Lo scrittore ligure, tra i massimi della nostra letteratura del XX secolo, è ancora attualissimo. Sia per la lussureggiante inventiva, sia per l’attenta sperimentazione, sia per l’incrocio tra reale e fantastico. La mostra a Roma, presso le Scuderie del Quirinale.
Mentre affrontiamo questi faticosi anni Duemila, non può non venirci in mente la lezione di Italo Calvino. Anzi, più esattamente le sei Lezioni americane che stava completando quando, nel 1985, morì a Siena, colpito da un ictus. Gli erano state richieste dall’università di Harvard, la più prestigiosa del mondo insieme a quella di Yale, quali Norton Poetry Lectures di quell’anno accademico. Queste conferenze della facoltà di poesia, in quasi sessant’anni, avevano avuto relatori invitati illustri come T.S. Eliot, Stravinskij, Wilder, Borges, ma mai nessun italiano. In seguito solo Umberto Eco nel 1992/93 (che si ispirò a Calvino per le sue Sei passeggiate nei boschi narrativi) e Luciano Berio l’anno successivo ebbero questo onore.
Sei “lezioni” per capire gli anni 2000
Calvino scelse come tema proprio il nuovo millennio, decidendo di dedicare ciascuna proposta a una parola chiave che ipotizzava ne avrebbe ispirata la letteratura. E la vita vissuta. “Leggerezza”, “rapidità”, “esattezza”, “visibilità”, “molteplicità” e “coerenza” (che non riuscì a scrivere) definiscono appieno il secolo dei computer e dell’intelligenza artificiale. Dall’affrontare la realtà in maniera indiretta e quasi aleatoria – come fece in quasi tutte le sue opere – alla necessità di avere degli scopi immediati, ovvero senza mediazioni, dall’errore come stimolo ad andare oltre al trionfo dell’apparenza, dal labirinto delle identità possibili alla consistenza del pensiero e dell’azione. Un vademecum per l’oggi scritto quasi cinquant’anni fa.
Di Italo Calvino, uno degli scrittori italiani più significativi del XX secolo, ricorre quest’anno il centenario della nascita, avvenuta a Santiago de Las Vegas (sull’isola di Cuba) il 15 ottobre 1923. Principale tra le celebrazioni è la mostra Favoloso Calvino. Il mondo come opera d’arte: Carpaccio, de Chirico, Gnoli, Melotti e gli altri, che ha aperto alle Scuderie del Quirinale di Roma il 13 ottobre, un paio di giorni prima dello scoccare del secolo di vita del grande scrittore. Oltre 200 opere per illustrare il percorso dello scrittore, dall’infanzia sanremese alla guerra partigiana, dal periodo romano alla permanenza parigina, dal successo anche internazionale al rapporto con la scienza, soprattutto alla prolifica produzione letteraria. Oltre a molte prime edizioni, disegni e illustrazioni dei suoi libri, a documenti e fotografie, si possono ammirare codici miniati medievali, arazzi, quadri rinascimentali da cui Calvino prese ispirazione per sviluppare le sue narrazioni oppure che a esse possono accostarsi.
Uno scrittore ci parla di Calvino
Ci dice Claudio Piersanti, scrittore (ultimi suoi romanzi Quel maledetto Vronskij, finalista al premio Strega 2022, e Ogni rancore è spento) e per anni direttore de La rivista dei libri. « Non ho conosciuto personalmente Calvino, non l’ho mai incontrato, però l’ho letto tutto. Posso testimoniare due cose. La prima è che riusciva, e riesce ancora, a stuzzicare la fantasia dei ragazzi, tutti. Io l’ho letto con loro anche negli istituti tecnici più improbabili, riscontrando grande attenzione. La seconda è che il suo incrocio tra reale e fantastico, il suo leggere il reale come fosse fantastico e viceversa, è un valore che nella nostra letteratura è rimasto. Non va accettato che venga schiacciato nel mondo della fiaba, non credo abbia scritto fiabe, piuttosto degli apologhi, anche con uno sfondo filosofico. Sempre con grande leggerezza, con quella capacità di affabulazione che era il suo grande dono. E che ha preso le più diverse direzioni. Anche strane, come in Se una notte d’inverno un viaggiatore che entrava in una logica post-surrealista che non ho amato, perché mi è sembrato andasse verso il saggio. Il che poi è successo con le bellissime Lezioni americane, l’opera più importante della sua ultima stagione».
«Calvino non è invecchiato»
Piersanti continua. «Come scrittore ricordo soprattutto quello delle origini. Mi sembra esprima la sua parte più autentica, che ha avuto una diffusione internazionale. L’ha fatto diventare uno dei due, tre scrittori italiani di sempre tradotti in tutto il mondo. E questo non è un caso. Ho riletto recentemente alcuni testi giovanili di Calvino e non sono affatto invecchiati. È la prova del nove. Vale anche per i film, che, come diceva Flaiano, “nel giro di tre-quattro anni diventano vecchissimi e quasi inguardabili”. Succede questa cosa misteriosa: il presente è ingannevole ma il tempo è implacabile».
I libri da leggere di Italo Calvino
In effetti tra i libri, numerosi eclettici incatalogabili, di Calvino va senz’altro letto il suo romanzo d’esordio Il sentiero dei nidi di ragno, che narra la Resistenza attraverso gli occhi di un bambino. Cui andrebbero affiancati almeno Il barone rampante, storia di Cosimo Piovasco di Rondò che a 12 anni decide di vivere la propria vita sugli alberi, senza mai toccare il suolo, Gli amori difficili, 15 novelle sulle difficoltà dell’amore e della comunicazione tra esseri umani, e Le città invisibili, rilettura de Il milione di Marco Polo in forma di descrizione di 55 città dal nome di donna. Infine ci piace suggerire ancora, oltre alle immancabili Lezioni americane, Marcovaldo ovvero Le stagioni in città, i racconti de Le cosmicomiche e i saggi di Perché leggere i classici.
La pura narratività di Italo Calvino si combinò sempre con uno spirito sperimentale, ispirativo e linguistico. Il suo intento fu di vedere nella letteratura una testimonianza della conoscenza – da questo il non raro confrontarsi con la scienza – e insieme il senso di un’esperienza totale, che sapesse far convivere il reale e il fantastico. Con sempre una patina di pessimismo, ben sintetizzata dalla frase di chiusura della “cosmocomica” Figlie della luna: «la vita è adesso che comincia, eppure è chiaro che quel che desideriamo non lo avremo».
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