Il 6 ottobre 1924 andava in onda la prima trasmissione radiofonica italiana. Ancora oggi un mezzo molto gradito ai senior.
Compie 97 anni, mantenendo ancora la sua voce forte e chiara, la radio. Lunga è la storia del mezzo di comunicazione di massa che entrò nelle case di tutti gli italiani nel ventennio fascista e, attraversata la seconda guerra mondiale e il dopoguerra, negli anni raccontò di un’Italia che si votava all’intrattenimento radiofonico per divertirsi e non più solo ai radiogiornali per informarsi. Data per oltrepassata e defunta da tanti detrattori, che le preferivano la più giovane televisione, ha scansato con allegria ogni necrologio e gode a tutt’oggi di ottima salute.
Nascita della radio
È la voce di Maria Luisa Boncompagni a tenerla a battesimo, il 6 ottobre 1924. La mamma di quel Gianni Boncompagni, che tutti poi conosceranno nel 1970 come ideatore e paroliere di un programma radiofonico di culto come “Alto Gradimento”, pietra miliare nel suo sviluppo. In quel primo anno invece, le trasmissioni radiofoniche erano ancora in embrione: musica operistica, bollettini meteorologici, notizie di borsa.
Sono gli anni dell’Unione Radiofonica Italiana URI, prima concessionaria della radiodiffusione in Italia, fondata nell’agosto 1924, e dell’Agenzia giornalistica Stefani, prima agenzia di stampa italiana nata a Torino nel 1853 e designata dal governo di Benito Mussolini come unica fonte di notizie. È così che la radio inizia i suoi primi passi come potente strumento di regime e di propaganda del fascismo.
Nel 1924 si trasmette solamente da Roma. Nel 1925, si aggiunge Milano; l’anno seguente Napoli e nel 1929 anche Torino. Nel frattempo, nel 1928, l’URI diventa EIAR, Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche. Un nuovo battesimo per la radio italiana che inizia a imporsi come mezzo di comunicazione di massa, conquistando un pubblico sempre maggiore.
Soprattutto alla luce delle recenti innovazioni anche tecnologiche, che hanno ad esempio introdotto il DAB Digital Audio Broadcasting con l’audio digitale a metà degli anni Novanta, per chi vuole ripercorrerne la storia della radio – l’apparecchio inventato nel 1897 dall’italiano Guglielmo Marconi – e della radiofonia, è possibile visitare il Museo della Radio e della Televisione al Centro di Produzione Rai di Via Verdi a Torino in un percorso immersivo e ricco di documenti d’epoca.
Vicini e lontani
Nel corso degli anni, ovviamente la radio crebbe e crebbe il suo ruolo nella vita della popolazione. Ancor prima dell’avvento della televisione con le sue immagini, la sua voce consentì di insegnare la lingua agli italiani. Con lei, musica e teatro entrarono nelle case di tutti, favorendo un accesso diffuso a cultura e spettacoli. Diffuse un nuovo modo di fare informazione, diede voce alle proteste di piazza, diventò salotto di esperti e intellettuali, luogo di sperimentazione di nuovi linguaggi. Nacquero i varietà e i programmi di intrattenimento.
Ebbero notorietà professionisti come Nicolò Carosio con i Mondiali e “Tutto il calcio minuto per minuto” e Nunzio Filogamo con il Festival di Sanremo e il suo celebre saluto: “Miei cari amici vicini e lontani, buonasera ovunque voi siate!”. E ancora, giornalisti come Enzo Biagi, Sergio Zavoli e Indro Montanelli. Conduttori come Enzo Tortora e “Il signore delle 13” e “Ciak” di Lello Bersani, e ancora Franca Valeri e tanti altri. Nacquero i tre Programmi Nazionali e Radiosera, il primo moderno radiogiornale. Le rubriche di approfondimento e cultura. L’intrattenimento, da “Gran Varietà” a “La Corrida” di Corrado.
Negli anni Settanta, è poi il tempo della concorrenza. Emergono le cosiddette “Radio Libere”, tra cui ad esempio Radio Popolare di Milano. E da quell’esperienza, prende vita quella invece commerciale delle radio private. È il tempo delle pubblicità. Da un lato i jingle e la musica nelle radio dei privati come RDS Radio Dimensione Suono a Roma, dall’altro i microfoni aperti nelle radio di comunità come Radio Alice a Bologna. In quest’onda, anche la Rai apre alle telefonate degli ascoltatori con “Chiamate Roma 3131”. Così non è più solo la radio a entrare nelle case degli italiani. Sono gli italiani con le loro voci a diventare radio.
E così sono oggi proprio i senior a prendere in microfono. Non da casa, ma dagli studi radiofonici. Com’è ad esempio il caso di “Anziani On Air” a Radio Spazio Ivrea oppure dell’iniziativa di “Web Radio Tradate” a Varese.
Un ascolto “giovanile”
Come scriveva il massmediologo canadese Marshall McLuhan, la radio è un medium caldissimo. Con la sua oralità, è un mezzo in grado di creare una relazione molto intima tra chi parla e chi ascolta, avvicinandoli al di là dello spazio e del tempo. In più, la radio si offre per una fruizione che non è totalizzante: è possibile ascoltarla e lavorare, guidare, mangiare… E quindi il suo utilizzo si presta per ogni momento della giornata.
Secondo un’indagine di Radio Ter – Rilevazione e Diffusione dei dati d’ascolto radiofonico in Italia con GFK (Growth from Knowledge), relativa all’ascolto durante i primi tempi di lockdown per il Covid19, l’ascolto della radio è diventato in quel periodo di fermo degli spostamenti soprattutto casalingo. La si ascolta soprattutto cucinando, pulendo e facendo i mestieri in casa; facendo colazione e nei momenti di relax o di svago; trascorrendo tempo con amici o facendo ginnastica; lavorando, durante i pasti oppure studiando. La musica in radio viene colta come un modo per sentirsi uniti, soprattutto tra i giovani di 14/17 anni (53%), ma anche tra coloro di 55/64 anni (38%). Al 37% delle persone di età compresa tra 55/64 anni, la radio rasserena le giornate in quel periodo. Fa sentire meno soli (38%) e aiuta a sentirsi partecipi degli sforzi collettivi (37%).
Nella ricerca pubblicata dal Censis a marzo 2021, si evidenzia inoltre come gli over 65 utilizzino in preferenza un unico mezzo di ascolto (57,9%) e non digitale, come ad esempio le app dei telefonini. Si rileva infatti come “gli anziani esprimono un attaccamento all’apparecchio radio nella sua forma tradizionale, spostando il rapporto con l’oggetto su di una dimensione anche affettiva ed emozionale, e percependo un costo sociale soggettivo nell’eventuale rinuncia all’oggetto stesso. È così che il 55,1% degli over 65enni pensa che l’apparecchio radio abbia un valore in sé a cui non vuole rinunciare, contro il 40,6% del totale della popolazione.” Tanto che l’87,4% dei longevi segue i programmi radiofonici da apparecchi radio e/o da autoradio.
Ma i dati della rilevazione Auditel parlano al contempo anche di “over 65enni meno digitalizzati rispetto al resto della popolazione, ma decisamente in marcia verso l’innovazione”. Ad oggi, il 53,3% delle famiglie composte di soli anziani possiede il collegamento ad internet; l’11,9% ha la possibilità di fruire dei contenuti offerti dal web tramite smart tv o apparecchi collegati e il 27,7% possiede almeno un computer. Così lo studio conclude: “Anche per loro il destino di una fruizione multicanale non è lontano. Si tratta di accompagnarli in un percorso che è prima di tutto di accettazione culturale del cambiamento e dei vantaggi che da questo possono derivare.
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