Spesso le canzoni sono inni contro la guerra e contro ogni tipo di conflitto. Da quelli interpersonali a quelli familiari, da quelli civili fino ai più drammatici, quelli che si vogliono risolvere con le armi. Dalla tradizione popolare più remota a Fossati, Baglioni, Pelù, Consoli, la voglia di Pace e di Convivenza degli artisti è espressa con parole e note di speranza.
Sono trascorsi venti anni da quando una coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti invase l’Iraq per deporre il dittatore Saddam Hussein. L’inizio della Seconda Guerra del Golfo è un anniversario giustamente dimenticato. Da allora in quel martoriato territorio è successo di tutto, dai contrasti tra le tre etnie che lo popolano, sciiti, sunniti e curdi, alla creazione dello Stato Islamico da parte dell’ISIS al terrorismo più feroce. Lo stesso clima di incertezza, di crisi permanente, di insicurezza, di inadeguatezza delle soluzioni proposte, è stato vissuto fino a oggi in tutta la zona mediorientale, dal Mar Rosso ai confini con la Turchia. Il che ha portato ai recenti avvenimenti che coinvolgono lo stato di Israele e le zone palestinesi, a cominciare dalla striscia di Gaza.
Per questo sono tuttora attualissime le brevi dichiarazioni che alcuni cantanti scrissero in quel 2003 per il settimanale Musica!. Ivano Fossati, che si ritirerà dalle scene dieci anni dopo: «Sono un pacifista convinto, gandhiano, uno di quelli che oggi vengono sbeffeggiati dal pensiero dominante. Ancora adesso, a cinquant’anni, non riesco a concepire nessuna giustificazione all’idea di guerra. La guerra non è mai, mai giustificabile. No alla guerra e basta.» E le sue canzoni lo dicevano già. Ad esempio, nel 1992 l’album Lindbergh conteneva “Poca voglia di fare il soldato”:
«Che poca voglia di fare il soldato
Io sono nato per stare qui
Se in questa guerra morissi anch’io
Amore mio non ti disperar
Che in ogni posto lontano dal cuore
C’è sempre un fiore che la guardia ci fa».
Lindbergh conteneva anche la sua versione della dura e senza compromessi “Il disertore” di Boris Vian:
«In piena facoltà,
Egregio Presidente,
le scrivo la presente,
che spero leggerà.
La cartolina qui
mi dice terra terra
di andare a far la guerra
quest’altro lunedì.
Ma io non sono qui,
Egregio Presidente,
per ammazzar la gente
più o meno come me.
Io non ce l’ho con Lei,
sia detto per inciso,
ma sento che ho deciso
e che diserterò.»
Claudio Baglioni diceva più o meno le stesse cose. «La guerra è l’unico gioco che non ha vincitori. Siamo tutti vinti. Eppure non ci riesce di smettere di giocare. Forse perché giocare alla pace è più noioso. O, forse, perché non fa gioco a nessuno. E questo è un gioco più grande dei giocatori. È lui che gioca con noi, con la nostra storia, le nostre speranze, i nostri destini. Fino a quando non impareremo – come sosteneva un illuminato americano (lo scienziato e politico Benjamin Franklin, ndr.) – che “non c’è mai stata una buona guerra né una cattiva pace”.» Quello stesso anno, il cantautore romano aveva inciso il suo più forte inno contro la guerra: “Requiem” nell’album Sono io.
«Lassù rullano sorde bombe
come squassi
mentre quaggiù
le mine sono mute tombe
sotto i passi e giù.
E ancora pioggia scura come caffè
che inzuppa di paura e dietro di sé
trascina follia sopra il pavé
di un mondo in agonia
che alza un lamento sulla scia di un lungo requiem.»
Per Piero Pelù «la Pace è un grande mosaico, affascinante ma complesso, costituito da infiniti piccoli tasselli. Ognuno di noi si può impegnare perché questi tasselli si moltiplichino e l’idea e l’importanza della Pace possano essere chiari a tutti». Lui nel 1999 aveva cantato con Jovanotti e Luciano Ligabue “Il mio nome è mai più”, la più “classica” canzone pop pacifista italiana, insieme a “La guerra di Piero” di Fabrizio De André.
«Io dico sì, dico si può
Sapere convivere è dura già, lo so.
Ma per questo il compromesso
è la strada del mio crescere.
E dico sì al dialogo
Perché la pace è l’unica vittoria
L’unico gesto in ogni senso
Che dà un peso al nostro vivere,
Vivere, vivere.»
Carmen Consoli scriveva per Musica! queste parole dure e vere. «Siamo arrivati a un punto elevatissimo di evoluzione tecnologica e scientifica, ma non siamo stati capaci di curare l’evoluzione dell’uomo. Se nel 2003 si parla ancora di guerra significa che siamo rimasti degli uomini primitivi, che la storia non ci ha insegnato nulla. E allora, poveri noi.» La cantautrice siciliana già con “Eco di sirene” del 1998 (dal cd Mediamente isterica) aveva iniziato a denunciare l’inutile barbarie della guerra.
« Sorde e implacabili sirene
davano il triste annuncio
mentre il tramonto inondava
i viali deserti
di oscuri presagi
Aspettavamo impotenti gli attacchi nemici
forse per l’ultima volta
giochi di potere sulla nostra pelle
sulle infanzie sciupate, violentate irreparabilmente
chi pagherà per questo
chi ne porterà il segno
Saremo pronti a celebrare la vittoria
e brinderemo lietamente sulle nostre rovine.»
E anche se Eddie Vedder, il leader dei Pearl Jam, affermava disincantato che «per quanto sia importante il messaggio contenuto nella musica, per quanto pungente possa essere la condanna implicita nelle tue parole, nessuna canzone fermerà mai una guerra. Il massimo che puoi sperare è di piantare qualche seme che forse germoglierà.» Ascoltiamo e facciamo ascoltare le canzoni contro la guerra, piantiamo molti semi. I musicisti che le hanno scritte, suonate e proposte sono numerosissimi. Dalla tradizione popolare più remota a capolavori come “Imagine” di John Lennon e “Blowin’ In The Wind” di Bob Dylan, il fil rouge della voglia di Pace e di Convivenza degli artisti continua tessere note di speranza.
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