Il braccialetto elettronico attuale non sembra in grado di prevenire i contatti tra vittima e carnefice. La soluzione è un sistema di geolocalizzazione più avanzato
Celeste Palmieri, 56 anni di Sesto Fiorentino, stava rientrando a casa dalla spesa quando è stata aggredita a morte dall’ex marito, il quale indossava il braccialetto elettronico proprio a seguito delle denunce sporte dalla donna, per maltrattamenti e stalking. Celeste è morta, perché? Le forze di Polizia non sono arrivate in tempo? Il braccialetto aveva un guasto? No, è proprio il sistema di tutela che si avvale di un dispositivo obsoleto e che non tutela davvero le vittime di violenza, che va modificato.
Una protezione inefficace
Quello di Celeste non è l’unico caso, ci sono state anche Camelia Ion e Roua Nabi, e non sono storie isolate. Dopo gli ultimi fatti di cronaca è polemica intorno all’uso del braccialetto elettronico, un dispositivo impiegato nei casi di violenza di genere per garantire la distanza di sicurezza tra la vittima e la persona soggetto della misura cautelare. Massimiliano Molese, presidente di EroiNORMALI, solleva il tema della prevenzione al femminicidio con una critica al sistema attuale, evidenziando le sue lacune e suggerendo una soluzione innovativa basata sulla geolocalizzazione e sull’intelligenza artificiale.
I limiti del dispositivo attuale
Il braccialetto elettronico tutela il soggetto che lo indossa e non la persona da difendere – dichiara Molese – e in pochi ne conoscono realmente il funzionamento. Non geolocalizza chi lo indossa, ma segnala quando la persona si allontana da un punto definito e non quando entra in contatto con la vittima”. Le forze dell’ordine, numericamente inadeguate a controllare questo fenomeno per Molese sono quindi costrette a disperdere energie per cercare di prevenire uno spostamento di cui non conoscono nulla. Diventa così difficile controllare i movimenti, sia per la vittima che per la polizia, che deve procedere per tentativi.
La soluzione è nella geolocalizzazione
Un altro punto importante è che il braccialetto può essere sfilato. “In un momento in cui la tecnologia non rappresenta più alcun limite per la realizzazione di qualsiasi progetto, nessuno si è posto la vera domanda” – ha detto Massimiliano Molese. È possibile superare questi deficit ricorrendo alla tecnologia? La soluzione – questa la sua risposta – potrebbe essere un braccialetto geolocalizzato che permetterebbe alle forze dell’ordine di intervenire puntualmente. Si eviterebbe così anche di disperdere energie e presenza a tutela della comunità.
Serve un cambio di mentalità
Secondo Molese questo è possibile sfruttando “l’intelligenza artificiale e l’utilizzo di meta dati permettono sia di rispettare la necessità di controllo ed intervento che quella di privacy di chi lo indossa. Così il dato tracciato diviene comunicato ed utilizzabile solo nel momento in cui si entra in una zona di contatto tra vittima e carnefice proibita”. Per poter attuare questo cambiamento significativo, epocale nella lotta alla violenza sulle donne, serve un cambiamento di mentalità unita ad un approccio fattivo, “e una piccola modifica normativa per permettere l’utilizzo di questa semplice tecnologia, già in funzione quotidianamente nelle nostre vite, per garantire il rispetto delle parti – ha detto Molese – sul carnefice l’oppressione del controllo, sulla vittima la tranquillità della vigilanza”.
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