La popolazione invecchia, la durata della vita si allunga, le nascite diminuiscono e, se la società cambia, le imprese si adeguano all’attuale trasformazione demografica.
Oggi si parla sempre più quindi di Silver Economy, ovvero di tutto quel sistema di produzione, distribuzione e consumo di beni e servizi basato sul potenziale di acquisto dei senior. Il cambiamento demografico infatti sta esercitando un forte impatto sull’economia mondiale e sulle aziende, coinvolgendo sia i sistemi previdenziali e sanitari che la produzione di beni di consumo.
In Giappone, ad esempio, il Paese più longevo al mondo, la produzione di pannolini per bambini sta progressivamente lasciando spazio a quella per adulti. Mentre il primo mercato continua a perdere quote (e fette di mercato), il secondo, al contrario, è più fiorente che mai. Negli ultimi dieci anni, infatti, in Giappone le vendite di questi dispositivi per adulti hanno superato quelle per i neonati.
L’azienda Oji Holdings, ad esempio, in venti anni le ha viste crollare, passando dai circa 700 milioni del 2001 ai 400 milioni di oggi. Questo ha reso necessaria una riconversione: l’azienda continuerà a vendere sul territorio i pannolini fino all’esaurimento delle scorte, poi cambierà orizzonte. Il piano è spostare la produzione in Indonesia e Malesia che, al contrario del Giappone, hanno ancora dei tassi di natalità “generosi” ed una popolazione in continua espansione.
Una transizione demografica
Ma l’addio ai pannolini per far posto a prodotti per l’incontinenza per adulti è un segno dei tempi che travalica il Giappone. Siamo davanti, infatti, ad un restringimento progressivo della popolazione, che porterà a mutare sia le strutture sociali che quelle economiche. I tassi di fertilità bassi sono destinati a farla da padrone, nel futuro, almeno in una buona parte del mondo. È quanto emerge da uno studio realizzato dall’Institute for Health Metrics and Evaluation secondo cui, entro il 2050, “oltre tre quarti dei Paesi non avranno tassi di fertilità abbastanza elevati per sostenere la dimensione della popolazione nel tempo”. Si tratta di una percentuale che, entro il 2100, arriverà a sfiorare il 97%.
In tutto questo scenario il Giappone è uno dei Paesi con la situazione più complessa. Nel 2023 le nascite hanno toccato un minimo storico e, nel 2022, i bambini sotto i 15 anni rappresentavano il 12% della popolazione, gli over 65 invece quasi il 30%. Le stime non sono rassicuranti: si prevede che la popolazione nipponica passerà dagli attuali 125 milioni a circa 88 milioni nel 2065, registrando, in 45 anni, una diminuzione del 30%.
La situazione in Italia
Se in Giappone c’è chi adegua la produzione delle aziende alle esigenze della popolazione, anche la situazione italiana a livello di cambiamento demografico non è proprio rassicurante.
Secondo l’Istat, infatti, anche il 2023 ha registrato un calo delle nascite. Sono stati 379mila i nati residenti in Italia, con un tasso di natalità pari al 6,4 per mille (nel 2022 il tasso toccava quota 6,7). Rispetto all’anno precedente ci sono state 14mila nascite in meno. Se consideriamo il 2008, invece, il divario è ancora più lampante: il calo è di 197mila unità (oltre il 30% in meno). Si abbassa anche il numero medio di figli per donna: passiamo da 1,24 nel 2022 a 1,20 nel 2023. Il record storico? È stato registrato nel 1995, quando la media era di 1,19 figli. Siamo ormai vicini, manca poco per eguagliare e superare quel “traguardo”.
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