In tempi di incertezza per il futuro, l’unica via di fuga è il passato. Così si spiega l’incredibile successo della moda vintage in piena pandemia. Una borsa di 20 anni fa ci aiuta a ricordare come eravamo e ci porta indietro ad un mondo che non c’è più. Se poi è firmata Gucci o Prada tanto meglio. Perché si può essere malinconici con stile
Strano periodo, questo. Paradossale, a volte.
Per colpa della pandemia abbiamo perso il lavoro, i soldi, siamo depressi, stanchi e spesso disperati. Abbiamo rinunciato alla vita sociale, siamo estremamente stressati e preoccupati per il futuro. Siamo, insomma, dei poveri diavoli. Dei poveri diavoli che però vestono Prada. Sì, perché sullo sfondo dell’emergenza sanitaria, dei lockdown e dei semi-lockdown, dei Dpcm e delle regioni multicolor, gli italiani sembrano essere stati colpiti da un’altra epidemia estremamente contagiosa, fortunatamente innocua, anzi persino glamour: quella della moda di lusso vintage. Grazie a una rete fittissima e organizzatissima di compravendita dell’usato (sia online che nei negozi), l’haute couture ha raggiunto prezzi accessibili e per chi ha un debole per accessori e abiti firmati di altri tempi è impossibile resistere alla tentazione: sui siti specializzati (come Vestiaire Collective, Depop, Vinted e Lampoo) o nei negozietti di tante città si trovano borse di Gucci anni Sessanta in ottime condizioni, a poco più di un centinaio di euro. Alcune sembrano dotate dell’uso della parola, con un vocabolario limitato ma perfettamente comprensibile: “prendimi”, “sarò tua”, “non puoi lasciarmi qui”. Ma non è detto che si debba solo comprare. I siti e i negozi vintage sono anche un’ottima soluzione per liberare finalmente dai guardaroba tutte quelle giacche condannate all’ergastolo con sentenza definitiva per una colpa tutto sommato perdonabile, quasi sempre la stessa: la taglia è diventata troppo piccola (che è il modo politicamente corretto per dire che si è ingrassati).
Il 2020 è stato l’anno record degli acquisti second-hand online e non. Il settore fashion dell’usato di lusso è cresciuto nel mondo del 174%. Secondo l’ultima ricerca BVA Doxa, ai tempi del Covid-19 ben 7 italiani su 10 nel 2020 hanno acquistato oggetti di seconda mano, dall’automobile all’arredamento, fino ai vestiti per l’appunto (come era prevedibile in questo settore il 70% degli acquirenti è donna). Lo hanno fatto per risparmiare, in primis, ma anche per rispettare l’ambiente e, nel caso dell’abbigliamento, forse per avere qualcosa di bello da indossare in previsione di un ritorno in società in grande stile.
«Le persone sono attratte dall’usato per molti motivi diversi – ha dichiarato al Guardian Fanny Moizant, co-fondatrice del sito di rivendita Vestiaire Collective -. Costruire un guardaroba unico è uno di questi. È emozionante cercare pezzi eccezionali che non troverai da nessun’altra parte. Un altro motivo è il desiderio di essere più eco-compatibili. Dato che stiamo assistendo a una maggiore attenzione al consumo consapevole, penso che il concetto di investire in capi di qualità che dureranno per anni e costruire un guardaroba con capi di seconda mano stia diventando sempre più allettante». Le uniche cose che Moizant non comprerebbe mai usate sono le magliette bianche e (comprensibilmente) la biancheria intima.
Ma alla base del successo del vintage nella moda c’è forse qualcosa di più profondo. C’è una grande nostalgia per il passato. Che oggi si fa sentire più che mai. Perché in tempi di incertezza per il futuro, il passato diventa l’unica via di fuga percorribile. Così viene una gran voglia di pensare a come eravamo e cercare in qualche modo di riassaporare le emozioni di un mondo che non esiste più. Per questo cerchiamo conforto nei film in bianco e nero, nel modernariato o nei vestiti vintage, che ci ricordano un periodo in cui eravamo giovani, forse felici, sicuramente più spensierati. E a guardarla bene da vicino quella borsa di Gucci anni Sessanta a cui non abbiamo resistito è qualcosa di più di un fortunato “acchiappo” di cui vantarsi con gli amici. È il simbolo di qualcosa che c’è stato e che non sappiamo se tornerà. È una struggente malinconia tenuta sotto braccio.
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