Il volume è stato appena pubblicato da Rizzoli. “Bisogna rieducare l’uomo non solo nei confronti della violenza manifesta, ma soprattutto nelle mille quasi invisibili e costanti vessazioni attraversano la vita quotidiana di ogni donna”.
C’è tutto il dolore di un padre, la commozione del ricordo, la lacerazione delle domande senza risposta, il rammarico per le parole non dette, per i momenti vissuti distrattamente: c’è tutto questo in Cara Giulia. Quello che ho imparato da mia figlia (Rizzoli, 2024), il libro – scritto con Marco Franzoso – che Gino Cecchettin dedica, come una lunga lettera, a sua figlia Giulia. Ma c’è anche molto di più: c’è una nuova consapevolezza conquistata, una lucidità strappata alla nebbia del lutto e della nostalgia che non passa. È la consapevolezza che tutto questo debba trovare senso e diventare impegno per un mondo migliore. Un mondo in cui non vengano uccise, come accade oggi, 243 donne al giorno (dati Onu 2022): “10 all’ora, quasi una ogni 5 minuti. Fino a questo momento, da quando hai iniziato questo libro, sono state uccise 16 donne – scrive Cecchettin in uno dei primi capitoli -. Ogni pagina pari, una donna. Sarebbe un sogno se bastasse smettere di leggere queste pagine per fermare questa ecatombe, ma non è possibile. La realtà è che questo bollettino aumenterà e continuerà imperterrito e sordo anche quando avrai finito. Sono i dati di una vera e propria guerra, che dobbiamo iniziare seriamente a combattere e che non possiamo permetterci di non vincere. Tra queste donne, nel 2023, ci sei anche tu, Giulia”.
Per questo, di fronte a questa drammatica e brutale realtà, Gino Cecchettin ha sentito forte, “il desiderio che questi fatti non succedano più, e che questo dolore insostenibile non sia più provato da nessuna persona al mondo”. Un desiderio forte, “più forte del male, della rabbia, dei sentimenti distruttivi”.
“Non un mostro, ma il frutto del vostro patriarcato”
Il libro è un diario di quei giorni, una ricostruzione di quella settimana che doveva essere “la più bella”, con i preparativi della laurea di Giulia, ma che è stata e sarà per sempre la più atroce. Ma il libro è soprattutto una lettera, a Giulia e non solo: una lettera a tutti, giovani e adulti, un appello gridato con forza, nel momento in cui l’attenzione è alta e la platea è numerosa e attenta. L’appello a cambiare se stessi, a stanare il male che si annida nelle piccole, quotidiane prevaricazioni. Perché la violenza è solo la punta dell’iceberg: alla base c’è il patriarcato, come ha gridato con coraggio Elena, la sorella di Giulia: “È stato il vostro bravo ragazzo. Non è un mostro, ma il frutto del vostro patriarcato”: una lezione per Gino Cecchettin, che si è voluto sentire chiamato in causa, perfino lui, perché “nessuno di noi è immune, perché l’idea della prevaricazione riguarda tutti indistintamente, riguarda il mondo nel quale viviamo”.
Per questo, il padre di Giulia è stato pesantemente criticato: per aver fatto sue le parole della figlia Elena e aver messo in discussione quel patriarcato che, per lui, è all’origine della violenza. “Sono stato accusato di volermi porre contro gli uomini – scrive -. Eppure la parità non è a scapito di qualcuno, è un fatto di civiltà. La violenza di genere esplode quando certi uomini sentono messa in crisi la loro posizione predominante e minate le loro prerogative: il loro essere uomo, maschio. Se è un problema culturale, si tratta di rieducare l’uomo non solo nei confronti della violenza manifesta, ma soprattutto nelle mille quasi invisibili e costanti vessazioni, soprusi che attraversano la vita quotidiana di ogni donna. Sul lavoro, in società e in famiglia. Solo perché donna”.
“Educhiamo i nostri figli a un amore sano”
Parole che suonano forti e pesanti, soprattutto quando leggiamo gli ultimi dati dell’Osservatorio di Non Una di Meno: dall’inizio del 2024, i femminicidi in Italia sono stati già 25. Dopo la morte di Giulia, dopo la grande manifestazione di novembre. Dietro ognuna di queste morti, non c’è un mostro, ma un uomo violento, “che poi non è altro che un uomo talmente fragile da interpretare un rifiuto o un fallimento come un attacco alla propria individualità più profonda, quella di essere chi decide e comanda – scrive Cecchettin -. Partiamo col trasmettere nuovi modelli in casa, coi figli. Educhiamoli a un amore sano, che significa crescere insieme, ma anche accoglienza, dialogo”.
Per questo, Gino Cecchettin ha deciso di scrivere questo libro e di farlo uscire proprio pochi giorni prima della Giornata Internazionale dei diritti delle donne: “Perché Giulia resti – ha detto agli studenti dell’Università La Sapienza, dove ha presentato il libro proprio alla vigilia dell’8 marzo -. Una giornata ordinaria – ha raccontato, ricordando il sabato in cui Giulia è scomparsa – è diventata l’ultima giornata con mia figlia, vissuta come tutti i giorni: innestiamo il pilota automatico, tutti dobbiamo fare tante cose e non poniamo attenzione ai secondi preziosi che viviamo accanto ai nostri figli. Non ricordo nulla di quel sabato, se non quando ho iniziato a chiedermi: ‘Dov’è mia figlia? Perché non torna?’. La vita va vissuta costantemente ponendo l’attenzione ai minimi dettagli, questo ho imparato. Dovremmo assaporare ogni secondo, ogni giorno, da quando ci alziamo”.
(Foto apertura: DELBO ANDREA/Shutterstock.com)
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