Trovarsi ad affrontare la sfida di un nuovo lavoro a 50 anni può essere una scelta o può accadere per ragioni indipendenti dalla volontà. Studiare, informarsi, imparare cose nuove può dare la spinta a superare difficoltà, timori, ansie e incertezze iniziali, e ad affacciarsi con fiducia al cambiamento.
Sarà perché si viene licenziati in età avanzata, sarà perché dopo parecchi anni a vivere la stessa routine nasce il bisogno di buttarsi in qualcosa di nuovo, di fatto sono molte le persone che si ritrovano a cambiare lavoro dopo i 50 anni.
Fondamentali in questo senso sono l’organizzazione e la voglia di mettersi in gioco. Nel nostro Paese riuscire ad entrare nel mondo del lavoro è difficilissimo; uscirne sembra essere terribilmente facile. Chi ha superato i 50 anni e manda un curriculum, spesso o non riceve risposta oppure si sente dire che è troppo formato o che si ricercano solo posizioni per stage alle quali, di solito, corrispondono retribuzioni minime. Essere assunti a 50 anni è certo più difficile che a 20 o a 30 anni, ma non impossibile.
Nell’ipotesi peggiore di un licenziamento, il doversi rimboccare le maniche e mettersi alla ricerca di una nuova occupazione passa certamente attraverso una fase di sconforto iniziale, durante la quale è di fondamentale importanza il supporto delle persone care. «La perdita del lavoro è un fatto doloroso eguagliabile al dolore provato per la fine di una storia amorosa- sottolinea Elisa Marcheselli, psicologa e psicoterapeuta -. In questa fase la famiglia ha un grande ruolo. Sostenere e accogliere con sospensione di giudizio sono i comportamenti migliori da attuare. È utile evitare di spingere il familiare verso scenari diversi da quelli che propone; si rischia di complicare le cose incidendo nei processi decisionali. Nessuno può sostituirsi all’altro nelle scelte personali. Le probabilità di trovare con successo la propria strada aumentano solo se si viene lasciati liberi di decidere, naturalmente nel rispetto delle responsabilità esistenti».
Ma come affrontare il primo, duro, periodo di cambiamento che il licenziamento impone? «Innanzitutto è importante recuperare l’autostima, cercando di analizzare le motivazioni dell’accaduto, per imparare dagli errori – suggerisce Elisa Marcheselli -, attuando ogni giorno piccole azioni che possano migliorare la percezione di sé, ad esempio non interrompere le pratiche rivolte alla cura della persona. È necessario, poi, agire subito, impostando un buon curriculum e iniziando a diffonderlo nel maggior numero di canali disponibili, avendo chiaro l’obiettivo da raggiungere. Altra cosa fondamentale è essere costanti. Cercare lavoro è un lavoro di per sé; è importantissimo, dunque, dedicare ogni giorno uno spazio a questo, senza demoralizzarsi e credendo in ciò che si fa».
Dopo tanti anni sicuramente sarà stata acquisita un’esperienza professionale invidiabile ma, poiché il mondo del lavoro è in continua evoluzione, molte cose sono mutate. Le competenze conseguite nel tempo, infatti, possono essere non più richieste dal mercato. Occorre quindi aggiornarsi per stare al passo con i tempi.
La capacità di affrontare e risolvere problemi sviluppata durante la fase lavorativa precedente tornerà sicuramente utile. Inoltre, a 50 anni si ha il vantaggio innegabile di conoscere meglio se stessi: difetti e pregi. Dopo un’autoanalisi, messi in risalto i propri punti di forza, individuate le lacune, la strada migliore è quella della formazione mirata, fondamentale per farsi trovare pronti a una chiamata.
È importante, poi, un compromesso tra le capacità personali e le nuove richieste del mondo del lavoro, così come sondare il mercato e capire quali sono le competenze più ricercate e i settori in cui la domanda di figure professionali è maggiore.
Se si intende, invece, cambiare lavoro per dare una svolta potente alla propria vita, per una scelta più redditizia o semplicemente meno frustrante, occorre essere certi che il ricollocarsi sul mercato del lavoro sia economicamente sostenibile.
È necessario poi, oltre che credere fermamente in se stessi ed essere consapevoli delle proprie capacità, riuscire anche a dover abbandonare l’idea di un lavoro da dipendente per uno nel quale si possa essere “padroni di se stessi”. Sono tanti gli over che si sono letteralmente reinventati un nuovo lavoro, dedicandosi a settori totalmente diversi da quelli ai quali erano abituati oppure hanno sfruttato il loro bagaglio di conoscenze trasferendolo in una nuova attività. È possibile? Certo, perché, ad esempio aprire un negozio online nel settore in cui si è lavorato per anni non sarà esattamente come ripartire da zero. Si conosceranno già i migliori fornitori a cui rivolgersi, si sarà già esperti del mercato di riferimento, si saprà già quali sono i prodotti che i clienti preferiscono. Il vantaggio è quello di poter allargare in poco tempo il bacino di utenza, e da nazionale, il negozio online potrebbe avere anche base extra-nazionale. In gergo si parla di career pivot. Nella danza il “pivot” è un movimento di rotazione che, facendo perno sul piede, dà luogo a uno slancio; nel mondo lavorativo ci si riferisce ad una svolta “soft”, che si appoggia sulla maturità professionale messa in campo fino a quel momento, per dare la spinta verso nuove possibilità, senza essere totalmente rivoluzionaria.
Un’altra motivazione che spinge gli ultracinquantenni a cambiare direzione professionale nella seconda parte della carriera è la passione. Dopo anni di routine lavorativa può prevalere e portare in un’altra direzione, verso qualcosa di completamente diverso rispetto a quello che si è fatto fino a quel momento, qualcosa che per tutta la vita è stato un piacevole passatempo, a cui ora si vuole dare più spazio e tempo. Alla base di questa decisione, una trasformazione radicale che, proprio perché sorretta dall’amore, non è escluso conduca a un successo maggiore di quello raggiunto fino a quel momento. Non sono pochi i cosiddetti late bloomers – imprenditori, attori, scrittori, designer – che, non più giovanissimi, coraggiosamente hanno mollato una carriera sicura e poco soddisfacente per inseguire i loro sogni, facendo qualcosa che amano, conseguendo ottimi risultati.
Ma qual è la molla che fa scattare il cambiamento lavorativo? «In psicologia questo stato mentale di insoddisfazione e inadeguatezza è definito come burnout: sindrome di esaurimento emotivo, di disperazione e frustrazione – ci spiega Elisa Marcheselli -. Questi sentimenti possono far sì che la persona attivi risorse adatte a fronteggiare un cambiamento. Per la mia esperienza, i casi in cui in un’età matura si decide di affrontare un passo nell’ignoto, con tutta la fatica mentale connessa a sostenere la competizione professionale, sono spesso correlati a un forte stress lavorativo».
Iniziare un nuovo percorso professionale a 50 anni, qualunque sia la ragione che lo motiva, non è certo un percorso in discesa; la transizione sarà tutt’altro che semplice, trovare un equilibrio nuovo è faticoso e non va improvvisato. Alla realtà dei fatti, la piena maturità e il know-how individuale degli over 50 sono elementi utili sia per l’autoimprenditorialità, sia per inserirsi in qualsiasi azienda. La chiave unica per poter ben affrontare ogni situazione sta nella determinazione, perché il successo è senza età.
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