Problemi alla vista e difficoltà nel parlare sono alcuni dei sintomi derivanti dall’ingestione di questa tossina. Sorvegliate speciali, le conserve, non sempre preparate correttamente.
Nell’autunno del 2020, gli ospedali di tutta Italia erano impegnati ad affrontare l’emergenza Covid. Ma nella prima settimana di ottobre, in piena pandemia, ai pronto soccorso di Cefalù e di Termini Imerese, in Sicilia, l’urgenza era un’altra: 37 operai che lavoravano sulla linea ferroviaria Palermo-Messina sono stati ricoverati per un’intossicazione da botulino. Avevano tutti gli stessi sintomi: alterazione della vista, difficoltà a parlare, secchezza della bocca, debolezza muscolare e problemi respiratori. Avevano consumato tutti lo stesso pasto nella mensa aziendale. Tra i tanti tipi di intossicazioni alimentari, quella da botulino è una delle più temute. Perché? Come si contrae? Quali sono i cibi a rischio? Quali misure adottare per poter consumare gli alimenti in sicurezza?
Abbiamo rivolto queste domande alla dottoressa Concetta Scalfaro e al dottor Fabrizio Anniballi del Centro Nazionale di Riferimento per il Botulismo dell’Istituto Superiore di Sanità.
Cos’è il botulino e perché fa tanta paura?
Le tossine botuliniche sono considerate il veleno naturale più potente finora conosciuto, letali in dosi minime, inferiore a un nanogrammo per chilo di peso corporeo. Sebbene si tratti di una malattia rara, in Italia si registra costantemente uno dei tassi di prevalenza più alti rispetto agli altri Paesi dell’Unione europea. Il più noto tra i produttori di tossine botuliniche è il Clostridium botulinum, un microrganismo che produce una proteina capace di resistere agli acidi dello stomaco, ma non alle alte temperature e che quindi non è presente negli alimenti trattati in maniera adeguata.
Quanto sono diffuse le intossicazioni nel nostro Paese? Quali sono i cibi a rischio?
L’Italia, come dicevamo, è il Paese europeo con il più alto numero di casi di botulismo. Dal 1986 al 30 giugno 2019 sono stati confermati in laboratorio 342 incidenti di botulismo che hanno coinvolto 501 persone. Il maggior numero dei casi viene segnalato al Sud, dove l’occupazione femminile è minore rispetto al Settentrione e dove la tradizione culinaria della preparazione delle conserve casalinghe è molto consolidata. Tra le conserve maggiormente coinvolte ci sono quelle di funghi sott’olio, le olive e le cime di rapa di produzione domestica. Destano preoccupazione soprattutto le preparazioni fatte in casa; quelle di produzione industriale, infatti, solo occasionalmente sono correlate ad incidenti di botulismo perché per questi prodotti le tecnologie di preparazione, standardizzate ormai da decenni, consentono alti livelli di sicurezza.
Sono solo i cibi “all’antica” a preoccupare?
No, non solo. Una nuova tendenza alimentare, da monitorare, è il consumo dei cosiddetti REPFEDs (refrigerated processed food with extended durability) o alimenti pronti al consumo “ready to eat”: zuppe, vellutate e passate di verdure poste in vendita nei banchi frigo, la cui sicurezza d’uso è strettamente correlata al mantenimento della catena del freddo, ovvero della temperatura di refrigerazione dal confezionamento al consumo, e alla scrupolosa osservazione delle modalità d’uso riportate in etichetta.
Esistono tipologie di persone più a rischio di altre?
Tra i fenomeni da tenere sotto controllo ci sono i casi di botulismo tra gli studenti fuori sede, coloro cioè – soprattutto maschi – portano con sé, o si fanno recapitare, conserve alimentari preparate dalle mamme. Anche gli immigrati sono a rischio, soprattutto nei periodi successivi alle vacanze natalizie e alle ferie estive, quando, di ritorno in Italia, portano con sé i prodotti tipici delle loro terre, relativamente sicuri nei Paesi di produzione, soprattutto se Paesi freddi, ma che possono diventare pericolosi se conservati a temperature inappropriate per lunghi periodi. Bisogna fare attenzione anche al consumo di alimenti multi-ingrediente, ovvero panini farciti in cui sono presenti salse e creme preparate nell’esercizio di somministrazione, e alla preparazione domestica di alimenti etnici: tra questi, quelli che destano maggiore preoccupazione sono quelli fermentati, perché spesso sono conservati a temperatura ambiente per mesi oppure anni. Se la fermentazione viene condotta correttamente, soprattutto nelle fasi iniziali, i prodotti che ne derivano sono sicuri. Se le ricette tradizionali vengono rivisitate diminuendo, per esempio, i quantitativi di sale o di aceto, possono diventare rischiose.
Quali sono i sintomi che devono allarmare?
La tossina botulinica comporta l’impossibilità di contrarre qualunque muscolo e una paralisi flaccida. I sintomi solitamente si manifestano molto rapidamente, da poche ore a pochi giorni dall’ingestione della tossina (6 ore-15 giorni). Tuttavia, mediamente, il periodo di comparsa dei sintomi è compreso tra le 12 e le 36 ore. I sintomi tipici sono: visione doppia e distorta, ptosi (abbassamento della palpebra superiore), progressiva difficoltà nel parlare e secchezza di bocca e faringe – dovute alla paralisi muscolare o ghiandolare -, rallentamento e difficoltà di espressione, fatica nell’ingerire, debolezza muscolare che dalla parte superiore del corpo, spalle e braccia, passa poi agli arti inferiori, con paralisi successiva. Nei casi più severi, la paralisi dei muscoli coinvolti nella respirazione necessita che venga instaurata una respirazione assistita (ventilazione meccanica). In circa un terzo dei pazienti si presentano sintomi tipici dell’avvelenamento, con nausea e vomito.
Quali le terapie necessarie?
Il trattamento della tossina botulinica è possibile solo con la somministrazione di un’antitossina – disponibile presso il Ministero della Salute – nelle prime ore dalla comparsa dei sintomi. È efficace soltanto nei primi giorni dopo l’assunzione dell’alimento contaminato, in quanto agisce sulla tossina che si trova circolante a livello sanguigno e non ha azione su quella che ha già danneggiato le terminazioni nervose. A seconda della dose di tossina ingerita, le manifestazioni cliniche variano da una sintomatologia sfumata a casi molto severi, che possono concludersi anche con un esito fatale (circa il 5%). Il recupero è molto lento, la maggior parte dei pazienti va incontro a guarigione dopo settimane o mesi di terapia di supporto.
Vademecum conserve
Per evitare la contaminazione degli alimenti e per eseguire una corretta preparazione è fondamentale rispettare le seguenti regole:
• scegliere ingredienti di stagione e lavarli bene sotto acqua corrente;
• lavare le mani appena prima di manipolare gli alimenti;
• utilizzare contenitori in vetro e sanificarli insieme ai relativi tappi; le spore sono molto resistenti al calore e alla temperatura di 100°C potrebbero essere necessari anche tempi di trattamento lunghi più di 5-6 ore;
• utilizzare un aceto di vino, meglio se bianco, e olio extra vergine di oliva di prima qualità; in caso di zucchero, preferire quello semolato;
• non riempire i contenitori fino all’orlo; è necessario lasciare uno spazio vuoto utile a contenere l’aumento del volume della conserva durante il trattamento termico;
• pastorizzare le conserve immergendo completamente i contenitori in una pentola colma d’acqua, chiudere con un coperchio e portare ad ebollizione;
• ispezionare i contenitori per valutarne l’ermeticità e il raggiungimento del vuoto: premendo con un dito al centro della capsula o del tappo non si deve udire un “click clack”, che farebbe presupporre l’ingresso di aria nel contenitore.
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