È incredibile pensare come un lavoro fatto durante l’università possa cambiarti la vita. Assurdo pensare che un progetto studiato per galleggiare quando si è in bolletta, possa proiettarti nell’Olimpo dei maggiori designer al mondo. È quanto è successo a Carolyn Davidson, l’ideatrice del baffo più famoso dello sport mondiale. Quello che milioni di persone portano sulle proprie scarpe da ginnastica.
Nasce l’onda più famosa al mondo
Si chiama Swoosh ed è frutto di quasi 18 ore di disegno che, all’epoca, le vennero pagate appena 35 dollari. Era il 1971 quando Carolyn Davidson mise mano al lavoro che le avrebbe cambiato la vita, ma mai avrebbe immaginato quanto sarebbe successo dopo. Nel 1983, infatti, i titolari dell’ormai nota casa di scarpe per cui aveva prodotto il logo, vollero ringraziarla con un party a sorpresa mentre lei continuava a non sospettare minimamente la fortuna che le si sarebbe parata di fronte.
Oltre all’anello d’oro con il logo aziendale e un piccolo diamante, infatti, le fecero dono di 500 azioni – per un valore totale di circa 150 dollari. Oggi, ognuna di esse vale intorno ai 1286 dollari. Il conto è presto fatto e la notorietà, ad oggi, pure.
Vale la pena raccontare che il termine Swoosh – a indicare quell’ondina o baffo – nasce anche proprio dal suono onomatopeico della parola che simboleggia il frusciare dall’aria o lo sciabordio dell’acqua quando corrono via veloci.
La svolta della vita
Ma l’aspetto più curioso è che l’incredibile opportunità di creare quel logo per Carolyn si sia palesata nel momento in cui tutto sembrava mettersi per il verso sbagliato. Carolyn, infatti, era all’ingresso dell’edificio dell’ateneo di Portland quando – si racconta – prese a lamentarsi del fatto che non avesse neppure i soldi per acquistare i colori a olio. In quel momento, Phil Knight, giovane professore associato di contabilità e co-fondatore di una società di import di scarpe da basket, decise di offrirle un lavoro.
Dodici bozzetti
Furono una dozzina i loghi pensati da Carolyn, ma tutti fecero storcere il naso a Knight. Il giovane docente scelse il baffo sottolineando però che si trattava “del meno peggio”, ma che si sarebbe abituato a vederlo. Il caso volle che tutti i prodotti della casa – col tempo – acquisirono il marchio a ondina e che nel 1980 la stessa azienda avrebbe conquistato il 50% del mercato americano delle scarpe sportive. Una fama tale che, nel 1995, la società avrebbe rimosso del tutto il nome del marchio dal momento che lo Swoosh era già di per sé un marchio divenuto ormai inconfondibile.
Se Swoosh è la cifra dei campioni
Oggi, addirittura, leggiamo che nel tennis – col termine swoosh – si definiscono “i rari colpitori capaci di trasformare innocenti racchette in fionde pericolose che imprimono accelerazioni straordinarie consumate col rumore del vento. Soggetti che hanno il dono di impattare con timing perfetto nel punto più esatto, in modo che la massa muscolare dia il suo contributo in una perfetta reazione a catena. (…) Di qui il fortunato neologismo di ‘stile swoosh’, nell’ambito del quale i fortunati appartenenti fanno cose difficili col minimo sforzo” (tennisitaliano.it).
Piccoli titani capaci di trasformare a loro vantaggio situazioni complesse e talvolta avverse. Un po’ come Carolyn, grazie al suo Swoosh che le è valso anche la definizione di “The Logo Lady”.
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