Donne ottantenni e vedove, qualche raro uomo più o meno della stessa età. Questo il ritratto degli abitanti “illegali” di Chernobyl, evacuati con le loro famiglie all’indomani del disastro nucleare del 26 aprile 1986 e successivamente tornati nelle loro case.
Quel lontano giorno di aprile un incendio nel quarto reattore della centrale nucleare rilascia una quantità di radiazioni elevatissima: almeno 100 volte di più rispetto alle bombe atomiche sganciate su Hiroshima e Nagasaki.
La città di Pripiyat, la più vicina alla zona dello scoppio, diventa in breve tempo una città fantasma. Ancora oggi, vivere qui è proibito.
L’abbandono spaventa più delle radiazioni di Chernobyl
Il governo ucraino riconosce che la terra, qui, continua ad essere contaminata dall’effetto delle radiazioni. Nonostante ciò, centinaia di persone, principalmente anziani, sono rimaste.
Dopo i primi tentativi di allontanarli, le autorità si sono rassegnate alla loro presenza e, di tanto in tanto, lasciano passare anche dei beni destinati a loro.
Si tratta di contadini, gente che conduce una vita frugale, in vecchie abitazioni di legno fatiscente. Convivono con la fauna selvatica e trovano cibo nei boschi, coltivano i campi e bevono un’acqua ancora contaminata.
Mantengono legami tra loro, sfidando la solitudine e gli acciacchi dell’età. Nessun posto al mondo potrebbe essere più sicuro del loro vecchio casolare.
La decisione di non andarsene nelle parole dei sopravvissuti
«Mio marito ha visto un lampo luminoso mentre lavorava in cima a una gru. Lì per lì non gli ha prestato molta attenzione, perché lampi come quello erano molto frequenti, però più tardi ha sentito un bruciore in gola. La mattina dopo i dottori sono venuti a misurare il livello di radiazione della tiroide, che era altissimo».
Così, Valentina Kukharenko racconta l’incidente nucleare più grave mai accaduto nella storia.
Valentina oggi ha 82 anni. Ha deciso di non lasciare la sua abitazione che si trova all’interno della cosiddetta “zona di alienazione”, un’area compresa nel raggio di 30 km dal sito dell’ex-centrale nucleare di Chernobyl, la più colpita dal disastro. Una spettrale zona morta.
Il professor Sergey Zibtsev, esperto di scienze ambientali dell’Università dell’Ucraina, avverte: «Le persone sono esposte ancora pesantemente alle radiazioni, anche al di fuori della zona di alienazione. Soprattutto gli abitanti dei villaggi più interni, quasi tutti anziani, sono a rischio».
Evgeny Markevich, che di anni ne ha 82, vive nel perimetro della zona rossa, ma è convinto che nulla possa minacciare la sua salute. Per la nostalgia di casa, dopo l’evacuazione ha deciso di tornare. «Il corpo umano si adatta e poi ogni cosa appare normale. Ormai sono passati 34 anni. Il tempo cura tutto», afferma convinto.
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