Uno studio italo-americano ha validato la “formula scientifica” che misura l’efficacia delle cure prestate ai malati oncologici. Dimostrando che il benessere fisico e psicologico del caregiver è un fattore essenziale per il successo della cura del paziente.
Per la cura dell’altro, occorre innanzitutto curare sé stessi. Non si tratta di un luogo comune, ma di un’evidenza scientifica. E non solo: l’efficacia della cura di sé può anche essere misurata con un “termometro”. A dimostrarlo, uno studio condotto dall’Istituto Oncologico Veneto – IRCSS, in collaborazione con la Notre Dame University (Indiana, USA) e l’Università degli Studi di Padova. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista scientifica internazionale BMC Palliative Care.
Caregiving inventory: il termometro per il caregiving
Esiste un termometro che permette di valutare l’efficacia delle cure prestate da un caregiver. Si chiama “Caregiving Inventory” ed è in grado di misurare le capacità di auto-efficacia dei caregiver di malati oncologici. A validare lo strumento in lingua italiana, un pool di scienziati guidati dalla dottoressa Samantha Serpentini, psicologa clinica dell’unità di Psicologia ospedaliera dell’Istituto Oncologico Veneto – IRCSS insieme con il professore Thomas Merluzzi della Notre Dame University (IN, USA) e il professor Vincenzo Calvo dell’Università degli Studi di Padova. L’indagine ha coinvolto 91 caregiver provenienti da diverse località italiane.
L’efficacia delle cure: una questione di emozioni e… numeri
Innanzitutto, lo studio ha dimostrato la validità del “caregiving inventory” che misura l’assistenza dei malati. Si tratta di una vera e propria formula scientifica, che assegna dei valori numerici alla capacità di gestire le informazioni mediche; all’attenzione per il malato e per sé stessi, alla capacità di gestire difficoltà ed emozioni. Il punteggio così ottenuto è correlato in senso opposto all’ansia e alla depressione del caregiver. Dimostrando dunque che la cura di sé ridurrebbe non solo la depressione, l’ansia e lo stress del caregiver, ma favorirebbe anche il sostegno al familiare malato.
“I risultati dello studio – ha evidenziato il Prof. Vincenzo Calvi, fra i curatori dell’indagine – possono avere importanti ricadute applicative in quanto forniscono agli operatori del settore un utile strumento per valutare rapidamente e in modo affidabile il senso di autoefficacia dei caregiver di pazienti con malattia oncologica, consentendo di mettere in atto interventi mirati di sostegno psicologico nelle situazioni di maggiore rischio e vulnerabilità”.
Il caregiver è il punto di riferimento del malato e dell’equipe medica
“Il supporto dei caregiver – spiega ancora la Dott.ssa Serpentini, alla guida del team di ricerca – svolge un ruolo sempre più importante nella vita di coloro a cui è stato diagnosticato un cancro, in particolare a causa della crescente incidenza del tumore in tutto il mondo e dei tempi di sopravvivenza più lunghi per i pazienti con malattie avanzate e terminali”. Questo in particolare nel nostro Paese dove sui caregiver pesa non solo l’assistenza a 360 gradi del malato – per dare risposta ai suoi bisogni di salute, fisici, emotivi, assistenziali e spirituali, in tutte le fasi della malattia-, ma anche la responsabilità della relazione terapeutica con medici e operatori sanitari. Rispetto a quanto succede in altre culture, infatti, nella nostra il malato è generalmente meno coinvolto dall’équipe medica; che ha invece come interlocutore principale il suo “portatore di cure”.
Il supporto psicologico è essenziale
“L’onere di prendersi cura di una persona malata di cancro – spiega ancora la psicologa clinica – è in qualche modo diverso rispetto ad altre malattie, in quanto i sintomi oncologici variano da persona a persona e possono comportare una maggiore complessità assistenziale, specialmente in fase avanzata o terminale. Pertanto i caregiver devono monitorare con frequenza e costanza la salute del paziente e devono impegnarsi in una varietà di abilità di coping (capacità di fronteggiare le situazioni) per affrontare gli aspetti emotivi della propria vita e di coloro a cui stanno fornendo assistenza. Per questo motivo, la cura del cancro può avere un impatto significativo sulla salute psicologica e fisica dei membri della famiglia”.
Dunque, lo studio dimostra anche che sarebbe molto utile fornire servizi di gruppo di supporto ai caregiver. Questo per promuovere una maggiore attenzione verso sé stessi e dunque favorire la comunicazione con gli operatori sanitari, che includa anche un coinvolgimento diretto e più consapevole del paziente al fine di ridurre il peso che grava su chi lo assiste.
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