I trattamenti di infusione di plasma giovane e i farmaci “spazzini” che eliminano le cellule dell’organismo ormai vecchie, non bastano più. Saranno i cani ad aiutarci a vivere più a lungo?
Silicon Valley, in California, è il soprannome della zona meridionale della baia di San Francisco, nota in tutto il mondo come centro globale per l’high technology e l’innovazione. Qui negli ultimi anni si sono moltiplicate aziende e start up con investimenti milionari nel settore della longevità. E oggi, per allungare la vita dell’uomo, si ricorre anche ai test sul suo miglior amico. Il cane, infatti, sembra essere il candidato ideale per capire come ridurre gli effetti dell’invecchiamento umano.
Il problema della ricerca sull’uomo
Testare prodotti e terapie su un campione umano in contesti clinici è molto complesso. Forse perché le tecniche appaiono ancora pioneristiche e per questo scarseggiano i volontari. Tuttavia, paradossalmente, il principale ostacolo per la ricerca sul campo di farmaci e terapie anti-età è proprio l’aumentata longevità.
Le compagnie farmaceutiche sono infatti riluttanti ad investire in studi clinici di durata decennale. La stessa Food and Drug Administration (l’ente governativo statunitense per la regolamentazione dei prodotti farmaceutici) è più propensa ad analizzare farmaci destinati ad una malattia o ad un sintomo specifico, piuttosto che centrare gli sforzi su una materia ampia e astratta come l’invecchiamento.
Cellular Longevity: lunga vita ai cani
La ricercatrice 26enne Celine Halioua, laureata in biotecnologie ad Oxford, ha però in mente un approccio differente: coinvolgere nella ricerca i migliori amici dell’uomo. La sua startup – la Cellular Longevity Inc. – sta infatti sviluppando nuovi trattamenti per allungare la durata della vita dei cani e contrastarne l’invecchiamento, rendendoli anche più attivi nei loro ultimi anni. E se questi trattamenti dovessero funzionare – si augura la scienziata -, consumatori e autorità di regolamentazione vedranno con più favore l’impiego di tecniche simili sugli esseri umani.
Una vita troppo breve, il cruccio di ogni proprietario di cane
Negli Stati Uniti i pet sono molto amati. Dai dati di un sondaggio nazionale svolto dall’American Pet Products Association (2019-2020), un proprietario di cani spende in media 638 dollari l’anno dal veterinario, cui si aggiungono 58 dollari in vitamine e 259 per il cibo. E il cruccio maggiore dei proprietari è la consapevolezza della scarsa longevità del proprio compagno a 4 zampe. I prodotti della ricerca di Halioua e colleghi, in vendita col marchio Loyal, saranno a base di due composti per il momento ancora segreti. Ma l’azienda ha già raccolto 11 milioni di dollari e prevede di cominciare i test all’inizio del 2022.
Perché proprio i cani? Lo studio Dog Aging Project
L’approccio delle biotecnologie al capitale canino non è da sottovalutare. I cani, infatti, possono essere considerati senza dubbio il miglior modello di invecchiamento umano. Hanno con noi un processo evolutivo in comune e da decine di migliaia di anni condividono il nostro ambiente di vita. Similmente a noi sviluppano malattie legate al trascorrere dell’età, come i tumori, la cataratta e i dolori osteoarticolari. Ma anche demenze e difficoltà cognitive che inficiano la loro qualità di vita.
L’idea di eseguire i test dei farmaci senolitici sui cani non è del tutto nuova. Negli ultimi anni circa 30.000 proprietari hanno inserito i loro animali domestici nel Dog Aging Project, uno studio da 25 milioni di dollari sostenuto dal National Institutes of Health. Il progetto di sperimentazione esamina come i fattori genetici e ambientali influenzino i processi di invecchiamento nei cani attraverso un’indagine su un campione di circa 200 animali di mezza età reclutati sul territorio statunitense.
La rapamicina, dall’uomo al cane
I “volontari” del Dog Aging Project ricevono una molecola nota come rapamicina, già utilizzata in campo umano per prevenire il rigetto degli organi trapiantati. «La rapamicina sembra ritardare o invertire l’invecchiamento in quasi tutti i tessuti in cui è stata esaminata», afferma Matt Kaeberlein, co-direttore del progetto.
Nonostante il suo potenziale, però, questa molecola gode di scarsa reputazione tra i medici per i pesanti effetti collaterali nei pazienti. Kaeberlein, che è anche consulente di Cellular Longevity, afferma che la causa è nell’alto quantitativo di dosi somministrate nelle terapie anti-rigetto. Sicuramente, afferma, si attendono meno problemi con il basso dosaggio nelle pillole, che ignari cani ingoiano negli snack al burro di arachidi.
L’obiettivo della Cellular Longevity
Dal canto suo, la Cellular Longevity si promette di reclutare centinaia di proprietari di animali domestici, per ottenere entro il 2024 una terapia ufficialmente approvata. Inizierà con una ricerca sulle taglie più grandi, la cui aspettativa di vita è minore, per procedere con un secondo studio che coinvolgerà tutte le razze.
Halioua evita previsioni, ma minimizza ogni aspettativa fantascientifica. «Non avremo cani di 80 anni», spiega. Rimane anche vaga sui prezzi, limitandosi ad affermare che i prodotti Loyal saranno «convenienti ma non economicissimi» e il loro costo nel tempo si abbasserà.
I cani, inconsapevoli cavie della vanità umana
Finora gli esperimenti sulla longevità sono stati eseguiti con successo sui topi in laboratorio. Verificare gli effetti dei trattamenti su animali domestici vicini all’uomo e che conducono una vita fuori dalle gabbie potrebbe segnare un punto di svolta. Se la ricerca avrà successo, gli attesi progressi sull’aumento della durata della vita saranno sotto gli occhi dei padroni (prima) e del resto del mondo (poi), cambiando l’approccio psicologico all’intero comparto dei farmaci anti-età. E ancora una volta il cane si sarà dimostrato il miglior amico dell’uomo (e delle sue vanità).
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