Lo scorso dicembre la sanità digitale in Italia ha voltato pagina. C’è voluto il Covid, ma alla fine l’ultima Conferenza Stato-Regione ha dato il via libera alle Indicazioni nazionali per l’erogazione di prestazioni in telemedicina.
Sei anni dopo l’approvazione delle Linee guida nazionali, siamo ad una svolta. Sino ad ora, infatti, le sanità regionali si sono mosse tutte in modo sparso. Alcune hanno messo a disposizione e hanno rimborsato servizi in telemedicina, altre semplicemente non lo hanno fatto.
Rispetto alle Linee guida del 2014 adesso però sono state definite le prestazioni. Così come le responsabilità sanitarie e quelle sul trattamento dei dati personali. Appare più chiaro il ruolo dei sanitari, quello dei tecnologi e delle organizzazioni sanitarie. E più chiare sono anche le procedure amministrative, le tariffe e l’organizzazione dei servizi.
La pandemia ha accelerato i tempi
Il Covid ha impresso un’incredibile accelerazione alla medicina a distanza. C’è voluta una pandemia per ripensare il Servizio Sanitario Nazionale.
Sono cinque al momento le tipologie di medicina a distanza disponibili. Sono state scelte partendo da quelle maggiormente praticate nei primi mesi di emergenza sanitaria. Si tratta di: televisita con medico e paziente collegati a distanza; teleconsulto tra medici; teleconsulenza tra medico e sanitario o tra sanitari; teleassistenza delle professioni sanitarie (infermiere/fisioterapista/logopedista/etc.) verso il paziente; telerefertazione delle prestazioni e degli esami da remoto.
Medici e pazienti: chi fa cosa
La prestazione in telemedicina è un atto medico a tutti gli effetti. Perciò, a prescriverle sarà sempre il medico, specialista o di famiglia, indicando la modalità di erogazione in telemedicina. Il medico specialista dovrà anche effettuarne la prenotazione tramite Cup, il Centro unico di prenotazione.
Dal canto loro, i pazienti possono richiedere una prestazione in telemedicina, ma non pretenderla. Tale modalità, infatti, non rientra ancora nei cosiddetti Livelli Essenziali di Assistenza (Lea). Resta loro la possibilità di rifiutare la visita a distanza e di optare magari per quella tradizionale.
Per attivare il servizio di telemedicina serve ovviamente l’adesione preventiva del paziente (o di un familiare che lo tutela). Questo perché bisogna confermare di possedere un dispositivo adatto – cellulare, pc o tablet – che rispetti alcune specifiche tecniche e le normative in materia di privacy e sicurezza.
Il paziente ha il diritto di essere informato in modo preciso dell’intero procedimento. Se poi non possiede un mezzo informatico, è prevista l’eventualità che la televisita avvenga presso strutture adeguatamente fornite di Asl, farmacie o studi di medici di medicina generale. Ferma restando anche la possibilità che, durante la visita, il paziente si faccia assistere da un caregiver.
I costi? Sono equiparati a quelli di una visita ambulatoriale tradizionale. Quindi, è sottoposta al pagamento del ticket e al rimborso della tariffa alle Regioni.
Quando è possibile la prestazione in telemedicina
Restano comunque di vitale importanza alcuni aspetti etici. Le prestazioni in telemedicina, ad esempio, non si possono utilizzare se il medico non può eseguire a distanza tutte le azioni opportune per il paziente al momento della visita.
Inoltre, la televisita non può sostituire la prima visita in presenza e non può diventare il mezzo esclusivo attraverso cui svolgere il rapporto medico-paziente.
Quando si può proporre allora? Lo si può fare solo con pazienti che hanno una particolare situazione. Ad esempio, se hanno già una diagnosi, se sono sono già stati presi in carico in un Pai (Piano di assistenza individuale) o in un Pdta (Percorso diagnostico terapeutico assistenziale). Oppure se risultano inseriti in un percorso di follow-up, cioè devono essere seguiti assiduamente per una patologia rilevata. Ma si può richiedere anche nei seguenti casi: se la patologia da cui sono affetti ha bisogno di controllo e monitoraggio della terapia; se c’è bisogno di una valutazione anamnestica per prescrivere esami diagnostici o valutare lo stadio di sviluppo di una patologia nota; se il medico ha necessità di una verifica degli esami effettuati.
© Riproduzione riservata