Si chiama “gentrificazione climatica” ed è un concetto nato in tempi relativamente recenti: a causa del riscaldamento globale si sta modificando, in peggio, la conformazione di molte città. E a farne le spese spesso sono i ceti meno abbienti.
Gli impatti del cambiamento climatico dimostrano già oggi che saranno sempre di più le fasce sociali più deboli della società a pagare il prezzo più alto del clima impazzito.
A livello globale, si fa riferimento al termine “giustizia climatica” per indicare il fenomeno in base al quale le popolazioni che subiscono maggiormente le conseguenze del riscaldamento globale, sono quelle che meno hanno contribuito a creare il fenomeno. Non parliamo quindi solamente di cambiamento climatico, ma di cambiamento climatico in un mondo ingiusto e disuguale. E questo è particolarmente vero se si guarda agli effetti su scala locale, e all’intersezione tra le dinamiche climatiche e il mercato immobiliare. Viene chiamata “gentrificazione climatica” ed è un concetto che è stato elaborato all’esito di una ricerca condotta da Jesse Keenan professore dell’Università di Harvard. Secondo il professor Keenan e il suo team di ricercatori, il riscaldamento globale sta modificando, spesso con ritmi drammatici, la topografia delle città. Partendo dal caso di Miami, in Florida, lo studio dimostra come l’aumento del livello del mare stia causando ondate migratorie nelle città più vulnerabili al clima, con spostamento della popolazione più benestante verso quartieri un tempo popolari, situati in aree delle città meno esposte al rischio di inondazioni, siccità, uragani e incendi. A Miami l’aumento del livello del mare fa già parte della vita quotidiana, ma non colpisce tutti nello stesso modo. A partire dagli inizi degli Anni 2000, la tendenza delle famiglie ad alto reddito è stata quella di lasciare gradualmente la ricca Miami Beach ed investire in quartieri popolari come il ghetto nero di Liberty City, oppure Little Haiti, cioè in quartieri popolari dove vivono tradizionalmente afroamericani, cubani e in generale i ceti sociali più bassi. Questi quartieri, trovandosi nell’area interna della città, sono più protetti e meno esposti al rischio di inondazioni, e quindi in prospettiva rappresentano un investimento più vantaggioso di una bella casa sulla costa, che potrebbe finire sott’acqua in un futuro non troppo remoto. Così facendo, però, si sta creando una vera e propria bolla immobiliare, con un innalzamento dei prezzi delle case e dei servizi che va a svantaggio dei tradizionali abitanti. Ma non c’è solo Miami. A Los Angeles, a causa degli incendi, chi abita sulle prestigiose colline cittadine sta lentamente decidendo di andare a vivere in luoghi meno soggetti al rischio climatico, spostandosi in quartieri che sono prevalentemente abitati dai ceti più bassi. Un simile fenomeno sta accadendo anche a Phoenix, in Arizona, dove le ondate di calore hanno portato le temperature massime a un soffio dal record di 122 gradi Fahrenheit (50 gradi Celsius) e il problema è sempre lo stesso: i più ricchi possono affrontare un ricollocamento abitativo, i meno abbienti invece ne pagano le conseguenze.
La previsione è che in molte aree urbane degli Stati Uniti si verificheranno ripetute ondate migratorie che cambieranno radicalmente la distribuzione territoriale della popolazione da qui al 2070.
Lo studio cita come esempio di gentrificazione climatica anche la città di Venezia. In questo caso essa viene definita cost-burden pathway cioè una sorta di gentrificazione al contrario, dove solo le fasce sociali più alte possono permettersi di vivere nelle zone più a rischio, a causa dell’aumento del costo della vita associato alle spese di mitigazione del cambiamento climatico (costi di assicurazione, tasse sulla proprietà, manutenzione). Qui la tendenza delle fasce sociali medio-basse, è quella di spostarsi verso Mestre, sulla terraferma, per evitare i costi legati alle inondazioni e all’acqua alta. A preoccupare gli esperti è anche l’evoluzione del fenomeno. Tra non molto, in uno scenario business as usual, e cioè dando per scontato che la politica non affronterà l’emergenza climatica come dovrebbe, chi potrà permetterselo inizierà a trasferirsi in aree dove troverà condizioni meteo climatiche meno critiche, mentre il resto della popolazione si troverà senza difese.
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