Angelo Cavalli.
Partecipa al Concorso 50&Più per la prima volta. Vive a Vicenza.
Correva l’anno 1960, frequentavo la quarta geometri ed ero molto impegnato ad allenarmi in atletica dove ottenevo buoni risultati, con soddisfazione mia e di nessun altro: il disinteresse da parte dei famigliari era totale.
Ero campione dell’Istituto Fusinieri e godevo di grande popolarità tra le ragazze di ragioneria. Alle festicciole facevo il pieno di giovani fanciulle, con soddisfazione mia e dei compagni. A scuola mi divertivo, nel senso che ne combinavo di tutti i colori. Di conseguenza, a fine anno mi affibbiarono quattro materie da portare a settembre.
Nel frattempo, per tagliare l’aria e sfuggire al mortorio io e l’amico di classe Mari, che aveva una villetta a disposizione, organizziamo una festicciola open con il solito metodo di rastrellamento. Il padre di Mari era uccel di bosco: una pacchia, per noi. Verso la conclusione della festina, poiché la fauna femminile andava diradandosi, decido di guardarmi attorno per non restare inattivo. In fondo alla sala vedo una biondina seduta su un divano, stretta in mezzo a tre giovani liceali che a turno la corteggiavano decantando frasi auliche estratte a caso dal bagaglio della loro cultura scolastica. La fanciulla indossava un vestitino di velluto rosso che definiva perfettamente la sua figura e l’eleganza del suo portamento. I capelli biondi e lisci mettevano in risalto la dolcezza del viso e i grandi occhi, un po’ malinconici.
La ragazza stava al gioco ma appariva chiaramente annoiata da quella conversazione sterile e poco appagante. Decido di prendere l’iniziativa: mi fermo di fronte a lei e senza indugi o preamboli la invito a ballare con il sottoscritto. Eureka! In un attimo stiamo già ballando un motivo di quegli anni, Il cielo in una stanza, cantato da Mina. La creatura, tolta dalle sgrinfie dei tre letterati, sembra del tutto a suo agio e inizia a dialogare con me. Parla un italiano impeccabile, quasi forbito, tanto che mi viene da chiederle: “Fai il liceo?”. Domanda un po’ da pirla, lo ammetto.
Dopo il primo ballo, destinato a restare l’emblema del nostro incontro, ci prendiamo entrambi gusto e non lasciamo la pista. Le ore passano in fretta. Alla fine ci salutiamo sorridendo, con la promessa di rivederci. Prima di accomiatarmi, la bacio d’impulso dietro l’orecchio.
Allora noi ragazzi eravamo alla continua ricerca di nuove fonti di divertimento. Una nuova festicciola tra amiconi viene organizzata. La carenza di ragazze era preoccupante. Con l’aiuto di qualche volonteroso riesco a mettere insieme un discreto gruppo. Tre settimane erano trascorse dall’ultimo festino e tuttavia mi sovvenne il ricordo della bella e gradevole biondina, di cui non mi ero procurato il numero di telefono.
Mi diedi da fare per procurarmelo. Non fu semplice, ma finalmente la agganciai. La biondina, dall’apparenza arrendevole, si rivelò un tipino difficile da convincere. Alla fine la spuntai e andammo insieme alla festa. Forse quel bacio furtivo e innocente aveva lasciato il segno?
Durante tutta la serata non ci staccammo un attimo e qualcosa di bello e nuovo scattò in me. Presi coraggio e le chiesi: “Vuoi diventare la mia ragazza?”. Attimi di ansia. Ma quando il viso di lei si illuminò di consenso, fu come se il famoso cielo fosse entrato nella stanza dove ci trovavamo. Edda era la mia ragazza. Una sensazione bellissima, che mi emoziona ancora oggi, ricordandola. Avevo trovato la mia anima gemella senza nemmeno doverla cercare. Era l’8 ottobre 1960.
Ci siamo sposati il 18 luglio 1964.
Oggi, 18 luglio 2019, festeggiamo i 55 anni di matrimonio assieme ai nostri figli. Sarà una bella festa. E chissà che cosa risponderà mia moglie quando le chiederò di diventare la mia ragazza.