Telefonate, WhatsApp o e-mail fuori dall’orario di lavoro o persino nel fine settimana. Capita spesso? Ai dipendenti finlandesi sì, agli italiani un po’ meno. Si potrebbe dire che è tutta colpa dello smart working, del telelavoro, del lavoro flessibile – che dir si voglia – maggiormente impiegato in quest’epoca di pandemia. E invece no. Accadeva già prima e probabilmente la situazione di questi tempi si è aggravata. Ma, intanto, ecco chi sono i lavoratori più “tartassati” fuori orario di lavoro e nel tempo libero.
In Europa va peggio ai finlandesi
I dati arrivano da Eurostat, l’Ufficio statistico dell’Unione europea, elaborati nel 2019 a seguito di un’indagine sull’organizzazione del lavoro e gli orari di lavoro nei Paesi Membri. L’analisi ha interessato un campione molto ampio della popolazione che va dai 15 ai 74 anni. In questa cornice intergenerazionale è emerso che quasi un lavoratore su 5 (il 17%) è stato contattato più volte durante il tempo libero, e uno su 10 ha dovuto anche eseguire una qualche azione. Le quote più elevate degli occupati contattati più volte nel tempo libero si sono registrate nel settore immobiliare (18%), informazione e comunicazione (15%) e attività professionali, scientifiche e tecniche, amministrative e attività di servizi di supporto (14%).
Riguardo invece i Paesi, è la Finlandia a guidare la classifica: ben il 23% degli occupati ha dichiarato di dover sopperire molto spesso a delle richieste di lavoro nel tempo libero, segue l’Olanda (18%), la Svezia (16%), Portogallo e Lussemburgo (14%). E l’Italia? Si classifica poco al di sotto della media Ue che è del 10%.
Una nota particolare la merita la Francia, l’unico Paese nell’Ue aver introdotto a livello nazionale il “diritto alla disconnessione” con la Loi du Travail del 2016. Infatti, la legge prevede espressamente che al dipendente non possano essere inviate e-mail, comunicazioni, messaggi o telefonate al di fuori dell’orario di lavoro. Nonostante ciò, i contatti tra datore di lavoro e dipendenti oltre l’orario di lavoro stabilito persistono, benché di poco superiori alle media europea. In Italia, invece, il “diritto alla disconnessione” è gestito più che altro a livello di contrattazione aziendale.
Gli uomini più delle donne
In tutte le attività economiche e le professioni sono stati soprattutto gli uomini, molto meno le donne, ad essere contattati dal proprio datore di lavoro nel tempo libero e per un’azione di richiesta diretta. Va peggio per gli occupati con un ruolo dirigenziale e qui l’età ha il suo peso. Almeno per quanto riguarda l’Italia, visto che l’età media dei dirigenti nel nostro Paese è intorno ai 50 anni. Ebbene, nel nostro caso un dirigente su tre è spesso contattato nel tempo libero per ragioni di lavoro e nella stragrande maggioranza dei casi ha dovuto eseguire una qualche attività.
Quando le richieste impreviste cambiano l’orario
Nella stragrande maggioranza dei casi l’orario di lavoro è stabilito dal datore di lavoro, i dipendenti sono bene poco coinvolti. Inoltre, capita anche che l’orario cambi secondo richieste impreviste almeno una volta a settimana. Succede a un lavoratore su 5. Soprattutto in Lussemburgo (37%), Finlandia (31%), Francia, Austria e Slovenia (27%) e anche in Italia (26%).
Cosa accade, invece, se si ha bisogno di permessi o ferie impreviste? Su questo fronte le cose vanno meglio. Qualche ora di permesso o un paio di giorni di libertà dal lavoro con poco preavviso non rappresentano un problema per quasi 7 lavoratori su 10, per il restante è “molto o abbastanza difficile”.
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