Le principali associazioni sono state ascoltate in Commissione Affari Sociali. Tanti i nodi da sciogliere, primo fra tutti il vincolo della convivenza. La ministra Locatelli: «L’obiettivo è riconoscere questo ruolo in maniera adeguata»
Chi sono i caregiver familiari, quali sono i loro bisogni e quali tutele devono essere garantite loro da una legge ancora tutta da fare? Si riaprono gli interrogativi e si riaccende il dibattito alla Camera, dove da ormai otto anni giacciono diverse proposte di legge. Proposte riprese in mano nelle calde giornate estive, in Commissione Affari Sociali: qui anche le associazioni dei caregiver sono state chiamate a esprimere il proprio parere e a condividere le proprie riflessioni e i nodi più complessi. Primo fra tutti, quello della definizione stessa dei caregiver familiari: perché è soprattutto su questa che le associazioni si dividono. Da una parte c’è chi, come l’associazione Carer e CittadinanzAttiva, chiede una definizione ampia e inclusiva, senza il vincolo della convivenza e dell’affinità parentale. In altre parole, caregiver familiare deve essere considerato (e in quanto tale tutelato) chiunque si prenda cura in modo costante di una persona non autosufficiente, a prescindere da residenza e parentela. «Il vincolo della convivenza escluderebbe una realtà molto ampia di caregiver, come i figli delle persone anziane con disabilità, o i fratelli, o altre figure che prestano assistenza a persone disabili e anziane», ha spiegato in Commissione Loredana Ligabue, presidente di Carer. Una posizione, questa, condivisa da CittadinanzAttiva: «La legge deve essere estensiva – ha detto Isabella Mori, intervenendo in Commissione -. Secondo l’Istat, oltre il 38% delle famiglie italiane sono oggi unipersonali. Cosa ne sarebbe delle tante persone con disabilità che vivono da sole? Non esisterebbe per loro altra soluzione che l’istituzionalizzazione? Il requisito della convivenza e il vincolo di parentela non devono essere preclusivi per il riconoscimento del ruolo e delle relative tutele».
La pensa diversamente Alessandro Chiarini, presidente di Confad, convinto che la legge debba invece occuparsi innanzitutto di chi convive con la persona non autosufficiente. Ma perché questo requisito è così importante? «Perché questi caregiver familiari, impegnati nell’assistenza 7 giorni su 7 e 24 ore su 24, sono a rischio di esclusione sociale – ci spiega -. Sono coloro che, nella maggior parte dei casi, devono rinunciare a un lavoro, a una vita sociale, perfino a prendersi cura di sé stessi». Per questo, Chiarini ritiene assolutamente prioritario «il riconoscimento di un’ indennità economica e di una copertura previdenziale per i caregiver familiari conviventi».
C’è poi un altro diritto che i caregiver familiari devono vedersi riconosciuto: il diritto al riposo. «È fondamentale che gli enti territoriali assicurino questa possibilità a chi si occupa giorno e notte di un familiare non autosufficiente. Talmente è palese la gravità della loro situazione, che non possiamo che occuparci prioritariamente di loro». Ma questo non significa escludere un’ampia platea di persone, che pure giocano un ruolo fondamentale nell’assistenza delle persone con grave disabilità, seppur in assenza di un legame di parentela, o di una coabitazione? «Non pensiamo che i caregiver familiari non conviventi non debbano essere riconosciuti e tutelati, ma sosteniamo che debba essere previsto per loro un livello d’intervento diverso: le misure devono essere differenziate».
A prescindere dalle diverse posizione e dai nodi che restano da sciogliere, ciò che conta per tutti è che si arrivi in tempi rapidi a un testo unificato. «Nessuna delle tante, troppe proposte depositate coglie nel complesso la dimensione della questione – conclude Chiarini -. Siamo ai nastri di partenza. Auspichiamo tutti che ci sia la volontà politica per accelerare il passo, il quale per ora ha una cadenza non particolarmente veloce. Il percorso è ancora lungo, bisogna procedere con decisione verso il traguardo che da troppo tempo attendiamo di raggiungere».
Sulla “volontà politica” di procedere spediti verso il traguardo, abbiamo interpellato la ministra per le disabilità Alessandra Locatelli: «Il riconoscimento del caregiver familiare, in particolare convivente, è un aspetto fondamentale delle politiche che stiamo perseguendo. È stato istituito nei mesi scorsi un tavolo di lavoro interministeriale, per scrivere una proposta normativa in grado di trovare un punto di incontro tra le diverse esigenze e le diverse situazioni. L’obiettivo è quello di dare una cornice normativa al ruolo del caregiver e un adeguato riconoscimento al caregiver familiare convivente, tenendo in considerazione tutte le figure che ruotano attorno alla persona con disabilità. Le persone che amano e che curano i propri cari non vogliono essere sostituite, ma sostenute in questo percorso. Sono fiduciosa che si possa arrivare presto a dare alle famiglie una risposta concreta, attesa da anni».
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