompagniamo la terapia».
In Italia il 5% della popolazione affronta un disturbo del comportamento alimentare. Si tratta di tre milioni di persone, prevalentemente giovanissimi fra i 12 e i 25 anni ma non solo, perché negli ultimi tempi il fenomeno è in aumento anche in altre fasce di età, in prevalenza fra le donne. Le conseguenze sulla salute, se non si interviene il prima possibile, possono essere gravissime e interessano tutto l’organismo, con il rischio di cronicizzazione della situazione e, nei casi più severi, anche di mortalità.
Il 15 marzo è la Giornata nazionale del Fiocchetto Lilla, dedicata a chi soffre di anoressia, bulimia e obesità. Il simbolo del Fiocchetto Lilla ha origine in America e rappresenta la lotta ai disturbi alimentari da oltre trent’anni. In Italia la Giornata nazionale nasce nel 2012, su proposta dell’Associazione “Mi nutro di vita”, per volontà di Stefano Tavilla, in ricordo della figlia Giulia.
Per supportare le terapie mediche di chi intraprende un percorso per superare i disturbi alimentari e fare del cibo un alleato, l’Associazione Italiana Chef, nell’ambito del progetto Lifeness, ha dato vita a #Ciboamico, un percorso di dieci incontri gratuiti attualmente in corso che si rivolge a giovani e adulti, con il supporto di medici specializzati.
«Se pensiamo che nel 456 a.C. Ippocrate diceva “fa che il cibo sia la tua medicina e che la medicina sia il tuo cibo” – dice a 50&Più Daniela Galdi, presidente dell’Associazione Italiana Chef, esperta in nutrizione e ideatrice di Lifeness – proviamo ad andare un po’ indietro nel tempo, con un ritorno alla natura. Ormai tantissimi studi, dalla Harvard University in poi, confermano che l’alimentazione influisce per l’80% sulla salute dell’organismo. E l’intestino è quello che guida il nostro stato di benessere e di salute psicofisico».
Come è stato organizzato il corso?
L’idea è parte dal progetto Lifeness, nato da una costola dell’Associazione Italiana Chef, che è dedicato interamente all’educazione alimentare. Abbiamo fatto incontri con le scuole, eventi per parlare di alimentazione come prevenzione ma anche come supporto in caso di patologie esistenti. In questo caso ci rivolgiamo a coloro che hanno un momento di difficoltà, un rapporto conflittuale col cibo, facendogli capire che il controllo, perché il non mangiare è una forma di controllo, si può ottenere in un modo più sano. Il cibo non è un nemico, ma un alleato per sviluppare la propria identità, secondo i propri gusti ed esperienze. Pensiamo agli chef: se diamo gli stessi ingredienti a chef diversi, verranno fuori ricette differenti.
Come sono stati selezionati i partecipanti?
Dopo la comunicazione dell’evento, abbiamo raccolto e raccogliamo le adesioni per via telefonica allo 06. 35496189 o via mail a lifeness@associazioneitalianachef.it.
#Ciboamico si avvale anche della collaborazione di medici specialisti: può essere considerato parte di una più ampia terapia per i disturbi alimentari?
La nostra non vuole essere una terapia, piuttosto qualcosa che accompagni la terapia, per questo ci avvaliamo della collaborazione dell’Ospedale Gemelli nella persona del dottor Lucio Rinaldi, psichiatra e psicoterapeutica che si occupa di adolescenti con anoressia e bulimia. Ci affianchiamo alle terapie cercando di trovare una chiave per portare i ragazzi fuori dagli ospedali e dagli studi medici, all’interno di un bel contesto, l’Accademia di arti culinarie “Italian Chef Academy”, che è un’oasi nella natura.
Cosa si impara in questo percorso?
Oltre a cucinare, perché si impara a fare la pasta fatta in casa, il pane, la pizza, l’uovo di cioccolato in occasione della Pasqua, la cucina vegetariana, si fanno conoscere i prodotti in base alla stagionalità e ci si abitua a lavorare sui sensi, a stimolare olfatto, tatto e gusto. Ci sono anche dei momenti di confronto, dedicati al dialogo, alle confidenze, alla mindfulness. Andremo tutti al mercato a fare la spesa e l’ultimo giorno ci sarà una grande festa con un pranzo che organizzeranno i partecipanti guidati dagli chef. Quello che mi auguro è che l’esperienza diventi una sorta di ancoraggio nei momenti difficoltà.
Come si spiega l’aumento di disturbi alimentari degli ultimi anni?
Dal 2019 in poi c’è stato un aumento del 40% e si è abbassata l’età media, dai 12 ai 25 anni: purtroppo in questa fascia d’età i disturbi alimentari sono la seconda causa di morte dopo gli incidenti stradali. L’isolamento della pandemia non ha giovato a nessuno, ma anche l’utilizzo dei social ha contribuito molto. Prendiamo TikTok, esistono delle intelligenze artificiali, una si chiama Biometric Mirror, che si attivano quando i ragazzi usano i filtri. C’è un esperimento che spesso propongo nelle scuole: se ci soffermiamo per qualche frazione di secondo su un’immagine, che può essere quella di un corpo molto magro, o di qualcosa che ha a che fare con il cibo, l’applicazione tende a riproporla ogni 66 secondi. Quello che avviene è una vera e propria manipolazione.
Un disturbo alimentare, anche se in percentuale minore, può interessare anche persone adulte.
C’è qualcosa di talmente profondo dietro a questi disturbi che non conosce né età né sesso. Pensiamo al caso recente di Emanuela Perinetti, morta a 34 anni di anoressia. Si tratta di disturbi spesso ambivalenti: si pensa al non mangiare ma c’è anche il rovescio della medaglia, ossia il mangiare troppo, altrettanto grave. Chi non mangia a volte ha momenti di bulimia, di grandi abbuffate, spesso i due estremi sono correlati, e comunque si tratta sempre di un rapporto tutt’altro che sano col cibo. Il corpo ha bisogno di tutto, ma le parole d’ordine dovrebbero essere equilibrio, moderazione e varietà. Su questo si basa tutta l’alimentazione.
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