Previste dall’articolo 30 del decreto sui Lea del 2017 sono un “bel diritto” ma solo sulla carta Virginio Marchesi, presidente Uneba Milano spiega come dovrebbero funzionare
«Viviamo in un sistema in cui si declinano i diritti, ma si praticano poco le tutele. Dobbiamo costruire un sistema di tutele, che sia capace di rispondere a bisogni complessi e diversificati. Di questo sistema, devono far parte anche i ricoveri di sollievo». Virginio Marchesi, già docente all’Università Cattolica e presidente della sezione di Milano dell’Unione nazionale istituzioni e iniziative di assistenza sociale (Uneba), ritiene che questi ricoveri debbano essere un tassello importante nel supporto che lo stato deve offrire alle persone anziane non autosufficienti e ai caregiver familiari, che si prendono cura di loro.
«Accudire una persona con complessità di natura sociosanitaria elevate è un impegno che coinvolge i familiari in modo determinante e pesante – spiega Marchesi -. L’assistenza domiciliare, infatti, solo raramente riesce a soddisfare il bisogno: nella migliore delle ipotesi, le prestazioni riguardano una parte limitata del tempo, mentre il resto è a carico del familiare accudente. Questo spiega il frequente ricorso ad assistenti familiari o badanti, a sostegno della persona e della famiglia».
L’assistenza familiare
L’assistenza di un familiare, peraltro, non concede pause né riposi: d’altra parte, però, esistono delle esigenze dei caregiver familiari, più o meno prevedibili e programmabili, di cui bisogna tener conto. Di qui l’idea dei ricoveri di sollievo, o temporanei, per far fronte a “eventi che riguardano la vita del caregiver: può essere il bisogno di una vacanza, ma anche il bisogno di cure, specialmente quando anche il caregiver è anziano. Di qui, l’esigenza di un sistema residenziale che possa farsi carico in modo temporaneo della persona non autosufficiente”.
Un’opportunità prevista dall’articolo 30 del decreto sui Lea (Livelli essenziali di assistenza) del 2017, sia nel caso delle dimissioni protette dopo una degenza ospedaliera, sia nel caso, appunto, di un’esigenza del caregiver familiare. Il costo di questa risposta sociosanitaria è, quasi sempre, in parte a carico del Ssn, in parte a carico della famiglia o del comune. La forma della compartecipazione è infatti quella prevista per questo servizio, tranne in alcune rarissime eccezioni per le quali la spesa è totalmente a carico del Ssn. Per quanto riguarda la procedura, in alcune regioni la richiesta viene ‘filtrata’ dai servizi, in altre viene presentata direttamente dalla famiglia.
Il ricovero di sollievo
Fin qui, la teoria e i diritti sulla carta. Poi c’è, di contro, una realtà molto diversa: quella in cui, come diceva inizialmente Marchesi, ai diritti declinati non corrispondono tutele garantite. «Per ricorrere al ricovero di sollievo, serve una rete di strutture residenziali per anziani non autosufficienti. Questa rete, oggi, è tutt’altro che sufficiente e distribuita sul territorio nazionale in modo molto diseguale. Secondo gli ultimi dati del ministero della Salute (Annuario Statistico 2024, su dati 2022), il sistema residenziale sociosanitario conta su un totale di 212.874 posti letto per gli over 65: in media, 152 posti ogni 10.000 residenti. Si passa però dai 360-400 posti di alcune regioni e province autonome ai 250 di altre, fino ai 12 della Sicilia. Siamo di fronte a differenze abissali. Aggiungiamo che in poche regioni ci sono posti dedicati a ricoveri temporanei: con questi numeri, è facile immaginare come il ricovero di sollievo sia più un’ipotesi che una realtà».
Il caregiver familiare ha bisogno di una pausa
In altre parole, un caregiver familiare che abbia bisogno di “una pausa” e chieda un ricovero temporaneo per la persona di cui si prende cura, ha un’altissima possibilità di non trovare posto. «E se consideriamo che il caregiver spesso prova un senso di colpa nel presentare una richiesta del genere, capiremo come sia facile che questi rinunci a quello che, invece, è un suo diritto. L’ideale sarebbe pianificare e programmare per tempo il ricovero di sollievo: è tuttavia evidente che se una vacanza è programmabile, una malattia o un problema di salute non lo sono affatto».
La soluzione, per rendere effettivo ed esigibile questo diritto previsto dalla legge, sarebbe quindi dedicare un numero di posti letto alle emergenze. «Ma si tratterebbe, in buona sostanza, di avere dei posti inutilizzati: questo non è economicamente conveniente, però è necessario per garantire quella qualità della vita di cui dovremmo farci carico, al di là dei bisogni assistenziali. La qualità della vita, infatti, è data dalla capacità del sistema di rispondere proprio ai bisogni non primari. È questo il nuovo sistema socioassistenziale che dobbiamo costruire. Serve un cambio di visione e di cultura: solo così riusciremo a tradurre finalmente i diritti in tutele».
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