Percorsi di crescita personale per prevenire la violenza e promuovere relazioni più sane l’idea di un’associazione torinese sta rivoluzionando il concetto di mascolinità. Ecco come
Quando gli uomini si parlano, e parlano di disagio maschile, si sta già lavorando alla prevenzione contro la violenza sulle donne e in famiglia. Se ne sono resi conto oltre vent’anni fa i fondatori dell’associazione Cerchio degli Uomini, nata nel 2004 a Torino, quando «hanno scoperto che costruire un cerchio di condivisione consentiva ai maschi di uscire da una dimensione superficiale di comunicazione, ed entrare in un territorio in cui poter condividere emozioni», racconta Andrea Santoro, presidente dell’associazione ed esperto nella conduzione di gruppi di condivisione e incontri sulle tematiche del bullismo, della paternità e della parità di genere.
Scardinare gli stereotipi, quelli legati a un’idea di maschilità tossica, è il lavoro che portano avanti gli operatori ed esperti dell’associazione con i gruppi dei cerchi di condivisione, con il centro d’ascolto, cui accedono anche uomini maltrattanti con pendenze giudiziarie, e con gli incontri nelle scuole dedicati alle nuove generazioni. Spazi in cui spesso gli uomini prendono atto dei loro comportamenti violenti (“Si tratta di prevaricazione, non le permetti più di agire. In quei momenti pensi solo a non essere sottomesso”, racconta uno dei protagonisti del documentario Nel cerchio degli uomini, visibile su RaiPlay) e scoprono che aprendosi agli altri si esce da una dimensione di solitudine. «La solitudine è uno stereotipo micidiale. Molti uomini pensano: “se non sei capace di cavartela da solo quando sei nei guai, allora non sei un vero uomo”. E questo provoca storie di sofferenza prima personali, poi familiari – dice Andrea Santoro -. Invece, aprirsi, chiedere aiuto e cercare percorsi trasformativi potrebbe essere quel volano positivo che fa bene, agli uomini e alle loro famiglie».
Un’opportunità di cambiamento, che qui si sperimenta anche con la pratica del teatro o della meditazione, e che in alcune attività prevede il coinvolgimento della partner. Come nei percorsi dedicati alla paternità e all’allattamento. «La paternità è un tema così importante che non c’è un ambito nei nostri lavori che non sia crocevia di dibattito sia nelle scuole, sia nei primi mille giorni (della paternità, ndr), sia nei casi di codice rosso per violenza maschile – prosegue Andrea -. Incontrando questo argomento, noi cerchiamo di renderlo un motore di evoluzione per gli uomini. E spesso ci riusciamo. Per fortuna le nuove generazioni fanno ben sperare». Un impegno, un attivismo, reso possibile anche dalla rete di associazioni, centri antiviolenza e istituzioni locali che promuovono azioni a sostegno del disagio maschile e della paternità. Come il progetto europeo “4e-parent”, coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità, al quale partecipa l’associazione Cerchio degli Uomini, insieme ad altri centri e gruppi presenti in tutta Italia. Il progetto promuove una paternità partecipe, fatta di condivisione nell’accudimento dei figli fin dalla nascita, possibile solo garantendo ai padri lavoratori un “congedo paritario” con parità di trattamento economico e tutele sul lavoro, che al momento, in Italia, non è stato attuato.
Un tempo e una cura da dedicare ai figli, e all’aiuto alle donne, che coinvolge anche la fase dell’allattamento. “Come siamo, come uomini, accanto alle nostre compagne che allattano? – chiede idealmente Andrea Santoro, che con il Cerchio degli Uomini è impegnato anche nella promozione dell’allattamento rivolto ai papà -. Come possiamo sostenerle, senza finire in quella solita mentalità in cui ‘io so cosa devi fare’?”.
«La paternità è l’esperienza più trasformativa che ci può essere. Ci sono uomini con denunce per maltrattamenti che trovano la forza di lavorare su sé stessi, spinti dalla speranza di ricostruire la relazione con figlie e figli su basi diverse. Ma la paternità non è solo biologica: si può essere padri adottivi, essere punto di riferimento per un bambino del condominio o al giardinetto. Le mascolinità accudenti rappresentano un orizzonte, una speranza per noi. Quella che l’uomo abbracci il percorso trasformativo, praticando la cura. Nell’ottica della prevenzione, l’impegno si estende ai ragazzi delle scuole superiori a cui si rivolgono incontri e laboratori organizzati dell’associazione per ragionare sugli stereotipi di genere, sul concetto di consenso e di relazioni sane o tossiche. Partendo da casi di bullismo, per arrivare a chiedersi se “quello che sto facendo può creare problemi”», aggiunge Andrea Santoro.
Esperienze che puntano a costruire una società con pari diritti e pari dignità, in cui gli uomini colgano l’opportunità del cambiamento “perché questa decisione va nella direzione della felicità”. «La violenza è un fenomeno culturale ed è una scelta. Molti uomini sono contenti di un cambiamento, alcuni invece hanno bisogno di scontrarsi su questo. Noi cerchiamo di aiutarli ad accorgersi di questa opportunità. La questione è strutturale, culturale, ed è questo il cambiamento a cui possiamo lavorare tutti», chiosa Andrea.
(Fonte 50&Più rivista)
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