L’88,7% degli italiani considera la connettività a Internet un diritto al pari della tutela della salute o della previdenza. 9 cittadini su 10 sono connessi tra rete fissa e mobile.
Il terzo Rapporto Censis “Vivere e valutare la digital life”, realizzato in collaborazione con Wind Tre, ha analizzato la percezione e l’impatto delle tecnologie digitali sulla salute, le abitudini di lavoro e le dinamiche di fruizione dei servizi.
Le tipologie di connessioni e la gratuità di Internet
Il 75,9% degli intervistati ha sia una connessione fissa che una mobile, il 14,4% solo quella mobile e il 9,7% solo fissa. Il mobile è in crescita soprattutto fra i giovani, tra i quali l’utilizzo esclusivo sale al 22%.
L’80,8% del campione sostiene che l’accesso a Internet dovrebbe essere gratuito o almeno che i costi dovrebbero essere in parte coperti. Una compartecipazione economica che ci si aspetta da parte dei grandi generatori di dati come Google, Meta e altri provider.
Italiani connessi: percezione dei rischi della rete
C’è poi la valutazione dei rischi insita nell’uso delle tecnologie. Il primo rischio percepito dal 46,2% dei rispondenti è quello di restare vittima di crimini informatici durante le attività online. Che si tratti di lavoro, shopping, operazioni bancarie. C’è anche chi si preoccupa dell’accesso senza controlli dei minori (22,2%), degli haters (14,2%), della dipendenza digitale (12,1%).
In generale, gli italiani di ogni gruppo sociale ritengono le tecnologie un’opportunità più che una minaccia (67,4%). Tra questi, però, ne sono più convinti i laureati e coloro che percepiscono un alto reddito, meno convinti gli anziani. Le preoccupazioni sono motivate dall’eventualità di un uso negativo che possa esercitare un controllo sugli orientamenti politici, sulla limitazione dei diritti, sulla salute.
Riguardo l’Intelligenza Artificiale, solo il 46,3% la considera un’opportunità, il 37,6% una minaccia e il 16,1% dichiara di non sapere di cosa si tratti. Fra gli over 65 chi la valuta come una minaccia sale al 50%, mentre la quota di chi non la conosce sale tra chi ha bassi titoli di studio e chi risiede al Sud e nelle Isole.
Il welfare digitale
Se il welfare dovrebbe garantire un’equa distribuzione del benessere, il welfare digitale dovrebbe prevedere un equo accesso a Internet e competenze appropriate per l’utilizzo e la comprensione di eventuali minacce. L’Italia, dopo Israele, ha il più basso costo medio per un gigabyte di dati su rete mobile. La riduzione del costo è stata progressiva e negli ultimi anni ha sempre di più facilitato l’accessibilità per tutti i gruppi sociali, nonostante l’inflazione. In pratica, nel nostro paese, il welfare digitale è stato garantito dal mercato e dagli operatori privati. Di contro, però, minori margini significano meno risorse da investire, con un rallentamento dell’innovazione e un maggiore rischio di dipendenza economica e industriale da altri paesi.
Informazione e fake news sulle nuove tecnologie
Rimane forte, comunque, la volontà degli italiani di informarsi usufruendo delle nuove tecnologie. Il 79,9% ritiene che sul tema siano diffuse anche molte fake news. Lo pensano in particolare i senior nel 93,4% dei casi. Lo sviluppo di una comunicazione scientifica è quindi essenziale, secondo il Censis, per una corretta valutazione dei cittadini che senza una conoscenza adeguata rischiano di essere tagliati fuori dai dibattito pubblici a causa della diffidenza. Ma il rischio è anche quello di diventare preda di tesi pseudoscientifiche ritenute plausibili.
Italiani connessi verso il superamento del divario digitale
Alla luce di queste ultime rilevazioni, è bene ricordare come le prime fasi della digitalizzazione siano state connotate dal divario digitale che ha penalizzato interi gruppi sociali – in particolare i senior e le persone con un basso livello di istruzione – finché la diffusione dei device digitali non ha portato ad un’alfabetizzazione di massa, sancita definitivamente dal periodo della pandemia.
La moratoria sull’Intelligenza Artificiale
Ora siamo di fronte ad un’ulteriore evoluzione con l’arrivo di tecnologie capaci di modificare in profondità studio, lavoro, svago, accesso alla conoscenza. Nel dibattito sull’Intelligenza Artificiale è entrata la richiesta di centinaia di ricercatori di imporre una moratoria di sei mesi sulla relativa ricerca, in attesa di trovare modalità di gestione etiche circa gli utilizzi della tecnologia. Il 61,6% degli italiani si è dichiarato d’accordo con la moratoria e ritiene opportuno un periodo di stop alle ricerche; il 20,8% è contrario, mentre il 17,6% non è in grado di esprimere un’opinione in merito. Gli over 65 sono favorevoli per l’83,1%, gli adulti per il 56,6% e i giovani per il 44,5%. Rispetto al livello di istruzione, i più favorevoli sono coloro che hanno un basso titolo di studio (71,4%). Il dibattito sulla moratoria apre una riflessione sulla necessità di leggi per evitare che lo sviluppo delle tecnologie digitali metta a disposizione strumenti potenti per fini sbagliati: l’81,6% dei cittadini pensa che siano necessarie nuove regole di utilizzo, e solo l’8,4% è contrario, mentre il 10% dichiara di non avere un’opinione in merito.
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