L’estate è finita, con l’aria fresca di settembre ricominciano le scuole e anche per me, che la scuola me la ricordo a malapena, il ritorno dell’autunno coincide, inconsciamente, con i buoni proponimenti del bravo studente: dopo le vacanze, si ricomincia a studiare, e cercando di far meglio dell’anno prima.
La nostra vita di Grandi Adulti non concede scadenze formative: niente esami di maturità, bocciature, nessuno che ci rimandi a settembre, niente pagelle. Dobbiamo arrangiarci da soli. Disciplinarci, esaminarci, darci i voti.
Io lo faccio: ogni anno, quando sboccia l’autunno, mi metto svelta svelta a studiare, come se dovessi recuperare, dopo un’estate da cicala, tutta la mia saggezza di formica.
Questa volta, tornata con l’anima “in città”, ho pensato di lavorare ad una sorta di “Carta dei desideri” da proporre alle donne della mia età, un po’ più piccole, un po’ più grandi, ma, come me, alle prese con il terzo tempo della vita. Perché le donne? Perché mi sembrano – ne abbiamo già parlato – più spesso degli uomini, oggetto dello strisciante razzismo antietà.
Si tratta, mi sono detta, di segnalare quello che mi ferisce e quello che desidero, quello che mi pare giusto e quello che mi pare sbagliato, gli obbiettivi verso cui convergono tante nostre battaglie per la pari dignità.
Ecco, ve lo propongo così come l’ho scritto. Fatemi sapere se siete d’accordo, punto per punto. Desiderio per desiderio.
IO DESIDERO:
1. Non essere discriminata in quanto non più giovane. Gli esseri umani non perdono di valore con il trascorrere del tempo come l’insalata che prima è sul banco dell’ortolano, pronta per essere consumata, e poi nella pattumiera, in quanto inadatta al consumo.
2. Non essere costretta a comportamenti, abbigliamento, linguaggio, ruoli, relazioni, adatti, secondo il sentir comune, all’età avanzata.
3. Non essere criticata o ridicolizzata se non mi attengo al copione previsto per “le anziane”.
4. Essere rispettata e considerata con attenzione proporzionale alla lunghezza, al peso e alla ricchezza del mio passato. Cioè: molto.
5. Essere libera di intrecciare relazioni con persone più giovani, senza sentirmi come l’imbucata ad una festa.
6. Essere libera di intrecciare relazione con persone più vecchie (quarta età?) senza sentirmi una che si affaccia sull’abisso. O prende le misure della sua bara (prossima, ventura).
7. Essere liberata dall’umiliazione degli stereotipi che svalutano questa parte della vita: non sono avara, né invidiosa, non sono acida, non sono rimbambita, non ho perso curiosità né passioni. So usare computer, Ipad e cellulari, se non passo la vita su Facebook è soltanto perché ho parecchio da fare. Oppure perché ho di meglio da fare.
8. Non essere considerata un’eccezione se non sono avara, invidiosa, acida, rimbambita, inerte, depressa e perdente. Come me ce ne sono milioni.
9. Essere trattata come si tratta chi appartiene ad una schiera molto nutrita. Siamo il 23% della popolazione italiana. Continuiamo a crescere di numero. E non solo di numero. Siamo una forza. E siamo un problema politico.
10. Essere considerata con la preoccupazione politica che merito: l’allungamento dell’aspettativa di vita è un progresso, ma bisogna ridisegnare la società, ridefinire le classi d’età, lavorare per un welfare che tenga conto della dimensione di massa dell’invecchiare, bisogna creare opportunità, di lavoro e di espressione di sé, inventare stili di vita, costruire case comuni da abitare con agio… Non voglio essere minacciosa, ma siamo tante. E la politica deve fare i conti con noi.
Lidia Ravera è nata a Torino. Giornalista, sceneggiatrice e scrittrice, ha pubblicato trenta opere di narrativa tra cui “Porci con le ali” (Bompiani 1976), “Sorelle” (Rizzoli 1994), “L’eterna ragazza” (Rizzoli 2006), “La guerra dei figli” (Garzanti 2009) e “A Stromboli” (Laterza 2010). Gli ultimi romanzi “Piangi pure”, “Gli scaduti”, “Il terzo tempo”, “Avanti, parla” sono nel catalogo Bompiani. Ha lavorato per il cinema, il teatro e la televisione.
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