Vi è mai capitato di cercare su internet un nuovo paio di scarpe e trovarvi, pochi giorni dopo, annunci di calzature in ogni dove? Non si tratta di magia. È tutto legato ai cosiddetti big data.
Il grande mondo dei big data
Immaginiamo, ad esempio, una donna di 67 anni, sportiva, alla ricerca di ricette dal basso indice glicemico (a causa del diabete) e amante degli animali. È probabile che in base alle ricerche fatte su internet negli ultimi mesi, ai siti visitati, ai prodotti acquistati in passato e agli articoli letti, il grande mondo digitale sia stato in grado di produrre un identikit dettagliato sulle sue “tendenze digitali” e le proponga maggiormente creme antirughe, scarpe per la corsa, torte senza zucchero e crocchette per cani. Un po’ come quando la mattina si va dal barista di fiducia e gli si chiede “il solito”: internet conosce e intuisce i nostri gusti.
È tutto merito dei big data, la parola inglese con cui si indica la grande quantità di dati immagazzinati dal web sulla nostra persona. Un processo che inizia, ad esempio, quando accettiamo i cosiddetti “cookies” sui siti internet. In questo caso, infatti, stiamo dicendo ad un sito che può diffondere le informazioni che ha immagazzinato su di noi per aumentare l’attendibilità del nostro profilo.
L’impatto sull’economia
Questa gargantuesca mole di dati ha un valore inestimabile. È probabile, infatti, che dall’analisi di questi dati possano innescarsi soluzioni a problemi che ancora non si sono manifestati. È il caso della telemedicina che, con l’aiuto di questi “magazzini”, può giocare un ruolo predittivo e preventivo sull’insorgenza di nuove patologie. Inoltre, avere la possibilità di analizzare le attività della popolazione su internet può avere forti impatti sull’economia, evidenziando nuove tendenze e nuovi bisogni da soddisfare. Un aspetto emerso anche durante il lockdown e valutato dal #RADARCovidisruption di SWG.
La settimana scorsa, infatti, gli intervistati si sono trovati a rispondere ad alcuni quesiti sulle aziende che si occupano di big data. Il 46% ha affermato che il ruolo svolto dalle grandi compagnie tecnologiche nell’economia può aiutare le imprese a uscire più in fretta dalla crisi. Il 24%, invece, si trova sull’altro piatto della bilancia e pensa che le compagnie tecnologiche giocheranno un ruolo negativo nella ripresa economica, mettendo in difficoltà i Paesi e le altre imprese.
Gli effetti positivi
Secondo gli intervistati, gli ambiti in cui i big della tecnologia potrebbero svolgere un ruolo determinante sono lo smartworking e la didattica a distanza, la ricerca di un vaccino contro il Covid, le comunicazioni in situazioni di emergenza e la sicurezza. Più sottovalutati il campo della telemedicina, le app di tracciamento sanitario e i sistemi di consegne a domicilio.
Il 74% degli intervistati, comunque, ritiene importante che l’Europa faccia investimenti mirati alla creazione di un polo tecnologico che possa competere con i colossi americani e cinesi. Le motivazioni che portano a questa conclusione sono molteplici. Ad esempio, il campione si è mostrato fortemente d’accordo sul fatto che le grandi società tecnologiche rappresentino una fonte di progresso e consentano alle imprese di essere più efficienti. Non meno importanti anche gli aspetti legati al benessere dei cittadini che usufruiscono di internet e la tutela della libertà di espressione. Una controparte più esigua, però, ha sostenuto che le macroimprese tecnologiche abbiano troppo potere e presentino un potenziale ostacolo allo sviluppo della democrazia.
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