Il Coronavirus ha stravolto le priorità di cura e prevenzione degli italiani. Un po’ per fare fronte all’emergenza nelle strutture sanitarie, un po’ per il timore degli stessi pazienti di contrarre il virus, gli ospedali hanno finito con il ridurre (se non con il rimandare a data da destinarsi) terapie e visite.
Il contesto richiedeva cambiamenti immediati e, per fare questo, qualsiasi altra cosa è stata marginalizzata. Ma ora, superata (almeno si spera) la criticità, appare chiaro che la scarsa attenzione alle patologie croniche ha generato un grande danno. Senza contare il timore di infettarsi delle stesse persone, che si sono ben guardate dal recarsi in ospedale per farsi visitare.
Coronavirus e prevenzione cardiovascolare
Così è successo, ad esempio, nella prevenzione delle malattie cardiovascolari: in molti hanno finito per non recarsi in ospedale anche se con problemi cardiaci. Per questo, dallo scoppio dell’epidemia, la mortalità per infarto acuto è quasi triplicata. Lo dice uno studio del Centro Cardiologico Monzino che ha misurato l’impatto della paura dell’infezione sull’assistenza alle persone con tali patologie.
Una lezione da cui imparare
Il segreto ora è fare tesoro dell’esperienza Covid. È l’unico modo per modificare l’attuale gestione dei pazienti. I dati sulla pandemia dimostrano infatti che il rischio maggiore di ricovero e mortalità si lega proprio all’interazione tra virus e popolazione più debole. E quest’ultima include anziani, diabetici, cardiopatici.
Alla luce di tutto questo, se le malattie cardiovascolari restano la prima causa di mortalità nel mondo, allora prevenirle è vitale. C’è già chi sta pensando a come diventerà il nostro modo di fare prevenzione d’ora in avanti: è Eamon Y. Duffy del dipartimento di Medicina Interna della Johns Hopkins University di Baltimora, che ha pubblicato sulla rivista Circulation un’analisi del problema valutando proprio i cambiamenti dovuti alla pandemia.
Stare a casa è stato utile, ma ha aumentato i problemi
Il primo punto considerato da Eamon Y. Duffy è che lo stare chiusi in casa ed il distanziamento sociale – per quanto utili – hanno ridotto enormemente l’attività fisica dei pazienti. C’è quindi la necessità di far capire ai pazienti alcune cose: quanto è importante fare sport anche tra le mura di casa; devono assumere una dieta sana e con poche calorie; devono impegnarsi nello smettere di fumare.
La tecnologia per fare un check-up al cuore
Con la tecnologia i pazienti potranno essere seguiti a domicilio. Ma i cardiologi dovranno aumentare l’impiego della telemedicina, monitorando a distanza l’attività fisica, la dieta e l’osservanza della terapia. Strumenti e tecnologie ci sono.
Sarà possibile così fare un check-up al cuore, anche se a distanza, ottenere immagini, monitorare le aritmie e la pressione. E sempre a distanza si potranno effettuare elettrocardiogrammi in pazienti ischemici o aritmici. In chi soffre di scompenso si potrà monitorare la quantità di liquidi introdotti ed eliminati nonché la pressione nelle camere cardiache.
I vantaggi di un check-up da remoto per il cuore
Tutti questi strumenti consentiranno due cose: seguire meglio il percorso dei pazienti e ridurre la spesa sanitaria. Da parte loro, i pazienti dovranno stare più attenti al loro stile di vita e imparare l’uso delle nuove tecnologie. Questo periodo ci impone di affrontare grandi cambiamenti, ma – come sempre – le crisi portano nuove opportunità ed innovazioni.
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